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 2008: festa di sajopp: il Dolce cavale'

I dolci cavalè presentati durante la festa con il loro involucro

I dolci cavalè presentati durante la festa con il loro involucro

 

DOLCE CAVALE'

 

La leggenda dei dolci di San Giobbe

 

C'era una volta a Cassago Brianza, tanto tempo fa (ma forse neanche così tanto…) una giovane e bravissima cuoca che faceva dei buonissimi dolci nella sua piccola pasticceria frequentata da grandi e piccini, ma soprattutto da piccini ai quali lei non mancava mai di regalare qualche dolcetto prelibato e loro…si leccavano i baffi e ringraziavano felici. Come è noto, facendo doni a chi non può pagare si conquista un posto in paradiso, ma ricchi non si diventa, cosicché la nostra giovane cuoca, che sognava di aprire una scuola per pasticceri, era sempre povera in canna.

Finché un giorno, finalmente, la fortuna sembra girarsi e guardare verso la sua bottega: vi entra infatti il famoso duca Visconti, il ricco e potente signore di Cassago che le propone una lauta ricompensa se fosse riuscita in un'impresa ardita e alquanto impegnativa: creare un dolce in onore di San Giobbe, il protettore dei bachi da seta.

Attenzione però, non un dolce qualunque e banale, ma uno buonissimo che rendesse onore e fama ai Visconti. Guai a lei però se avesse fallito, terribile sarebbe stata la punizione! Ma perché proprio un dolce per San Giobbe, vi chiederete voi. Beh, dovete sapere che da molti anni era tradizione che a Cassago nel mese di maggio si tenesse una fiera dove tutti gli allevatori di bachi da seta portavano i loro animaletti per farli benedire e avere così una seta copiosa e preziosa, esponendoli sotto un quadro di San Giobbe che raffigura il santo cosparso di tanti vermetti sgambettanti. In realtà l'immagine raffigura una delle piaghe che Giobbe sopporta stoicamente, da qui il famoso detto “la pazienza di Giobbe”, ma la devozione popolare nei secoli ha immaginato che il santo amasse e proteggesse i bachi e i loro coltivatori! Durante la fiera si teneva anche un'esposizione di bestiame: arrivavano persone da tutta la Brianza, si concludevano affari, si celebravano matrimoni, ci si trovava a pregare a Tremoncino, al San Salvatore che, fin dai tempi della peste del 1600 era una cappella votiva meta di pellegrinaggi.

Ma in tutta questa festa non c'era mai stato un dolce che allietasse i palati, una specialità che soddisfacesse i buongustai, un incentivo in più insomma ad andare alla fiera e sedersi ad un tavolo per scambiare quattro chiacchiere con gli amici e magari bersi un goccetto di quello buono. Torniamo alla nostra giovane cuoca che aveva molto talento, ma non aveva mai inventato di sana pianta un dolce, tanto meno uno ispirato ai bachi da seta! Passa il tempo e si avvicina il periodo della festa di San Giobbe e la nostra amica prova e riprova, mescola e impasta, ma non è soddisfatta dei suoi dolci: non sono veramente speciali! Le rimane ormai solo una notte per creare il famoso dolce; così decide di recarsi davanti al quadro di San Giobbe per chiedergli la grazia di ispirarla. Il quadro è bellissimo, ma guarda che ti guarda, pensa che ti pensa, l'ispirazione non viene, anzi per dirla tutta, vinta dalla stanchezza, la ragazza cade in un sonno profondo. Si addormenta e sogna che improvvisamente i bachi del quadro si animano: come per incanto si mettono a ballare e le cantano una divertente filastrocca:

 

"Se il ramo di gelso vuoi ricordare

Un tenero grissino tu puoi sempre usare

E se noi bachi da seta vuoi imitare

Un bel po' di cocco dovrai grattugiare;

Con zucchero a velo dovrai allora spolverare

Cacao e latte non farti mancare

Se poi ti manca il tocco finale

Con gocce di vaniglia il tutto dovrai bagnare."

 

La ragazza si sveglia di soprassalto, si appunta subito tutti gli ingredienti suggeriti dai magici bachi e va nella sua bottega a lavorare. Il mattino dopo tutto è pronto: il dolce è buonissimo e va a ruba, tutti i suoi compaesani lo vogliono assaggiare! Anche il duca Visconti, il giudice più severo, è contentissimo e dà la ricompensa pattuita alla giovane cuoca che può così realizzare il suo sogno e aprire una scuola per aspiranti cuochi.

E da qual giorno si tramanda che sia nato il famoso detto:

 

"A San Jopp se te manget no i bigatt

Te podet anca andà ... a ciapà i ratt!"

 

Gianluca Alzati