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PITTORI: Cipriano Valorsa

S. Agostino: chiesa di Agneda

S. Agostino: chiesa di Agneda

 

 

CIPRIANO VALORSA

1592

Chiesa di S. Agostino, Agneda

 

 

La Vergine, Agostino e sant'Antonio abate

 

 

 

Di piccole dimensioni, la tela del pittore Cipriano Valorsa è conservata in un'ancona in legno intagliato collocata sulla parete dietro l'altare della chiesa di sant'Agostino ad Agneda (Piateda).

Il quadro ha per soggetto una Madonna in trono, che regge in braccio il Bambino Gesù, con due angioletti che la incoronano ed è affiancata dal dottore della Chiesa S. Agostino a destra e da S. Antonio Abate a sinistra. Alla base dell'ancona in cui la tela è inserita è ancora ben leggibile una scritta con la firma e la data del Valorsa (1592). Dalla stessa scrittura si ricava che l'opera fu realizzata per un certo "Mafeo del Tamo".

La datazione consente di affermare che si tratta di una delle ultime opere del Valorsa, dipinta, come è stato sottolineato in un suo studio dalla dottoressa Coppa, per un affezionato committente dell'artista.

Probabilmente si tratta dello stesso Maffeo per cui il Valorsa aveva lavorato già trent'anni prima a Chiuro nel portico dei Disciplini.

S. Agostino: chiesa di Agneda

S. Agostino: chiesa di Agneda

La Coppa conclude che la pala di Agneda è una sorta di emblematico résumé delle tendenze arcaicizzanti del Valorsa, probabilmente per una consapevole scelta espressiva e non per un ritardo culturale. Il gruppo della Madonna col bambino rispecchia con evidente parallelismo la struttura dell'affresco sulla facciata dell'oratorio di Vione e dell'edicola di Boalzo: i personaggi sono raffigurati nella medesima posizione e Maria è anche qui una giovane donna dal volto tondo. I lineamenti della Vergine sono piuttosto marcati ma non denotano un'espressione particolarmente intensa. I baldacchini concentrici, molto simili a quelli di Boalzo e presenti in tante composizioni del nostro, ricordano gli affreschi di Fermo Stella nella chiesa di S. Lorenzo di Teglio (1528) e nel portico dell'oratorio di Poggiridenti.

Nella composizione realizzata da Valorsa Agostino è stato sfarzosamente abbigliato: in effetti ne viene sottolineato l'elevato grado nella scala gerarchica attraverso i numerosi anelli e il colore rosso di copricapo, mantello, fascia, guanti. In abito scuro e ben più dimesso appare S. Antonio, raffigurato con i suoi simboli tradizionali: bastone a forma di tau, campanello e maialino.

Valorsa fu artista longevo e fecondo che lavorò per oltre un cinquantennio. Le numerose decorazioni - prevalentemente a fresco - che ornano molte chiese della media e alta Valtellina e talune facciate e antiche case, unitamente alle immagini devozionali che compaiono in alcune cappelle, attestano che questo pittore fu molto richiesto in valle, ricevendo continue commissioni di lavoro prevalentemente da parte di confraternite o di comunità parrocchiali.

Nonostante che la critica moderna abbia ridimensionato il valore, la portata della sua produzione pittorica e la personalità artistica del nostro, egli ebbe un enorme successo presso la committenza. Operò dunque in diversi cantieri dislocati da un capo all'altro della valle e questo rende sicuramente ipotizzabile la presenza di aiuti di bottega che gli avrebbero consentito di assolvere a tutte le commesse ricevute e a cui potrebbero essere imputati i frequenti scarti stilistici riscontrabili sia tra un ciclo e l'altro sia nell'ambito della medesima opera.

 

Un certo giorno ecco viene a trovarci, Alipio e me, né ricordo per quale motivo era assente Nebridio, un certo Ponticiano, nostro compatriota in quanto africano, che ricopriva una carica cospicua a palazzo. Ignoro cosa volesse da noi. Ci sedemmo per conversare e casualmente notò sopra un tavolo da gioco che ci stava davanti un libro. Lo prese, l'aprì e con sua grande meraviglia vi trovò le lettere dell'apostolo Paolo, mentre aveva immaginato fosse una delle opere che mi consumavo a spiegare in scuola. Allora mi guardò sorridendo e si congratulò con me, dicendosi sorpreso di aver improvvisamente scoperto davanti ai miei occhi quel testo e quello solo. Dirò che era cristiano e battezzato; spesso si prosternava in chiesa davanti a te, Dio nostro, pregandoti con insistenza e a lungo. Io gli spiegai che riservavo la massima attenzione a quegli scritti, e così si avviò il discorso. Ci raccontò la storia di Antonio, un monaco egiziano, il cui nome brillava in chiara luce fra i tuoi servi, mentre per noi fino ad allora era oscuro. Quando se ne avvide, si dilungò nel racconto, istruendoci sopra un personaggio tanto ragguardevole a noi ignoto e manifestando la sua meraviglia, appunto, per la nostra ignoranza. Anche noi eravamo stupefatti all'udire le tue meraviglie 68 potentemente attestate in epoca così recente, quasi ai nostri giorni, e operate nella vera fede della Chiesa cattolica. Tutti eravamo meravigliati: noi, per quanto erano grandi, lui per non essere giunte al nostro orecchio.

AGOSTINO, Confessioni, 6, 14