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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Cinquecento: Amico AspertiniPITTORI: Amico Aspertini
Madonna con il Bambino e i Santi Lucia, Nicola di Bari e Agostino
AMICO ASPERTINI
1510
Bologna, chiesa di San Martino Maggiore
Madonna con il Bambino e i Santi Lucia, Nicola di Bari e Agostino
La Pala con la Madonna con il Bambino e i Santi Lucia, Nicola di Bari e Agostino è una tempera su tavola, che è conservata nella chiesa di San Martino Maggiore a Bologna. Formatosi verosimilmente nella bottega del padre, Amico Aspertini fu attivo a Bologna fino al 1506 quando si recò poi a Lucca dove prese parte alla decorazione della cappella di Sant'Agostino nella chiesa di San Frediano. Dal secondo decennio del Cinquecento fu di nuovo protagonista della scena artistica bolognese e lavorò come scultore e pittore al cantiere di San Petronio; la sua attività continuò fino al 1540. Morì a Bologna il 19 novembre 1552. Aspertini affascina per le sue stranezze, le sue figure fortemente espressive, i suoi paesaggi situati fra naturalismo e classicismo e il forte carattere onirico e materico della sua opera. Grande disegnatore ambidestro, in grado di dipingere con entrambe le mani allo stesso tempo, era il pittore più richiesto a Bologna nella prima metà del Cinquecento. Amico Aspertini si dimostrò intellettuale profondamente aggiornato sulla cultura figurativa nordica come sul mondo classico antico, con il quale entrò in contatto durante diversi soggiorni nella Città Eterna.
Aspertini Amico nacque a Bologna verso il 1474 e morì nel 1552. Figlio di Giovanni Antonio, anch'egli pittore, esercitò anche la scultura, la miniatura e l'incisione. Secondo il Malvasia, fu allievo di Ercole de' Roberti, ma si avvicinò al Costa; ben presto il suo stile estroso rivelò rapporti oltre la cerchia emiliana con Filippino Lippi e il Pinturicchio. A Roma, tra la fine del Quattrocento e il principio del Cinquecento dipinse le ante dell'organo di S. Pietro, ora perdute. È di questo periodo il codice Wolfegg, prezioso documento degli studi archeologici dell'Aspertini nelle grotte della Domus Aurea di Nerone, ora a Londra (British Museum). Nel 1506, insieme con il Francia e il Costa, eseguì gli affreschi della chiesa di S. Cecilia a Bologna; poco dopo, nel 1508, dipinge il S. Sebastiano ora a Washington; lavorò inoltre a Lucca, in S. Frediano, rivelando l'influsso del Dürer, conosciuto a Bologna. Al 1510 e al 1526 risalgono le sculture per S. Petronio a Bologna (una mezza figura nel portale e un gruppo di Cristo e Nicodemo sulla porta destra). Fino al 1552 operò soprattutto a Bologna: esempio ultimo gli affreschi del castello Isolani di Minerbio. La critica moderna, a cominciare da Longhi, ha delineato un itinerario dell'Aspertini interessante e significativo, mettendo in rilievo una molteplicità d'interessi tipici del Manierismo che spiegano la modernità di certe sue soluzioni stilistiche, sulla linea di Filippino, o più avanti, fu il 1515-20, addirittura in parallelo al Genga o al Beccafumi, rilevando umore fantastico e originalità. Recenti interventi hanno ricostruito altri contatti dell'Aspertini in sintonia con la crisi religiosa di quegli anni. Le sue opere inquiete sono tutte conservate nel capoluogo regionale: la Pala del Tirocinio (1505) alla Pinacoteca Nazionale, l’affresco con il Seppellimento di Tiburzio e Valeriano (1506) all’Oratorio di Santa Cecilia, la Madonna con Bambino e Santi della chiesa di San Martino (1510 ca.), la Pietà di San Petronio (1519), la Sacra Famiglia della Pinacoteca Nazionale (1520 ca.). I bellissimi affreschi di Palazzo Isolani, di soggetto mitologico-astrologico, possono tuttavia spingere i cultori di questo artista a visitare l’interessante borgo di Minerbio, che dista pochi chilometri da Bologna.
La devozione per la Vergine fu un carattere specifico dell'ordine agostiniano. Già Agostino, nei suoi scritti, esaltò le virtù, affermando inseparabile la sua azione da quella di Cristo e proponendola come modello per tutti i credenti. Agostino si fece veicolo di precisi contenuti dottrinari che ebbero lo scopo di confutare le tesi eterodosse diffuse a quei tempi. Agostino ribadì ripetutamente e con chiarezza i concetti della maternità fisica e insieme divina di Maria nonché la sua verginità, che ne fanno il simbolo della Chiesa, nello spirito vergine, per integrità e pietà, e madre nella carità.
Dei tre vangeli sinottici quello che parla più diffusamente di Maria è il Vangelo di Luca. Vi si racconta che Maria viveva a Nazaret, in Galilea e che, promessa sposa di Giuseppe, ricevette dall'arcangelo Gabriele l'annuncio che avrebbe partorito il Figlio di Dio (Lc. 1, 26-38). Ella accettò e, per la sua totale fedeltà alla missione affidatale da Dio, è considerata dai cristiani il modello per tutti i credenti. Lo stesso Vangelo secondo Luca racconta la sua pronta partenza per Ain Karem, per aiutare la cugina Elisabetta, anziana, incinta di sei mesi.
Da Elisabetta è chiamata "la madre del mio Signore". Maria le risponde proclamando il Magnificat: « Allora Maria disse: L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.» (Lc. 1, 46)
Secondo la tradizione cristiana Anna, Gioacchino e Maria abitarono a Gerusalemme nei pressi dell'attuale Porta dei Leoni, nella parte nord orientale della città vecchia, laddove ci sono i resti della piscina di Bethesda. Oggi in questa zona sorge una chiesa costruita dai crociati nel XII secolo e dedicata a sant'Anna. Maria, che imparò a camminare a sei mesi, rimase nel tempio dall'età di tre anni fino al periodo della pubertà e poi venne data in sposa a Giuseppe che fu miracolosamente designato dalla fioritura di una verga. Secondo il vangelo apocrifo di Bartolomeo una prima annunciazione fu data a Maria nel tempio stesso di Gerusalemme. Dio disse a Maria: «Gioisci, o piena di grazia e vaso di elezione ... Ancora tre anni e ti manderò la mia parola; tu concepirai un figlio per mezzo del quale sarà salvata tutta la creazione. Tu sarai il calice del mondo. Pace a te, mia diletta ... »
La vera e propria annunciazione secondo alcuni avvenne alla fontana, altri invece dicono che avvenne a casa sua. L'annunciazione dell'arcangelo Gabriele a Maria è collocata secondo la tradizione il 25 marzo, per rispettare il tempo di nove mesi esatti dalla nascita di Gesù fissata il 25 dicembre
Trovandosi a Betlemme, in Giudea, con suo marito Giuseppe per il censimento indetto (Lc. 2, 1-2), tramite il console Quirino, dall'imperatore Augusto, partorì in un riparo che era forse una stalla suo figlio, al quale impose il nome di Gesù come le aveva prescritto l'arcangelo Gabriele. Il vangelo racconta il canto degli angeli e la visita dei pastori (Lc. 2, 1-20), e poi dei sapienti orientali detti i Magi. Secondo Matteo, che fa risiedere la famiglia fin da principio a Betlemme (Mt. 2, 1-11), seguono la persecuzione di Erode, la fuga in Egitto, la strage degli Innocenti e il ritorno a Nazaret.
La visione di Maria è contenuta nella Divina Commedia, dove Dante riporta la straordinaria preghiera del doctor marianus Bernardo di Chiaravalle affinché Dante stesso possa ottenere la visione della Trinità divina:
« Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'etterno consiglio, tu se' colei che l'umana natura nobilitasti sì, che 'l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l'amore, per lo cui caldo ne l'etterna pace così è germinato questo fiore. Qui se' a noi meridiana face di caritate, e giuso, intra ' mortali, se' di speranza fontana vivace. Donna, se' tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre sua disianza vuol volar sanz'ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s'aduna quantunque in creatura è di bontate. »
(Paradiso XXXIII, 1-21)