Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Fagolino Marcello

PITTORI: Fagolino Marcello

Agostino e il bambino in riva al mare

Agostino e il bambino in riva al mare

 

 

FAGOLINO MARCELLO

1539

Arco. località di Caneve, chiesa di san Rocco

 

 

Agostino e il bambino in riva al mare

 

 

 

Quest'opera si trova nella chiesa di san Rocco a Caneve, un paese vicino ad Arco, nella predella dell'altare laterale di sinistra che raffigura una grande pala con la Vergine e il Bambino con i santi Agostino e Bernardino da Siena. La tavola è datata 1539. L'attribuzione a Fagolino si basa sulle strette relazioni di tecnica pittorica con altre sue opere sicure. L'opera è quasi dipinta in punta di pennello, con una cura degna di un miniaturista e carica di pensieri poetici. Vestito da vescovo con tutti gli attributi del suo rango episcopale, il santo si rivolge al bambino che sta giocando con l'acqua sulla spiaggia.

Sotto il vestito si nota la cocolla nera degli agostiniani. La scena ha una struttura simile a quella tradizionalmente trattata dai pittori agiografi agostiniani. Lo stato di conservazione del dipinto è straordinario se si considera il supporto di legno: il pittore usò come pigmenti azzurrite, biacca, cinabro, orpimento e terra rossa. La decorazione della predella lignea rivela una notevole libertà artistica e la presenza di diversi possibili riferimenti stilistici: il Cima e il Lotto per l'Annunciazione, il Previtali per la Natività e il Dosso per il paesaggio marino sullo sfondo di sant'Agostino.

La pala invece introduce un maturo carattere cinquecentesco in chi sembrerebbe un quattrocentista attardato: non solo nella Madonna allattante (iconografia piuttosto rara nel Cinquecento italiano), raffaellesca sia pure alla lontana, ma anche in sant'Agostino, mosso entro abili giochi di luce, e nella figura alta e ascetica di Bernardino, severo ma spiritualmente raffinato.

 

Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".

Questa leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149).

Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.

Ma come poi tutto ciò fu collegato ad Agostino ? Due possono essere le spiegazioni: primo che necessitava un protagonista alla storia stessa e Agostino era l'uomo adatto in quanto era considerato un sommo teologo. La seconda spiegazione sta nella diffusione del testo di un apocrifo in cui san Gerolamo (come è stato anticipato all'inizio) discute con Agostino sulle capacità umane di comprendere il mistero divino. In ogni caso la prima volta che si incontra questa leggenda applicata ad Agostino corre nell'anno 1263. In margine va ricordata la disputa sul luogo dove si sarebbe svolto l'incontro tra Agostino e Gesù Bambino: sulla spiaggia di Civitavecchia o di Ippona ? Gli Eremitani e i Canonici si batterono a lungo sul tema, soprattutto perché ciascuno sosteneva che Agostino era stato il vero fondatore del loro Ordine religioso.