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PITTORI: Guillaume De Marcillat

Agostino vescovo fra due angeli

Agostino vescovo fra due angeli

 

 

GUILLAUME DE MARCILLAT

1477-1529

Monte San Savino, chiesa di Sant'Agostino

 

Agostino vescovo fra due angeli

 

 

 

Nella chiesa di Sant'Agostino a Monte San Savino si può ammirare una bella raffigurazione di sant'Agostino di G. De Marcillat. La chiesa di Sant'Agostino si affaccia sulla piazza di Monte San Savino dirimpetto al battistero di San Giovanni. Venne costruita nel Trecento dagli agostiniani in stile gotico-umbro. Vi prestò la sua opera il celebre Sansovino che nel 1525 addossò alla contro facciata della chiesa una cantoria in stile gotico. Di grande interesse è proprio la bella vetrata del rosone che è stata istoriata da G. de Marcillat con questa rappresentazione di Sant'Agostino. Il santo vi è stato raffigurato nelle sue vesti di vescovo e dottore della Chiesa: con la mano destra alzata mostra un gesto benedicente. Con la sinistra tiene stretto un libro, simbolo della sua sterminata produzione teologica e polemica al servizio della Chiesa. Due angeli, uno a destra e uno a sinistra, con il loro movimento riescono a dare vivacità all'intera scena. Uno regge il bastone pastorale, mentre l'altro offre ad Agostino un libro. Agostino porta in testa la mitra, lo sguardo è sereno e gioioso. Una folta barba bianca gli copre tutto il mento.

 

Guillaume De Marcillat: l'attività artistica

La vetrata che raffigura S. Agostino in cattedra affiancato da due Angeli che gli porgono il libro ed il pastorale si trova nella finestra della facciata della chiesa di S. Agostino a Monte San Savino (Arezzo). L'opera fu realizzata nel 1524, come testimoniano i documenti: allogata 1524; saldo pagamento 6/1/1525. La recente critica propone quale autore delle vetrata Maso Porro che realizzò l'opera su cartone di Guillaume de Marcillat. La realizzazione di tale vetrata si colloca cronologicamente a seguito del completamento della serie delle bifore per il Duomo di Arezzo che segnò il culmine dell'arte del Marcillat per la complessità degli spunti, dei contesti architettonici e del repertorio tecnico espresso. L'occhio per la chiesa di S. Francesco sempre in Arezzo segna invece l'inizio dell'ultima parte dell'attività nota del Maestro che appare al contrario caratterizzata dal ritorno ad un maggior equilibrio compositivo, a quel "classicismo" cioè, che aveva contraddistinto la prima fase della carriera italiana dell'artista nelle sue opere romane e cortonesi, comprese quelle eseguite a Cortona per Arezzo fino al 1517. Pur non dimenticando i modelli michelangioleschi, lo studio della linea costruttiva e dello scorcio, la suggestione degli effetti di preziosismo dati dalla varietà coloristica delle grisaglie, dall'uso del giallo d'argento e dei vetri placcati ed incisi, in quest'ultima fase di attività, il Maestro sembra sfrondare le composizioni dall'eccesso di "manierismo", tornando a schemi più semplici e meno movimentati, ad inquadramenti architettonici più sobri, a figure più statiche e monumentali e ad una riduzione della ricerca dell'effetto virtuosistico ed illusionistico dei dettagli dell'ambientazione e dell'abbigliamento delle figure. Rimangono tuttavia in questa vetrata molti legami col passato: ad esempio la scelta degli accostamenti coloristici basata sul contrasto tra blu, rosso e viola può essere considerata tradizionale per il Maestro fin dalle opere cortonesi del 1516, così come il gusto per la simulazione delle varie qualità dei marmi dell'inquadramento architettonico è un elemento che risulta tra i più ricorrenti nelle vetrate aretine; la stessa nicchia a conchiglia che inquadra la figura di S. Agostino sembra una versione ridotta dell'abside che compare nel prospetto della vetrata con Cristo e l'Adultera, così come le colonne tuscaniche con capitelli dorati erano presenti sempre nel Cristo e l'Adultera e nell'occhio di S. Francesco con Onorio III e S. Francesco. Anche il fregio antichizzante realizzato in giallo d'argento che corre sulla trabeazione ha i suoi punti di assonanza con i decori architettonici delle vetrate della Cattedrale aretina, ma soprattutto con le cornici a monocromo di alcune vetrate eseguite dal Maestro per la chiesa della SS. Annunziata sempre in Arezzo. Studi recenti tuttavia hanno proposto quale autore Maso Porro da Cortona, uno degli allievi dell'Artista, probabilmente operante su cartone o su progetto del Maestro. Secondo questa analisi il S. Agostino sembra possedere maggior dignità e nel movimento e nell'espressione ispirata del volto, tuttavia sono rilevabili manchevolezze nella costruzione anatomica, associata a una certa sciattezza nella fattura e alla presenza di alcuni dettagli rifiniti alquanto grossolanamente. Del resto già il Vasari non aveva espresso un parere lusinghiero sul Porro scrivendo "… valse più nel commetterle [le vetrate] e nel cuocere i vetri, che nel dipignerle ...". Oltre alla valutazione critica, anche un altro fattore avvalorerebbe l'ipotesi attributiva: nei libri mastri della bottega del Marcillat, che riportano tutti i dati delle commesse, dei pagamenti, dei rifornimenti etc., pur se allogata al Maestro, la vetrata viene poi detta "portata in conto" da Maso Porro al momento del pagamento.

 

Il santo viene frequentemente raffigurato nelle sue vesti di vescovo e di Dottore della Chiesa. Spesso Agostino è associato ad altri santi e soprattutto agli altri tre Dottori Gerolamo, Ambrogio e San Gregorio Magno. Con questi ultimi fu praticamente raffigurato in tutte le chiese cristiane d'Occidente sui piloni o sulle volte del presbiterio e della navata centrale. Appare vestito sia da vescovo che da monaco che da canonico; talvolta ha una chiesa in mano, altre volte un libro, una penna o un cuore. Il significato di questo tema iconografico è chiarissimo: Agostino è stato uno dei vescovi che ha maggiormente difeso la Chiesa in tutti i suoi scritti e soprattutto con tutta la sua anima e il suo cuore.

 

 

8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.

8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.

8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.

8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.

8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.

8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.

POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6