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PITTORI: Amico Aspertini

Particolare della scena con Ambrogio che battezza sant'Agostino

Particolare della scena con Ambrogio che battezza sant'Agostino

 

 

AMICO ASPERTINI

1508-1509

Lucca, Chiesa di S. Frediano, Cappella di sant'Agostino

 

Battesimo di sant'Agostino

 

 

 

Straordinario questo battesimo di Amico Aspertini che lo propone in una cornice classica quattrocentesca con ampio ricorso a motivi architettonici. Al centro un anziano Ambrogio versa l'acqua sul capo di Agostino, che ha la tonsura in testa e porta un semplice panno alla cintola. Tutt'intorno chierici e nobiluomini seguono con attenzione la scena del sacramento. A destra Alipio ed Adeodato si stanno spogliando per ricevere a loro volta il battesimo. L'affresco si trova a Lucca, assieme alla Approvazione della Regola, nella nella cappella di sant'Agostino nella chiesa di san Frediano. Di Aspertini è nota una disputa con Ambrogio al Niedersachsiches Landesmuseum di Hannover. Il Vasari lo dice «uomo capriccioso e di bizzarro cervello» e accenna ai molti suoi viaggi per l'Italia. A Roma, tra la fine del Quattrocento e il principio del Cinquecento, fu attivo per Alessandro IV (prima dell'agosto 1503).

La scena in cui Sant'Ambrogio battezza Sant'Agostino si svolge sullo sfondo di un paesaggio alquanto articolato. Anziché all'interno di una chiesa, l'episodio avviene davanti a un padiglione che poggia su quattro colonne, ornato di statue e bassorilievi con vittorie alate. Nello sfondo, sulla sinistra, si può osservare una parte del panorama di Lucca, vista dalla parte dei monti pisani, mentre, vicino, con fantasiosa inverosimiglianza, compare una veduta del Colosseo, così come era visibile nel Cinquecento, ossia sotterrato a metà, al centro l'Arco di Costantino. Sulla destra un fiume scende da dirupi scoscesi, sotto un burrascoso cielo di temporale. Il primo piano è occupato da una folla di fedeli lucchesi, nella quale è possibile riconoscere innumerevoli ritratti di insigni contemporanei di Aspertini. Rimane aperto il problema della identificazione del personaggio più imponente, avvolto in un raffinato mantello di broccato di velluto, molto simile ai tessuti lucchesi dell'epoca, foderato di pelliccia, con i guanti, un berretto rosso, una misteriosa scritta, GOD, sulla manica e un pallio nero che gli attraversa il petto, come anche al suo vicino più giovane. Il personaggio tiene in mano un biglietto, sul quale un tempo si leggeva la parola «primicerius», mentre ora si leggono soltanto le lettere «... grate prim ...». Potrebbe trattarsi di una carica amministrativa retaggio dell'epoca tardo imperiale, il primicerius Notariorum. Il fatto che questo titolo fosse ancora in uso nel Cinquecento, e probabilmente con una valenza religiosa, ha indotto qualche storico a identificare il personaggio con il priore stesso di S. Frediano, Pasquino Cenami.

 

 

Aspertini Amico nacque a Bologna verso il 1474 e morì nel 1552. Figlio di Giovanni Antonio, anch'egli pittore, esercitò anche la scultura, la miniatura e l'incisione. Secondo il Malvasia, fu allievo di Ercole de' Roberti, ma si avvicinò al Costa; ben presto il suo stile estroso rivelò rapporti oltre la cerchia emiliana con Filippino Lippi e il Pinturicchio. A Roma, tra la fine del Quattrocento e il principio del Cinquecento dipinse le ante dell'organo di S. Pietro, ora perdute. È di questo periodo il codice Wolfegg, prezioso documento degli studi archeologici dell'Aspertini nelle grotte della Domus Aurea di Nerone, ora a Londra (British Museum). Nel 1506, insieme con il Francia e il Costa, eseguì gli affreschi della chiesa di S. Cecilia a Bologna; poco dopo, nel 1508, dipinge il S. Sebastiano ora a Washington; lavorò inoltre a Lucca, in S. Frediano, rivelando l'influsso del Dürer, conosciuto a Bologna. Al 1510 e al 1526 risalgono le sculture per S. Petronio a Bologna (una mezza figura nel portale e un gruppo di Cristo e Nicodemo sulla porta destra). Fino al 1552 operò soprattutto a Bologna: esempio ultimo gli affreschi del castello Isolani di Minerbio. La critica moderna, a cominciare da Longhi, ha delineato un itinerario dell'Aspertini interessante e significativo, mettendo in rilievo una molteplicità d'interessi tipici del Manierismo che spiegano la modernità di certe sue soluzioni stilistiche, sulla linea di Filippino, o più avanti, fu il 1515-20, addirittura in parallelo al Genga o al Beccafumi, rilevando umore fantastico e originalità. Recenti interventi hanno ricostruito altri contatti dell'Aspertini in sintonia con la crisi religiosa di quegli anni. Le sue opere inquiete sono tutte conservate nel capoluogo regionale: la Pala del Tirocinio (1505) alla Pinacoteca Nazionale, l'affresco con il Seppellimento di Tiburzio e Valeriano (1506) all'Oratorio di Santa Cecilia, la Madonna con Bambino e Santi della chiesa di San Martino (1510 ca.), la Pietà di San Petronio (1519), la Sacra Famiglia della Pinacoteca Nazionale (1520 ca.). I bellissimi affreschi di Palazzo Isolani, di soggetto mitologico-astrologico, possono tuttavia spingere i cultori di questo artista a visitare l'interessante borgo di Minerbio, che dista pochi chilometri da Bologna.

 

Milano fu la tappa decisiva della conversazione di Agostino. Qui ebbe l'opportunità di ascoltare i sermoni di Ambrogio che teneva regolarmente in cattedrale, ma se le sue parole si scolpivano nel cuore di Agostino, fu la frequentazione con un anziano sacerdote, san Simpliciano, che aveva preparato Ambrogio all'episcopato, a dargli l'ispirazione giusta; il quale con fine intuito lo indirizzò a leggere i neoplatonici, perché i loro scritti suggerivano "in tutti i modi l'idea di Dio e del suo Verbo". Un successivo incontro con sant'Ambrogio, procuratogli dalla madre, segnò un altro passo verso il battesimo; fu convinto da Monica a seguire il consiglio dell'apostolo Paolo, sulla castità perfetta, che lo convinse pure a lasciare la moglie, la quale secondo la legge romana, essendo di classe inferiore, era praticamente una concubina, rimandandola in Africa e tenendo presso di sé il figlio Adeodato (ci riesce difficile ai nostri tempi comprendere questi atteggiamenti, così usuali per allora).

A casa di un amico Ponticiano, questi gli aveva parlato della vita casta dei monaci e di s. Antonio abate, dandogli anche il libro delle Lettere di S. Paolo; ritornato a casa sua, Agostino disorientato si appartò nel giardino, dando sfogo ad un pianto angosciato e mentre piangeva, avvertì una voce che gli diceva "Tolle, lege, tolle, lege" (prendi e leggi), per cui aprì a caso il libro delle Lettere di S. Paolo e lesse un brano: "Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri" (Rom. 13, 13-14).

Dopo qualche settimana ancora d'insegnamento di retorica, Agostino lasciò tutto, ritirandosi insieme alla madre, il figlio ed alcuni amici, ad una trentina di km. da Milano, a Cassiciaco, l'attuale Cassago Brianza, in meditazione e in conversazioni filosofiche e spirituali; volle sempre presente la madre, perché partecipasse con le sue parole sapienti. Nella Quaresima del 386 ritornarono a Milano per una preparazione specifica al Battesimo, che Agostino, il figlio Adeodato e l'amico Alipio. Il giorno di Pasqua Agostino ricevette il battesimo insieme all'amico Alipio che era stato convertito dalle prediche di S. Ambrogio, e ad Adeodato, figlio dello stesso Agostino, natogli mentre era ancora filosofo pagano. Allora S. Ambrogio secondo quello che lui stesso dice, gridò: Te Deum laudamus. S. Agostino seguitò: Te Dominum confitemur.

 

Giunto il momento in cui dovevo dare il mio nome per il battesimo, lasciammo la campagna e facemmo ritorno a Milano. Alipio volle rinascere anch'egli in te con me. Era già rivestito dell'umiltà conveniente ai tuoi sacramenti e dominava così saldamente il proprio corpo, da calpestare il suolo italico ghiacciato a piedi nudi, il che richiede un coraggio non comune. Prendemmo con noi anche il giovane Adeodato, nato dalla mia carne e frutto del mio peccato. Tu l'avevi ben fatto. Era appena quindicenne e superava per intelligenza molti importanti e dotti personaggi.

AGOSTINO, Confessioni 9, 6, 14