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PITTORI: Pellegrino Pellegrini Tibaldi

Disputa di Agostino con Ambrogio

Disputa di Agostino con Ambrogio

 

 

PELLEGRINO PELLEGRINI TIBALDI

1588-1595

Madrid, Biblioteca Reale del palazzo de l'Escorial

 

Disputa di Agostino con Ambrogio

 

 

 

 

L'opera di Pellegrino Pellegrini Tibaldi (morto nel 1956) è conservato presso la Biblioteca Reale del palazzo de l'Escorial nelle vicinanze di Madrid. La scena si riferisce a un episodio famoso trattato varie volte nella iconografia del tardo medioevo: Agostino disputa con sant'Ambrogio sui temi teologici: a sinistra Ambrogio gesticola ampiamente articolando le sue ragioni. E' vestito da vescovo ed ha un viso giovanile: a destra altrettanto si agita Agostino che indossa una tunica arancione. Il suo viso è d'aspetto giovanile con una folta barba.

Monica in ginocchio ha le mani giunte in preghiera. Se ne sta in mezzo inginocchiata quasi a supplicarli di interrompere la disputa. Un cartiglio nel mezzo del quadro spiega il tema dell'opera: è l'invito a liberarsi dai lacci della logica umana che Agostino aveva fatta propria nel soggiorno a Milano. L'episodio vuole porre l'accento sulla errata dottrina che Agostino professava e in primo luogo il manicheismo che aveva appreso da giovane e che lo aveva aiutato, grazie ai favori di potenti, ad arrivare fino alla corte imperiale di Milano per insegnarvi retorica.

 

Pellegrino Tibaldi detto il Pellegrini nasce a Puria di Valsolda nel 1527 e muore a Milano nel 1596. Fu architetto e pittore e affinò a Bologna la propria formazione culturale, sia come pittore, alla scuola del Bagnacavallo, sia come architetto, in un ambiente che risente delle novità portate al nord da Giulio Romano e da Sebastiano Serlio. Fondamentale per lui, dal 1547 al 1549, è il soggiorno romano che lo pone in contatto con l'opera di Michelangelo e di alcuni dei manieristi, in primo luogo Perin del Vaga, i cui frutti sono evidenti nelle prime opere, come la decorazione dell'appartamento di Paolo III a Castel Sant'Angelo.

Una versione particolare del michelangiolismo, in parte venata di grottesca ironia, caratterizza le sue opere pittoriche eseguite subito dopo a Bologna: gli affreschi con storie di Ulisse in Palazzo Poggi (1549) e quelli, del 1555, della cappella Poggi in San Giacomo Maggiore: rappresentano una versione originalissima dei modelli michelangioleschi, di cui costituiscono una rielaborazione intellettualistica, ironica e giocosa (Giuliano Briganti parlava di "manierismo eroicomico"). Tibaldi viene ricordato anche come ingegnere militare ad Ancona e Ravenna. Non ancora del tutto chiarita è la sua attività del Tibaldi anteriore all'arrivo in Lombardia, dove operò poi per quasi tutta la vita. Decisivo per la sua affermazione fu l'incontro con Carlo Borromeo, grazie al cui appoggio l'artista ottenne importanti commissioni: a Pavia l'Almo Collegio Borromeo (1564); a Milano il cortile della Canonica degli Ordinari del Duomo (1565), la chiesa di San Fedele (1569), prototipo delle chiese lombarde della Contro Riforma, il tempietto ottagonale di S. Carlo al Lazzaretto (1576-1592) e la chiesa di S. Sebastiano (1577).

 

Vedendomi, non si tratteneva dal tesserne l'elogio e dal felicitarsi con me, che avevo una tal madre. Ignorava quale figlio aveva lei.

AGOSTINO, Confessioni 6, 2, 2