Contenuto
Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Cinquecento: Benvenuto Tisi detto il GarofaloPITTORI: Benvenuto Tisi detto il Garofalo
Visione della Trinità di S. Agostino
BENVENUTO TISI detto IL GAROFALO
1533
Londra, National Gallery
Visione della Trinità di S. Agostino
Bella opera cinquecentesca del Garofalo, un olio su tavola, 64 x 81, che propone Agostino allo scrittoio intento a leggere e scrivere, mentre è sostenuto dalla saggezza. La sua aria da vegliardo è distratta da un bambino con in mano un cucchiaio che ricorda il celebre episodio simbolico nella iconografia agostiniana che ricorda la Trinità.
Sullo sfondo si vede il mare e la spiaggia dove Agostino passeggia e in alto a sinistra uno stuolo di angeli musicanti che accompagnano la Vergine con in braccio Gesù Bambino. Garofalo (1481-1559) fu pittore di larga fama nel Ferrarese nella prima metà del Cinquecento. Fu artista rigoroso, dedito in tempi di Controriforma al tema religioso, dotato di particolare attenzione per quanto veniva proposto in Italia ed all'estero. Oltre ai palesi rimandi a Raffaello è interessante notare nelle sue opere giovanili un riferimento a Durer, che conobbe mentre frequentava la bottega del Panetti.
La leggenda del bambino incontrato da Agostino sulla spiaggia è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".
Questa leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149).
Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.
Ma come poi tutto ciò fu collegato ad Agostino ? Due possono essere le spiegazioni: primo che necessitava un protagonista alla storia stessa e Agostino era l'uomo adatto in quanto era considerato un sommo teologo. La seconda spiegazione sta nella diffusione del testo di un apocrifo in cui san Gerolamo (come è stato anticipato all'inizio) discute con Agostino sulle capacità umane di comprendere il mistero divino. In ogni caso la prima volta che si incontra questa leggenda applicata ad Agostino corre nell'anno 1263. In margine va ricordata la disputa sul luogo dove si sarebbe svolto l'incontro tra Agostino e Gesù Bambino: sulla spiaggia di Civitavecchia o di Ippona ? Gli Eremitani e i Canonici si batterono a lungo sul tema, soprattutto perché ciascuno sosteneva che Agostino era stato il vero fondatore del loro Ordine religioso.
Benvenuto Tisi
Garofalo appartenne alla Scuola ferrarese e lavorò a lungo alla corte degli Estensi. Il soprannome Garofalo gli deriva dal nome del paese in cui forse nacque e lui stesso alle volte firmava i suoi quadri con un piccolo disegno di Garofano. La sua famiglia era originaria della regione delle Giudicarie del Trentino. Verso la fine del Cinquecento la famiglia si divise in due rami: il primo, cui appartenne il famoso pittore, si stabilì a Ferrara mentre l'altro si trasferì a San Cipriano Picentino (SA). Nato forse proprio a Garofalo, ora una frazione di Canaro, in provincia di Rovigo, sembra che Tisi sia stato apprendista di Domenico Panetti dal 1491. Fu un contemporaneo e talvolta collaboratore di Dosso Dossi. Nel 1495 lavorò a Cremona alle dipendenze di Boccaccio Boccaccino, che gli fece apprendere lo stile cromatico veneziano. Nel 1500 fece il suo primo viaggio a Roma dove, pare, conobbe il fiorentino Giovanni Baldini. Nel 1501 si trasferì a Bologna dove rimase due anni presso la bottega di Lorenzo Costa il Vecchio. Nel 1504 tornò a Ferrara e lavorò con i fratelli Dossi. Viaggiò molto, a Mantova, a Venezia, a Roma. Su invito del concittadino Girolamo Sacrati nel 1512 tornò a Roma, presso lo corte di papa Giulio II, dove conobbe Raffaello. Questo lo portò a cambiare il suo stile da lombardo ad uno più classico stilizzato, influenzato da Giulio Romano.
Intorno al 1512 tornò ancora a Ferrara dove lavorò a numerose opere per il duca Alfonso d'Este. Tra il 1529 ed il 1530 sposa Caterina Scoperti. Pare che nel 1520, Girolamo da Carpi fu apprendista nella sua bottega e lavorò con lui per alcuni progetti a Ferrara nel periodo 1530-40. Nel 1531 perse la vista all'occhio destro. Sebbene non riuscisse a vedere con un occhio, continuò a lavorare fino al 1550 quando divenne completamente cieco. Benvenuto Tisi morì nel 1559 e venne sepolto a Ferrara nella basilica di Santa Maria in Vado nel loculo fattosi costruire già da qualche anno accanto a quello della moglie morta precedentemente. Nel 1829 le sue spoglie furono trasferite nel cimitero della Certosa di Ferrara dove nel 1841 gli sarà dedicato un monumento nella Cella degli Uomini Illustri, opera dello scultore Angelo Conti.