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Agostino segue una dieta frugale
HISTORIA AUGUSTINI
1430-1440
Manoscritto 78A 19a Kupferstichkabinett di Berlino
Agostino segue una dieta frugale
Agostino sta conversando con delle persone invitate alla sua tavola. Si vede qualche cibo sul tavolaccio, mentre l'invitato di sinistra tiene un bicchiere in mano. Agostino tuttavia non mangia, conversa con gli ospiti. Agostino è vestito da monaco, mentre due mitre sono sospese sopra i convitati. Certamente stanno a indicare la dignità episcopale di Agostino e dei suoi ospiti.
22. 1. Le sue vesti, i calzari, la biancheria da letto erano di qualità media e conveniente, né troppo di lusso né di tipo troppo scadente: infatti a tal proposito gli uomini son soliti o far troppa esibizione oppure vestirsi troppo poveramente, ricercando in ambedue i casi il proprio vanto, non l'utile di Gesù Cristo (Fil. 2, 21).
22. 2. Invece Agostino, come ho detto, teneva una via di mezzo, non eccedendo né da una parte né dall'altra (Num. 20, 17). Usava di una mensa frugale e parca, che però fra la verdura e i legumi aveva qualche volta anche la carne, per riguardo agli ospiti o a qualcuno che non stava bene, e aveva sempre il vino: infatti Agostino conosceva e ripeteva le parole dell'Apostolo: Ogni creatura di Dio è buona e niente bisogna rifiutare di quel che si accetta con rendimento di grazie: infatti questo viene santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera (1 Tim. 4, 4 s.).
22. 3. E lo stesso beato Agostino dice nelle Confessioni: « Non temo l'immondezza del cibo, ma l'immondezza della cupidigia. So che a Noè fu permesso di mangiare ogni genere di carne che potesse servire da cibo (Gen. 9, 2 ss.), che Elia fu rifocillato con la carne (1 Re, 17, 6), che Giovanni, la cui astinenza era oggetto di meraviglia, non fu contaminato dagli animali che gli servivano da cibo, cioè le cavallette (Mt. 3, 4). So invece che Esaù fu sedotto dal desiderio di lenticchie (Gen. 25, 29 ss.), che Davide si rimproverò per il desiderio dell'acqua (2 Sam. 23, 15 ss.), e che il nostro re fu tentato non con la carne ma col pane (Mt. 4, 3). E anche il popolo nel deserto meritò di essere rimproverato non perché aveva desiderato carne ma perché per desiderio di carne aveva mormorato contro il Signore (Num. 11, 1 ss.) » (Conf., X, 46).
22. 4. Quanto al bere vino, l'Apostolo scrive così a Timoteo: Non bere soltanto acqua, ma fa' uso anche di un po' di vino per il tuo stomaco e le tue frequenti malattie (1 Tim. 5, 24).
2. 5. Usava d'argento soltanto i cucchiai, ma il vasellame per portare i cibi a tavola erano o di terracotta o di legno o di marmo, e ciò non per povertà ma di proposito.
22. 6. Fu sempre molto ospitale. E durante il pranzo aveva più cara la lettura o la discussione che non il mangiare e il bere. Contro quella pessima abitudine degli uomini teneva qui questa iscrizione:
Chi ama calunniare gli assenti,
sappia di non esser degno di questa mensa.
Ammoniva così ogni invitato ad astenersi da chiacchiere superflue e dannose.
22. 7. Una volta che alcuni vescovi che gli erano molto amici si erano dimenticati della scritta e parlavano in maniera contraria ad essa, Agostino indignato li riprese aspramente, dicendo che o quei versi dovevano essere cancellati dalla mensa o che egli si sarebbe alzato in mezzo al pranzo e se ne sarebbe andato in camera sua. Possiamo testimoniare questo episodio io ed altri che prendevamo parte a quel pranzo.
POSSIDIO, Vita Augustini 22, 1-7
Un giorno aveva invitato a pranzo un tale, fra altri, che, curioso entrò in cucina e poi andò a domandare al santo cosa avesse fatto preparare. Agostino gli rispose:
- Io non penso mai a quello che debbo mangiare, e non so che cosa mi sarà portato in tavola.
La sua tavola fu sempre frugale e semplice; mescolava carne destinata ai poveri e ai pellegrini ai legumi che erano destinati a lui. Durante il pasto preferiva occuparsi di pie conferenze piuttosto che di ciò che era imbandito.
JACOPO DA VARAGINE, Legenda Aurea
La lezione che Agostino fa sedimentare nel suo cuore, la consegnerà poi ai posteri nella prima opera letteraria: i Costumi della chiesa cattolica, anno 388; in essa schizza la sua maniera di concepire il monachesimo, che comincia a scrivere a Roma e che poi avrà la sua redazione definitiva a Tagaste, quando ci sarà la sua prima comunità. Tra l’altro lì fa menzione l’esempio degli usi di comunità monastiche che aveva visitato a Roma. Quando arriva a scrivere che quei monaci si sostengono con il lavoro delle proprie mani, aggiunge press'a poco un discorso come il seguente. Questi monaci praticano dei digiuni veramente incredibili, non rifocillando il corpo che una volta al giorno al fare della sera. Si può spiegare tale digiuno a partire dal loro lavoro manuale? Per vivere e per avere beni da mettere in comune si guadagnano i mezzi con il lavoro delle proprie mani e - qualcuno potrebbe pensare - lavorano talmente tanto da dedicarsi per questo alla pratica del digiuno. Sbaglia chi pensasse in questo modo: nella loro vita monastica il digiuno entra non per motivo economico, e neanche come ideale ascetico nel senso di un mezzo cioè che permette di avvicinarsi a Dio perché diventato l’uomo più libero delle cose di questo mondo. Essi vivono un digiuno che, certamente, ha un rigore ascetico, ma a ben guardare esso non è altro che la traduzione ascetica della regola di carità che troviamo affermata nelle Lettere di Paolo.