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PITTORI: Tibaldi Pellegrino

San Paolo e sant'Agostino con un angelo

San Paolo e sant'Agostino con un angelo

 

 

PELLEGRINO TIBALDI

1585-1590

Parigi, Museo del Louvre

 

San Paolo e sant'Agostino con un angelo

 

 

 

Questo bel disegno di Pellegrino Tibaldi si trova conservato nel Fondo dei Disegni e delle Miniature di Grande formato del Museo del Louvre. La scena raffigura un giovane san Paolo che imbraccia la spada con alle sue spalle la figura di sant'Agostino. Il santo ha un aspetto da vegliardo con una folta barba ed indossa i paramenti episcopali.

Ai loro piedi si può notare un angelo di piccole dimensioni. L'accoppiamento di Agostino con san Paolo non è inusuale poiché la figura e il pensiero paolino a Milano ebbero per Agostino un ruolo fondamentale nel processo di conoscenza e di approfondimento della teologia cristiana. Un incontro con sant'Ambrogio, procuratogli dalla madre, segnò un passo decisivo verso il battesimo: inoltre venne convinto da Monica a seguire il consiglio dell'apostolo Paolo, sulla castità perfetta. Fra gli effetti ci fu la dolorosa separazione dalla donna con cui conviveva, la quale secondo la legge romana, essendo di classe inferiore, era praticamente una concubina, rimandandola in Africa e tenendo presso di sé il figlio Adeodato.

A casa di un amico, Ponticiano gli aveva parlato della vita casta dei monaci e di sant'Antonio abate, dandogli anche il libro delle Lettere di San Paolo.

Ritornato a casa sua, Agostino disorientato si appartò nel giardino, dando sfogo ad un pianto angosciato e mentre piangeva, avvertì una voce che gli diceva "Tolle, lege, tolle, lege" (prendi e leggi), per cui aprì a caso il libro delle Lettere di S. Paolo e lesse un brano: "Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri" (Rom. 13, 13-14).

Dopo qualche settimana ancora d'insegnamento di retorica, Agostino lasciò tutto, ritirandosi insieme alla madre, il figlio ed alcuni amici, ad una trentina di km. da Milano, a Cassiciaco, in meditazione e in conversazioni filosofiche e spirituali; volle sempre presente la madre, perché partecipasse con le sue parole sapienti.

Quanto alla teologia agostiniana e ad alcuni temi trattati, l'influenza paolina è immediatamente percepibile. Sulla difficile questione dell'indagare le ragioni per cui Dio interviene a favore di alcuni e non di altri, perché noi non abbiamo titoli per criticare Dio, Agostino si rifà in proposito alle parole di Paolo di Tarso: «O uomo, chi sei tu per disputare con Dio? Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: "Perché mi hai fatto così?". Forse il vasaio non è padrone dell'argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare?».

Parafrasando San Paolo, Agostino affermava anche che l'uomo può raggiungere la Verità, ma non la può possedere, poiché sarebbe possedere Dio; piuttosto, l'uomo ne viene posseduto.

Distinguendo la volontà di fare il bene dalla capacità effettiva di realizzarlo, Agostino si rifà ancora alle parole di Paolo di Tarso: «C'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; io infatti non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me» (Paolo, Lettera ai Romani, VII, 18-20).

 

 

 

Pellegrino Tibaldi

Pellegrino Tibaldi nasce a Puria di Valsolda verso il 1527. La sua formazione è poco conosciuta, per quanto i suoi primi lavori indichino una certa vicinanza alla pittura bolognese, probabilmente alla scuola del Bagnacavallo e Innocenzo da Imola, in un ambiente che risente delle novità portate da Giulio Romano e da Sebastiano Serlio. A Bologna del resto lavora nel 1549 al Palazzo Paselli. Trasferitosi a Roma frequenta il circolo di artisti che gravita intorno a Michelangelo e a Perin del Vaga. A Roma riceve diversi incarichi per affreschi sacri e profani, ma nel 1552 ritorna a Bologna chiamato dal Cardinale Poggi, che gli ha richiesto la decorazione di due sale del suo Palazzo con scene della storia di Ulisse. Nel 1558 lascia Bologna per stabilirsi a Loreto, dove realizza una delle cappelle del coro. Soggiorna a lungo ad Ancona, dove lavora come ingegnere militare e pittore. Nel 1563 Tibaldi si trova a Ferrara, dove incontra Vasari e l'anno seguente si sposta a Milano dove inizia a lavorare prevalentemente come architetto e come pittore per il cardinale Carlo Borromeo. Grazie al suo appoggio Tibaldi ottenne importanti commissioni a Pavia (Collegio Borromeo nel 1564), a Milano (il cortile della Canonica degli Ordinari del Duomo nel 1565, la chiesa di San Fedele nel 1569), il tempietto ottagonale di San Carlo al Lazzaretto nel 1576-1592, la chiesa di S. Sebastiano nel 1577). Nel 1576 gli vengono affidati i lavori del Duomo in cui dimostra tutta la propria competenza. Nel 1585 viene convocato da Filippo II in Spagna, dove si reca nel 1587. Alla corte spagnola dirige i lavori per la decorazione del chiostro e della biblioteca dell’Escorial. Il re soddisfatto del lavoro lo nomina Marchese di Valsolda. Nel 1596 ritorna a Milano dove muore forse per la fatiche del viaggio.

Pellegrino Tibaldi è uno degli artisti più significativi della seconda metà del Cinquecento e può essere considerato l'erede di Michelangelo. Non meno importanti sono le sue opere in campo architettonico.