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PITTORI: Panetti Domenico

Sant'Agostino vescovo con sant'Onofrio anacoreta e Nicola da Tolentino

Agostino vescovo con sant'Onofrio anacoreta

e san Nicola da Tolentino

 

 

PANETTI DOMENICO

1505-1510

Bergamo, Accademia di Carrara

 

Sant'Agostino vescovo con sant'Onofrio anacoreta e Nicola da Tolentino

 

 

 

L'opera di Panetti si trova all'Accademia di Bergamo e raffigura tre santi: in primo piano san Nicola da Tolentino, che indossa la cocolla nera agostiniana e che è ben riconoscibile per per il sole raggiato che gli splende sul petto; sant'Onofrio e sant'Agostino. Nicola con la sinistra regge un libro chiuso, mentre con la destra tiene un crocifisso a cui rivolge uno sguardo intenso ed estatico. Al suo fianco si staglia l'imponente figura di sant'Onofrio, una vera rarità nell'iconografia agostiniana.

Questo santo (egiziano) introdusse nell'agiografia il mito del buon selvaggio. Lontano dagli uomini, lontano dal mondo, rappresenta l'eremita cristiano che si può spogliare dei suoi indumenti, ultime vestigia della civiltà. Sarà ricoperto solo dei suoi peli e costituisce forse il tentativo di ritrovare l'innocenza perduta di Adamo. Sullo sfondo si scorge la pacata e serena faccia di Sant'Agostino che veglia sulla scena. Di Panetti, un autore cinquecentesco si conosce anche una bella lunetta con il Compianto su Cristo morto.

 

La leggenda della vita di san Nicola rappresentata da un ignoto pittore giottesco detto Maestro della Cappella di San Nicola, narra come i suoi genitori, ormai anziani, si fossero recati a Bari su consiglio di un angelo in pellegrinaggio alla tomba di san Nicola di Mira, per avere la grazia di un figlio. Ritornati a Sant'Angelo ebbero il figlio desiderato e, ritenendo di aver ricevuto la grazia richiesta, lo chiamarono Nicola. Il giovane Nicola entrò nell'Ordine degli Eremitani di Sant'Agostino.

Fece la sua professione religiosa (voti solenni) a meno di diciannove anni. Nel 1269 fu ordinato sacerdote. Dopo la sua ordinazione, predicò soprattutto a Tolentino, dove fu trasferito intorno al 1275. Nel convento di Sant'Agostino di Tolentino rimase fino alla sua morte nel 1305.

Celebri sin dal Medioevo sono i cosiddetti "panini miracolosi" di san Nicola, che servirono anche per la raccolta di farina da parte dei fedeli che si recavano al santuario e che dettero nome anche alla compagnia cerretana degli "affarinati", citata anche dal vescovo urbinate Teseo Pini nel suo Speculum Cerretanorum. Viene ricordato il 10 settembre.

La sua tomba, a Tolentino, è conservata con venerazione dai fedeli.

Il celebre santo marchigiano ha una propria amplissima iconografia, che ne trattano la vita e i miracoli. A Tolentino sorge la più bella e grande Basilica in suo onore. In diverse rappresentazioni Nicola viene raffigurato assieme ad Agostino, di cui fervente seguace sin dalla gioventù, quando indossò la tonaca nera degli agostiniani nel Trecento. Fu un asceta rigidissimo con se stesso e dolce e comprensivo con i poveri, i bisognosi e gli ammalati. Grande confessore, fu pieno di umana compassione per ogni tipo di miseria. L'incondizionata obbedienza, il distacco completo dai beni terreni, l'umiltà e la modestia furono costanti della sua vita.

Intorno a lui c'è sempre un'aura di prodigio, che comincia dalla nascita, avvenuta quando i genitori parevano destinati a non avere figli. Nel processo per la canonizzazione, aperto vent'anni dopo la sua morte, 371 testimoni verranno a parlare dei suoi moltissimi miracoli. Sappiamo inoltre che Nicola è anche un maestro di rigore ascetico, cioè di severità con sé stesso. Un insieme di elementi certo eccezionali, ma piuttosto staccati dal vivere comune della gente, incapace di miracoli e non ghiottissima di penitenza. Invece Nicola - a dispetto delle controindicazioni - è un santo sempre popolarissimo proprio tra la gente comune, di secolo in secolo: è l'amico dei giorni feriali, che viene in casa portando la festa.