Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Settecento > Chieti

Ciclo agostiniano di Chieti

Agostino e il bambino in riva al mare

Agostino e il bambino in riva al mare

 

 

MICHELE CLERICI

1746-1751

Chieti, chiesa di sant'Agostino, cappella della Madonna della Cintura

 

Agostino e il bambino in riva al mare

 

 

 

Il medaglione, dalla forma ovale, misura cm 70 in altezza e 50 in larghezza. Per la sua realizzazione è stata utilizzata la tecnica dello stucco modellato, successivamente dipinto.

L'episodio descritto in questo medaglione è paradigmatico del mistero della Trinità e richiama i contenuti di una leggenda abbastanza diffusa nella tradizione agiografica e iconografica agostiniane. Secondo questo racconto di origini medioevali, che soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità, Agostino, che fu un grande indagatore del mistero trinitario, un giorno passeggiando per una spiaggia incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqua dal mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia. Alla domanda del Santo, incuriosito da che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco. Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino avrebbe replicato che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca, allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua limitata testa di uomo.

Ciò detto il bambino sparì, lasciando interdetto Agostino. Secondo il parere di alcuni studiosi di parabole e di leggende, la narrazione potrebbe essere considerata un sogno effettivamente fantasticato dal Santo. Altri aggiungono che forse il colloquio non si sarebbe svolto esattamente come è stato raccontato, perché, prima che il bambino sparisse, il Santo aveva potuto a sua volta replicare che la risposta non lo convinceva, in quanto - avrebbe obiettato - il mare e i misteri di Dio sono due realtà assai diverse.

Pur impossibile, sarebbe stato teoricamente verosimile immaginare il versamento del mare in una buca e allora allo stesso modo si sarebbe potuto supporre che i misteri divini avrebbero potuto entrare in un cervello umano adatto allo scopo e se l'uomo non aveva ricevuto una mente con tali qualità la colpa sarebbe da imputare a Dio, che non aveva appunto voluto che i suoi misteri fossero concepiti dall'uomo, per lasciarlo nell'ignoranza e nel dubbio più atroci.

"Perché Dio non vuole essere capito?" avrebbe domandato il Santo al pargolo divenuto improvvisamente pensieroso. "Te lo dimostro subito" rispose il bambino dopo un momento di perplessità e così, mentre parlava, con il secchiello divenuto improvvisamente grandissimo e mostruoso, in un sol colpo raccolse l'acqua del mare, prosciugandolo, e la pose nella buca, che si allargò a dismisura fino ad inghiottire il mondo. A quella vista il Santo si svegliò con le lacrime agli occhi e capì.

 

La chiesa di sant'Agostino a Chieti venne ristrutturata nel Settecento e riccamente decorata a stucco da maestranze lombarde. Dopo l'attività di Girolamo Rizza da Veglio nei primi anni del Settecento i lavori si trascinarono per decenni tanto che nel 1731 venne firmata una convenzione tra i padri e Vittore Fontana per la ripresa dei lavori che erano stati interrotti per mancanza di finanziamenti. Ulteriori lavori furono eseguiti da Domenico Poma nel 1735-1736 e Michele Clerici dal 1746 al 1751. Quest'ultimo, architetto e stuccatore lombardo, fu molto attivo nella provincia di Chieti. Clerici apportò notevoli modifiche al progetto originario tra cui la più importante la realizzazione di una copertura a vela anziché a cupola. L'intera decorazione interna conferma l'eccezionale perizia plastica degli stuccatori lombardi. Di notevole resa pittorica appaiono tanto i pannelli illustranti i principali santi agostiniani, quanto il preziosissimo velario che copre tutta la volta con un fitto e minuto ricamo.

Michele Clerici arriva in Abruzzo verso la metà del Settecento e si afferma come stuccatore e architetto. Appartiene a un gruppo di artisti lombardi, tra cui di Giovan Battista Gianni e Giambattista Gamba, che seguono le orme del milanese Giambattista Ferradini che stuccò l'oratorio di Sant'Antonio dei Cavalieri de Nardis all'Aquila (1646-1687). Ercole Ferradini e Francesco Pozzi stuccarono la Cattedrale dell'Aquila nel 1662 e nel 1673 sotto il controllo di Francesco Bedeschini realizzarono la decorazione della Basilica di Collemaggio. Nel 1692 Loreto Ferradini decora con stucchi la chiesa di San Paolo dei Barnabiti all'Aquila, poi dopo il 1703 decora l'interno del complesso agostiniano di Sant'Amico. In Chieti altri lavori di Michele Clerici li troviamo in Santa Chiara dove collaborò con Carlo Piazzola e Girolamo Rizza.

In sant'Agostino a Michele Clerici va attribuita la realizzazione degli stucchi della Cappella della Madonna della cintura con il dossale inquadrato da arco a tutto sesto fiancheggiato da angeli reggi medaglione. Nell'archivolto si rinvengono decorazioni a stucco con motivi vegetali; due statue e altrettante figure di angeli sopra il loro capo addossati ai pilastri laterali. Al centro è stata collocata la pala di Donato Teodoro della Madonna della Cintura, mentre il coronamento è strutturato con architrave mistilineo su cui poggiano due angeli. Anche la cimasa presenta una decorazione figurata a stucco. L'intera struttura è arricchita da stucchi modellati e medaglioni che riproducono scene della vita di Agostino.

Nella cartella centrale, sopra il dipinto, si legge l'iscrizione sacra () SINT LUMB[...]/ ESTRI PRAECINTI/ [...]

Sempre a Clerici vanno attribuiti gli stucchi che si trovano nella Cappella di sant'Agata della medesima chiesa.