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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Settecento > LauingenCICLo AGOSTINIANo di Enderle a Lauingen
Glorificazione di Dio Uno e Trino
JOHANN BAPTIST ENDERLE
1791
Chiesa degli Eremitani di Lauingen
Glorificazione di Dio Uno e Trino
Una autentica apoteosi è stata immaginata e realizzata da Enderle per dare significato ad una tematica essenziale nel pensiero agostiniano: il mistero della Trinità. Su diversi piani si sale progressivamente verso l'alto dove dimorano Dio Padre, Gesù il Cristo e lo Spirito Santo.
Una folla di angeli e di santi elevano il loro sguardo e la loro preghiera verso la mirabolante apparizione del Dio Uno e Trino.
Agostino è stato raffigurato al secondo livello, vestito da Vescovo, mentre offre con le mani un cuore fiammante trafitto da una freccia. E' questo il simbolo tradizionale che lo contraddistingue a rappresentare il suo infinito amore per Dio Padre. Il mistero divino fu uno dei grandi temi che stimolarono il suo pensiero, numerose le interrogazioni che fece a se stesso e che furono definite nel De Trinitate.
C'è un misterioso processo che avviene in Dio. Il Vangelo ci dice che Gesù di Nazareth era il Figlio di Dio. Ma che cosa significa? Che cosa vuol dire che Cristo e il Padre sono uno solo? L'interezza del messaggio cristiano sta proprio in questa unità, che si realizza sulla croce, grazie alla morte di Gesù, in quanto uomo. A questo proposito l'intelletto umano può trovare solo analogie. E il genio di Agostino ha esposto, in quindici analisi incredibilmente valide, il suo modo di approssimarsi a questo mistero dell'incarnazione di Dio e dello Spirito Santo. Di questi 15 libri possiamo qui prenderne in esame solo uno, e anch'esso solo per brevi cenni. Che cosa c'è di più misterioso dell'incarnazione di Dio?
D'altra parte fuori di te non esisteva nulla, da cui potessi trarre le cose, o Dio, Trinità Una e Trinità trina. Perciò creasti dal nulla il cielo e la terra ... Tu sei onnipotente e buono, per fare tutto buono, il cielo grande, come la piccola terra. C'eri tu e null'altro.
AGOSTINO, Confessioni 12, 7, 7
[...] Inoltre, partendo dalla creatura, opera di Dio, ho cercato, per quanto ho potuto, di condurre coloro che chiedono ragione di tali cose, a contemplare con l'intelligenza, per quanto era loro possibile, i segreti di Dio per mezzo delle cose create e ho fatto particolarmente ricorso alla creatura ragionevole e intelligente, che è stata creata ad immagine di Dio, per far loro vedere, come in uno specchio, per quanto lo possono e, se lo possono, il Dio Trinità, nella nostra memoria, intelligenza e volontà. Chiunque, con una intuizione viva, vede che queste tre potenze, in virtù di una intenzione divina, costituiscono la struttura naturale del suo spirito; percepisce quale cosa grande sia per lo spirito il poter ricordare, vedere, desiderare la natura eterna ed immutabile, la ricorda con la memoria, la contempla con l'intelligenza, l'abbraccia con l'amore, certamente vi scopre l'immagine di quella suprema Trinità. Per ricordare, vedere, amare quella suprema Trinità deve ad essa riferire tutto ciò che vive perché tale Trinità divenga oggetto del suo ricordo, della sua contemplazione e della sua compiacenza. Tuttavia ho mostrato, per quanto mi sembrava necessario, che questa immagine che è opera della stessa Trinità, che è stata deteriorata dalla sua propria colpa, si deve evitare di compararla alla Trinità come se le fosse in tutto simile, ma si deve vedere anche una grande dissomiglianza in questa tenue somiglianza.
AGOSTINO, De Trinitate, XV, 39
Lo scopo del De Trinitate è rendere ragione, per quanto è possibile, del fatto che la Trinità è un solo Dio e che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono di una sola e medesima sostanza. I libri I-IV intendono innanzitutto mostrare che questo è il contenuto della fede nella Trinità, sulla base dell'autorità delle Scritture. I libri V-VII quindi formulano il dogma evitando gli errori opposti del triteismo (secondo cui il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sarebbero tre dèi) e del modalismo (secondo cui essi sarebbero soltanto manifestazioni estrinseche di un unico essere divino). Agostino si serve a tal fine della dottrina aristotelica delle categorie. Di Dio possiamo dire che è sostanza (substantia) o essenza (essentia); anzi, Egli "è" nel senso più vero del termine, perché è immutabile. Proprio perché immutabile, il Lui non vi sono accidenti; le sue perfezioni (bontà, giustizia, ecc.) si predicano dunque secondo la sostanza, cioè si identificano con il suo stesso essere. Non tutto ciò che si predica in Dio, tuttavia, si predica secondo la sostanza. Alcune cose si predicano in Dio secondo la relazione. È il caso dei nomi "Padre", "Figlio" e "Spirito Santo", che indicano appunto non la sostanza di Dio, ma le relazioni che sussistono in Lui. Il Padre è tale non in se stesso, ma in relazione al Figlio, e viceversa. Anche nomi come "principio" e "Signore" sono predicati di Dio secondo la relazione: essi fanno riferimento non all'essenza di Dio, ma alle sue relazioni nei confronti delle creature, o meglio alle relazioni che le creature intrattengono con Lui.
Agostino dice di aver iniziato i libri Sulla Trinità da giovane e di averli pubblicati da vecchio (Prologo alla Lettera 174). La stesura dell'opera lo impegnò per più di vent'anni, a partire dal 400 circa. Il tema era in effetti uno dei più ardui anche per una mente come la sua. Nel Medioevo sorse al riguardo la nota leggenda destinata ad avere un'enorme fortuna iconografica: quella dell'incontro in riva al mare tra Agostino e un bambino che cercava di trasportare con una conchiglia o altro piccolo recipiente (a seconda delle versioni) l'acqua marina in una buca scavata nella sabbia, simbolo della vana pretesa di comprendere con l'intelletto umano il mistero infinito di Dio. La storiella, simpatica e istruttiva, non rende però giustizia all'instancabile sforzo agostiniano di avvicinarsi e avvicinarci alla luminosa verità del Dio uno e trino, alla cui visione beatifica l'uomo è chiamato per l'eternità.
Ci avevi bersagliato il cuore con le frecce del tuo amore, portavamo le tue parole conficcate nelle viscere e gli esempi dei tuoi servi, che da oscuri avevi reso splendidi, da morti vivi ... Tanto ne eravamo infiammati che tutti i soffi contrari delle lingue perfide avrebbero rinfocolato, non estinto l'incendio.
AGOSTINO, Confessioni 9, 3, 1