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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Seicento > San GinesioCICLo AGOSTINIANo di San Ginesio
I corridoi del chiostro con gli affreschi nelle lunette
DOMENICO MALPIEDI
1630-1640
Chiostro del convento di San Ginesio
Scene della Vita di Agostino
Il convento dei padri agostiniani è documentato a San Ginesio già nel 1279 e sorgeva presso la chiesa di S. Maria Maddalena costruita verso il 1230. Dal 1516 questa chiesa venne ridedicata e intitolata a sant'Agostino. Il convento fu successivamente interamente ricostruito dopo il 1615 su progetto dell'architetto Gerolamo Casini, integrato dalle osservazioni del Generale dell'Ordine padre Nicola Giovannetti di Sant'Angelo in Pontano.
Uscendo dalla chiesa si entra nel chiostro dell'ex-convento, la cui costruzione risale al 1615, anno in cui avvenne il radicale restauro del convento, eseguito dall'architetto locale Girolamo Casini. Il Convento degli Agostiniani conserva nei corridoi del deambulatorio del chiostro uno splendido ciclo di affreschi che narrano i principali fatti della vita di Sant'Agostino. I dipinti si trovano nelle lunette del loggiato e sotto ciascuno di essi si trova l'arma gentilizia della famiglia che ne commissionò la pittura.
Gli affreschi iniziano con una lunetta posta al cancello sud che raffigura sant'Agostino in un cartiglio tra due angeli. Ai suoi lati trovano posto i primi santi dell'Ordine e cioè san Guglielmo da Malavalle e san Nicola da Tolentino. Il ciclo prosegue poi con le altre lunette in direzione dell'accesso alla chiesa con la scena di Alipio e Agostino che ascoltano le prediche di Ambrogio. Si prosegue quindi in senso antiorario lungo le quattro pareti, ciascuna delle quali conserva sei scene per un totale di ventiquattro episodi narrati.
Gli affreschi hanno subito alcuni restauri: nel 1936 vi lavorò il restauratore Castellani, mentre nel 1993 intervenne Pasquali. Negli interventi dei restauratori Castellani e Pasquali vennero asportati tredici dei ventiquattro stemmi gentilizi che erano collegati agli affreschi. La rimozione fu necessitata dal fatto che erano dipinti su uno strato di gesso secondo una pratica usuale dei vecchi restauratori.
Degli undici blasoni restanti due sono molto danneggiati e uno è addirittura completamente bianco. Dalle differenze fra gli stemmi ancora visibili nel 1990 e i bozzetti del decoratore Adriani, si deduce che gli affreschi hanno subito qualche altro intervento oltre a quelli noti.
E' difficile stabilire in quale periodo siano realizzati tutti gli affreschi: è probabile che siano stati realizzati in vari periodi o siano stati recuperati da precedenti strutture incorporate nel nuovo chiostro. La maggior parte dei dipinti tuttavia richiama i soggetti delle stampe di Bolswert che furono pubblicate a Parigi nel 1624. Queste stampe furono utilizzate in numerose occasioni nei conventi sia italiani che esteri per definire le scene del programma iconografico da realizzare nei chiostri per descrivere la vita di sant'Agostino.
Dalla analisi critica dei dipinti si arguisce che furono realizzati probabilmente da diverse mani: la prima, la più antica, compare nell'affresco ottavo, una seconda, più recente, ha realizzato il medaglione dolor et amor, la terza, intermedia, che ha completato la gran parte delle scene, ha seguito come modello soprattutto le stampe di Bolswert.
Chi sia questo pittore non è documentato, ma la tradizione orale lo identifica nell'artista locale Domenico Malpiedi a cui fu conferito dal 1643 l'incarico di decorare la chiesa conventuale di sant'Agostino.