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CICLo AGOSTINIANo della Historia Augustini

Agostino ascolta le prediche di Ambrogio, immagine tratta dalla Historia Augustini

Agostino ascolta le prediche di Ambrogio

 

 

HISTORIA AUGUSTINI

1430-1440

Manoscritto 78A 19a Kupferstichkabinett di Berlino

 

Agostino ascolta le prediche di Ambrogio

 

 

 

La scena ci mostra il vescovo Ambrogio mentre sta predicando dall'alto dell'ambone. Con la mano sinistra tende una scritta dove si legge Littera occidit. Spiritus autem vivificat (II Cor. III, 6). Ai suoi piedi sono seduti cinque uditori, di varia età e foggia, fra i quali si notano anche due pagani o eretici, facilmente riconoscibili per il caratteristico cappello a punta. Agostino sta seduto subito sotto l'ambone ed è individuabile per la testa che porta un'aureola radiosa. Assiste alla predica anche un cane. Quest'ultimo elemento non è per niente raro nell'arte tedesca.

 

Frequentavo assiduamente le sue prediche pubbliche, non però mosso dalla giusta intenzione: volevo piuttosto sincerarmi se la sua eloquenza meritava la fama di cui godeva, ovvero ne era superiore o inferiore. Stavo attento, sospeso alle sue parole, ma non m'interessavo al contenuto, anzi lo disdegnavo. La soavità della sua parola m'incantava. Era più dotta, ma meno gioviale e carezzevole di quella di Fausto quanto alla forma; quanto alla sostanza però, nessun paragone era possibile.

AGOSTINO, Confessioni 5, 13, 23

 

Agostino incominciò ad attaccare la predicazione di Ambrogio. Un giorno però Ambrogio tenne un forte discorso contro la dottrina dei manichei, portando solidi argomenti, e da allora in poi Agostino fu convinto che i manichei erano nell'errore. La dottrina di Cristo gli piaceva, ma sentiva ripugnanza a seguire la via che egli tracciava.

JACOPO da VARAGINE, Legenda Aurea

 

Dalla predicazione ambrosiana Agostino trae una importante lezione per la sua preparazione filosofica e teologica. Ne abbiamo un immediato riscontro nei testi delle sue prime opere scritte a Cassiciaco.

Nel Soliloquia, un operetta composta nel 387, Sant'Agostino immagina un dialogo ideale tra lui e la ragione: Agostino desidera conoscere Dio e l'anima, la ragione dovrà dargli una risposta. La ragione chiarisce da subito che per conoscere Dio occorre che sia presente in Agostino (qui nelle vesti di ambasciatore dell'umanità) l'idea stessa di Dio, occorre cioè che l'uomo sappia qual è la forma che deve assumere Dio per renderLo riconoscibile. Agostino ammette senz'altro che non ha idea del modo in cui Dio dovrebbe rendersi riconoscibile, in quanto è proprio ciò che gli preme indagare. "Quale cosa ho mai appreso che sia simile a Dio, in modo da poter dire: voglio intendere Dio così come intendo la tal cosa?". (Sant'Agostino, Soliloquia).

Nonostante ciò, la ragione promette di fornire una definizione di Dio per cui Egli stesso verrà mostrato e riconosciuto così come si mostra e si rende evidente qualcosa sotto la luce del sole, la ragione promette cioè di fornire una definizione di Dio per cui l'uomo non potrà che convenirne.

E veniamo alla fede. Innanzitutto occorre che la mente, sede della ragione ma anche dell'anima, sia mondata da ogni affanno terreno, da ogni "macchia corporea": l'atto mentale per cui ci si può avvicinare a Dio è un atto di puro intelletto. La consapevolezza di rendere puro lo sguardo dell'anima è rinchiuso nel discorso di fede. Infatti, l'anima non si preoccuperebbe della purezza se non avesse fede che rimanendo pura potrebbe vedere cose che altrimenti le sarebbe impedito vedere.