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PITTORI: John Alan

Estasi di Ostia: particolare dei volti di Agostino e Monica

Estasi di Ostia: particolare dei volti di Agostino e Monica

 

 

ALAN JOHN

1968

Tucson, cattedrale di sant'Agostino

 

Estasi di Ostia

 

 

 

La vetrata fu realizzata per raffigurare l'episodio dell'estasi Ostia che Agostino narra nel IX libro delle Confessioni. La struttura della vetrata segue l'interpretazione che ne diede Ary Scheffer, nel suo celebre dipinto.

Nell'ambito del primo progetto di restauro della chiesa i lavori di ristrutturazione procedettero sotto la guida di John Alan, artista di Phoenix e ambientalista storico. All'interno della cattedrale sono state apportate decine di migliorie. Tutte le opere d'arte in vetro colorato sono state rinnovate. I livelli superiori delle vetrate omaggiano gli apostoli e i primi 4 vescovi di Tucson. Il livello inferiore di vetrate narra la storia di sant'Agostino. In questa serie troviamo questa scena che è dominata dalle figure di Monica ed Agostino, mentre sullo sfondo si nota la presenza di un porto con il mare al cui limite si intravede un faro. Il balcone, dove si trovano Agostino e Monica, introduce a una spettacolare scenografia densa di colori vivaci con una barca a vela in primo piano. La scena è focalizzata principalmente sui due personaggi Monica ed Agostino. Monica tiene fra le mani la mano sinistra di Agostino e volge lo sguardo verso l'alto nella sua ricerca di raggiungere l'eterna beatitudine. Agostino, seduto al suo fianco, con il braccio destro appoggiato ad una gamba, volge lo sguardo verso l'alto silenzioso e premuroso, quasi seguendo e accompagnando il suo percorso spirituale.

Entrambi portano in testa il nimbo dei santi ed entrambi hanno un volto decisamente giovanile, quasi fossero trasfigurati.

 

L'episodio è narrato da Agostino in alcune delle pagine più belle delle Confessioni dedicate al commosso ricordo della madre Monica. L'esperienza mistica che viene narrata ebbe luogo tra i due a Ostia Tiberina nel 387, a breve distanza dal battesimo di Agostino e pochi giorni prima dell'ultima malattia di Monica. Risalendo di contemplazione in contemplazione dalle cose create alla divina Sapienza creatrice, madre e figlio pregustano la gioia del paradiso. Nel viaggio di ritorno da Milano dopo il 387 Agostino e Monica soggiornarono a Ostia in attesa di potersi imbarcare per l'Africa. In questa città Monica trovò la morte, ma prima di morire Agostino ricorda un fatto curioso che li vide protagonisti: un'estasi platonica.

 

10.23. Incombeva il giorno in cui doveva uscire da questa vita - e tu lo conoscevi quel giorno, noi no. Accadde allora per una tua misteriosa intenzione, credo, che ci trovassimo soli io e lei, affacciati a una finestra che dava sul giardino interno della casa che ci ospitava, là nei pressi di Ostia Tiberina, dove c'eravamo appartati lontano da ogni trambusto, per riposarci della fatica di un lungo viaggio e prepararci alla navigazione. Conversavamo dunque assai dolcemente noi due soli, e dimentichi del passato, protesi verso quello che ci era davanti ragionavamo fra noi, alla presenza della verità - vale a dire alla tua presenza. L'argomento era la vita eterna dei beati, la vita che occhio non vide e orecchio non udì, che non affiorò mai al cuore dell'uomo. Noi eravamo protesi con la bocca del cuore spalancata all'altissimo flusso della tua sorgente, la sorgente della vita che è in te, per esserne irrigati nel limite della nostra capacità, comunque riuscissimo a concepire una così enorme cosa.

- 24. E il nostro ragionamento ci portava a questa conclusione: che la gioia dei sensi e del corpo, per quanto vivida sia in tutto lo splendore della luce visibile, di fronte alla festa di quella vita non solo non reggesse il confronto, ma non paresse neppur degna d'esser menzionata. Allora in un impeto più appassionato ci sollevammo verso l'Essere stesso attraversando di grado in grado tutto il mondo dei corpi e il cielo stesso con le luci del sole e della luna e delle stelle sopra la terra. E ascendevamo ancora entro noi stessi ragionando e discorrendo e ammirando le tue opere, e arrivammo così alle nostre menti e passammo oltre, per raggiungere infine quel paese della ricchezza inesauribile dove in eterno tu pascoli Israele sui prati della verità. Là è vita la sapienza per cui sono fatte tutte le cose, quelle di ora, del passato e del futuro - la sapienza che pure non si fa, ma è: così come era e così sarà sempre. Anzi l'essere stato e l'essere venturo non sono in lei, ma solo l'essere, dato che è eterna: infatti essere stato ed essere venturo non sono eterni. Mentre così parliamo, assetati di lei, eccola... in un lampo del cuore, un barbaglio di lei. E già era tempo di sospirare e abbandonare lì le primizie dello spirito e far ritorno allo strepito della nostra bocca, dove la parola comincia e finisce. E cosa c'è di simile alla tua Parola, al Signore nostro, che perdura in se stessa senza diventare vecchia e rinnova ogni cosa?

- 25. "Se calasse il silenzio, in un uomo, sopra le insurrezioni della carne, silenzio sulle fantasticherie della terra e dell'acqua e dell'aria, silenzio dei sogni e delle rivelazioni della fantasia, di ogni linguaggio e di ogni segno, silenzio assoluto di ogni cosa che si produce per svanire" - così ragionavamo - "perché ad ascoltarle, tutte queste cose dicono: 'Non ci siamo fatte da sole, ma ci ha fatte chi permane in eterno'; se detto questo dunque drizzassero le orecchie verso il loro autore, e facessero silenzio, e lui stesso parlasse non più per bocca loro, ma per sé: e noi udissimo la sua parola senza l'aiuto di lingue di carne o di voci d'angelo o di tuono o d'enigma e di similitudine, no, ma lui stesso, lui che amiamo in tutte queste cose potessimo udire, senza di loro, come or ora con un pensiero proteso e furtivo noi abbiamo sfiorato la sapienza eterna immobile sopra ogni cosa: se questo contatto perdurasse e la vista fosse sgombrata di tutte le altre visioni di genere inferiore e questa sola rapisse e assorbisse e sprofondasse nell'intima beatitudine il suo spettatore, e tale fosse la vita eterna quale è stato quell'attimo di intelligenza per cui stavamo sospirando: non sarebbe finalmente questa la ventura racchiusa in quell'invito, entra nella gioia del tuo signore? E quando? Forse quando tutti risorgeremo, ma non tutti saremo mutati ?"

AGOSTINO, Confessioni, 9, 10, 23-25

 

 

Con lo svilupparsi della influenza spagnola sul territorio giunsero i primi sacerdoti missionari. La originaria Cappella del Presidio Reale di San Agustin a Tucson faceva parte della fortezza spagnola costruita nel 1776. Accanto alla cappella venne costruito un convento. Nel 1860, il vescovo di Santa Fe, New Mexico incaricò il reverendo Joseph Machebeuf di fare un sopralluogo per conoscere la condizione della chiesa. Fr. Machebeuf con l'aiuto dei fedeli ristrutturò l'edificio che gradualmente ha assunto l'aspetto di una chiesa. Il lavori iniziarono nel 1866. In due anni la chiesa venne completata. Nello stesso anno la Santa Sede promosse questo territorio dell'Arizona a Vicariato Apostolico nominando Mons. Jean B. Salpointe, Vicario Apostolico della zona. Nel 1966 venne avviato il restauro che fu completato nel 1968. Al suo interno sono conservate opere d'arte di grande valore. Il grande crocifisso fu portato da Pamplona in Spagna e risale al XII-XIII secolo. Ricordiamo anche le vetrate di San Francesco d'Assisi e di S. Agostino con sua madre, Santa Monica. Come si entra nella cattedrale l'attenzione è attirata dalla statua del Cristo Risorto appeso al muro. La statua è stata scolpita in Spagna, dono speciale alla Cattedrale, e venne installata nel 1981. La statua è alta circa 17 metri e pesa due tonnellate. A sinistra dell'altare maggiore c'è una cappella del Santissimo Sacramento. A destra dell'altare maggiore esiste un'altra cappella in onore di Nostra Signora di Guadalupe. "La Virgen", come viene chiamata con grande devozione, è molto venerata, soprattutto in Messico. "La Virgen" fu onorata dai soldati di stanza nel Presidio del Forte di Tucson. Durante questo periodo si invocavano due santi patroni: "La Virgen" dai soldati che andavano a combattere contro gli Apache, e S. Agostino dal resto della popolazione. Prima di ogni battaglia, i soldati in breve corteo, trasportavano l'immagine della "Virgen".