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S. Giobbe a Tremoncino

San Giobbe in una tela seicentesca conservata a Cassago

San Giobbe in una tela seicentesca conservata a Cassago

 

 

S. Giobbe a Tremoncino

di Luigi Beretta

 

 

La devozione che si è sviluppata nel passato a Cassago per San Giobbe è legata alla chiesa di san Salvatore a Tremoncino e alla tradizionale fiera contadina che svolgeva il 10 maggio. Era in quella occasione che venivano benedette le cosiddette maestà, delle stampe a carattere religioso che venivano appese nelle camere dove si allevano i bachi da seta. Non a caso san Giobbe era invocato proprio a protezione di cavalé, cioè di quel prezioso baco da seta che, dopo un duro lavoro, permetteva ai contadini delle entrate importanti in un'epoca in cui la vita era molto dura. A Cassago le prime vendite di bozzoli o cavalé risale ai primi anni del 1500: e probabilmente già allora il santo veniva invocato, come lo invocavano migliaia di contadini di tutta Italia, dalla Lombardia alla Calabria, dalla Toscana al Veneto.

E' piuttosto bizzarro questo accostamento di Giobbe ai bachi da seta: gli studi condotti dal prof. Claudio Zanier hanno dimostrato che ciò nasce dalla rilettura dei racconti biblici in Palestina in età medioevale, che si diffonde dapprima nel mondo panarabo, poi in quello iranico e infine, attraverso Venezia e il mondo greco, anche in Italia. Nei racconti popolari viene sottolineata la perseveranza di Giobbe, nonostante le disgrazie e viene data enfasi al lieto fine. Nel contempo gli stessi racconti, così come l'iconografia medioevale, sottolineano come dalle piaghe di Giobbe nascano i vermi, gli stessi che i contadini identificavano con i bruchi del baco da seta. Con estrema naturalezza la civiltà contadina lo elegge proprio protettore per questa attività. Tutta l'iconografia si adegua a questa nuova interpretazione, che è certamente difforme dalla posizione della Chiesa ufficiale, soprattutto dopo la Controriforma, quando vengono abbandonati i santi del Vecchio testamento. Anche l'iconografia che è rimasta a Cassago rispecchia questa mentalità: san Giobbe, nel dipinto seicentesco ora presso il museo dell'associazione Sant'Agostino, viene dipinto seduto su un mucchio di letame, assieme a dei vermi, mentre rivolge lo sguardo verso l'alto cercando Dio. La forza di questo culto fu tale che sorsero chiese, società, confraternite a lui dedicate in moltissime regioni italiane.

Così nel 1619 i padri agostiniani di Spilamberto, nel modenese, poterono portare in processione un quadro di san Giobbe con i bachi e collocarlo in chiesa solennemente, non senza aver prima dato indicazioni su come allevare i bachi. Già nel 1400 Giobbe era stato dipinto in un altro eremo agostiniano, quello di Lecceto, e anche qui, non sembri una novità, se ne stava seduto in mezzo a un mucchio di foglie e letame con tanti vermicelli a fargli compagnia. Andata persa la tradizione serica nel dopoguerra, si è andato perdendo anche il ricordo di san Giobbe o Sajopp, la cui festa, purtroppo, non solo a Cassago, ma in tutta la Brianza, sembra confinata nel territorio degli studiosi e non più in quello dei fedeli.

La storia di questo Santo è ricordata in parte nel suo nome: in ebraico Giobbe significa infatti perseguitato, colui che sopporta le avversità. Figura biblica nota, divenne modello di santità e pazienza. Si racconta che fosse originario dell'Oriente, del paese di Hus (o Uz, dagli studiosi identificato in una regione a nord dell'Arabia), e visse probabilmente intorno al 1600 a. C. Molto autorevole, facoltoso, padre di dieci figli, ma al culmine della felicità e della ricchezza fu improvvisamente colpito da una serie di disgrazie che lo privarono di ogni avere. Era però un uomo retto e timorato di Dio, tanto da sopportare i tormenti in nome di Iahweh, nonostante ogni cosa faccia credere che non fosse neppure ebreo. Giobbe ignorava che i suoi tormenti fossero voluti da Satana, il quale volle sfidare Dio sulle capacità degli uomini di sopportare ingiuste sofferenze, ma egli, benché prostrato e vacillante, non abbandonò la fede. Allora Satana ottenne da Dio anche il potere sulla sua persona, e lo colpì con una terribile malattia che gli coprì il corpo di piaghe purulente. Cacciato, fu costretto a vivere da solo nella cenere e nel letame, ricoperto da pochi stracci. Giobbe osò a questo punto chiedere a Dio il perché di tale castigo non meritato, ma subito si pentì di aver voluto comprendere l'imperscrutabile volontà divina. Allora Dio, sapiente e misericordioso, riconobbe in lui un uomo giusto e fedele, ricompensandolo per aver sopportato ogni sofferenza.

Sono numerose le testimonianze della presenza di questo culto a Tremoncino. Tra le più tarde si annovera quella del cardinale arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster. Il passaggio da San Giobbe al baco da seta per l'arcivescovo è un "volo pindarico" molto audace compiuto dalla gente del popolo. "In maggio, il giorno della festa del Santo Giobbe, i devoti vi confluiscono anche dai paesi circostanti, onde implorare la benedizione del Santo sulla imminente coltura dei bachi da seta. E' curioso come la devozione abbia trovato un qualsiasi nesso tra il grande Paziente di Hus e i preziosi bachi che si seppelliscono nei propri bozzoli. Ma che cosa non può il genio popolare – si stupisce nelle Note delle visite pastorali del 1939 – Giobbe, come attesta la Santa Scrittura, era ricoperto da vermi. Ebbene, sia egli protettore dei bachi, i quali rientrano precisamente nel genere dei vermi! Il salto è ... ardito, ma, alla fede popolare, è facile". La Bibbia dice infatti che il corpo di Giobbe era ricoperto da piaghe, dalla pianta dei piedi fino alla testa, e da vermi, che potrebbero ricordare il baco da seta. Ciò è bastato per chiedere alla protezione dei "cavalè", con l'espressione dialettale "Sajopp su i cavalè", che veniva pronunciata durante la benedizione ai rotoli di carta speciale utilizzati per la coltivazione.

Probabile pure l'ipotesi che ricollega San Giobbe all'invocazione contro la peste, rimasta, sebbene in uso scorretto, per i bachi. Del resto la zona stessa del san Salvatore era dedicata ai morti per la peste.