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PITTORI: Pietro Gagliardi

Ambrogio vescovo e Dottore della Chiesa

Ambrogio vescovo e Dottore della Chiesa

 

 

PIETRO GAGLIARDI

1854-1868

Roma, chiesa di sant'Agostino

 

Agostino vescovo e Dottore della Chiesa sconfigge le eresie

 

 

 

La navata centrale della chiesa è dominata completamente dagli affreschi di Pietro Gagliardi (1809-1890), un pittore romano molto noto nell'ambito artistico romano della sua epoca. Gli affreschi si svolgono lungo le pareti laterali al di sopra degli archi e riproducono episodi tratti dalla vita della Vergine. Nelle lunette degli archi, tra le finestre con arco a tutto sesto, Gagliardi dipinse le figure di donne celebri del Vecchio testamento, le cui vicende più note sono riprese nella volta della navata centrale, che ha al centro due grandi tondi con Abramo e David.

Gagliardi ebbe l'ingrato compito di completare la decorazione dei Profeti sui pilastri della navata centrale, decorazione iniziata da Raffaello con il ben noto Isaia.

La decorazione si estese anche alla cupola, sulla cui parte interna furono realizzate le figure del Redentore e degli Apostoli. Sui pennacchi troviamo i quattro evangelisti e sui pilastri di sostegno i quattro Dottori della Chiesa latina, fra cui Ambrogio assieme a sant'Alipio, san Simpliciano, san Prospero e san Feliciano. Tutto questo ciclo pittorico di Gagliardi è stato realizzato tra il 1854 e il 1868, quando furono dichiarati conclusi i lavori di restauro della chiesa e della sua decorazione.

Il sant'Agostino di Gagliardi propone una immagine iconografica consolidata, che vede il santo nelle sue vesti episcopali, Dottore della Chiesa, insigne teologo e pastore che sconfigge le eresie. Il santo a figura intera, schiaccia con un piede un eretico, mentre con la mano sinistra impugna una penna per scrivere sul libro che tiene con la mano sinistra. Il volto del santo esprime una rara forza persuasiva e una dignitosa superiorità della dottrina cattolica.

 

Di questa chiesa troviamo qualche notizia nel volume "Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX" di Mariano Armellini pubblicato dalla Tipografia Vaticana 1891: "In tutti gli antichi cataloghi delle chiese di Roma non ne comparisce alcuna dedicata al grande vescovo africano. La prima innalzata in Roma a questo santo fu nell'anno 1484, fatta edificare dal card. Guglielmo d'Estouteville nel luogo medesimo ove già sorgeva una cappella che portava il nome di s. Agostino, ma che non sembra più antica del secolo XIV. La facciata della chiesa è tutta in travertino, tolto dai massi caduti dall'anfiteatro Flavio detto il Colosseo. L'interno è a tre navi sorrette non da colonne ma da piloni. Sul terzo pilastro a sinistra, nella nave di mezzo, è il celebre affresco di Raffaello rappresentante Isaia. L'altar maggiore, ricchissimo di marmi, fu architettato dal Bernini e vi si venera una imagine della Vergine, portata da Costantinopoli poco dopo che cadde la città in mano di Maometto II. A destra della porta maggiore, ove anticamente era un altare eretto dalla famiglia Martelli, è la celebre statua della Vergine scolpita da Giacomo Tatti da Sansovino, veneratissima dal popolo romano; intorno alla cui provenienza i protestanti hanno insinuato malignamente una favola pagana neppur degna d'essere confutata. Bellissimo è il gruppo di s. Ana collocata Vergine e il Bambino, opera di Andrea Contucci da Monte Sansovino, celebrata dal Vasari, già in un pilastro in mezzo alla chiesa, ed ora nel secondo altare a sinistra: solevano i romani appiccarvi sonnetti e componimenti poetici; l'altare fu dotato di suppellettili dal tedesco Giovanni Coricio l'anno 1512. Nella cappella situata nel fondo, a sinistra, si venera il corpo di s. Monica riposto in un'urna di verde antico, che fu trasferito da Ostia nel 1483. La cappella del Crocifisso è anche storica, perchè spesso quivi si raccoglieva a preari s. Filippo Neri. Uomini illustri furono deposti in questa chiesa, tra i quali sono da notare Bartolomeo Marliani, celebre antiquario; Onofrio Panvinio, il grande agostiniano a cui Baronio volea cedere la penna perchè scrivesse gli annali; il card. Noris, Angelo Rocca letterato insigne, fondatore della libreria nell'annesso convento, che da lui prese il nome di Angelica; e finalmente ai tempi nostri qui fu sepolto Massimiliano Sarti, uno dei più poderosi e meravigliosi ingegni della repubblica letteraria nell'età nostra."

 

 

La famiglia di pittori dei Gagliardi

I Gagliardi pittori ricorrono frequentemente nelle pubblicazioni specializzate sulle chiese di Roma, città in cui un tempo i componenti di questa famiglia di artisti firmarono molte opere. Il primo che si incontra e che fu forse un lontano antenato di questa schiera di artisti romani, è un certo Bernardino Gagliardi nato nel 1609 a Città di Castello e morto a Perugia nel 1660. Nella chiesa di S. Marcello al Corso a Roma ci sono ancora due suoi affreschi dipinti nelle pareti laterali della cappella di S. Filippo e raffiguranti "Il Miracolo del Pane" e i "Funerali di S. Filippo Benizi". Il nome del pittore di questa "dinastia" di maggiore notorietà fu senza dubbio quello di Piero Gagliardi. Altri Gagliardi, pittori, negli anni a cavallo tra la prima e la seconda metà dell'Ottocento, dipinsero per varie chiese romana. Si tratta di Francesco e Giovanni nipoti di Pietro, che in quei tempi eseguirono molti quadri per le chiese. Di Francesco Gagliardi si hanno pochissime notizie: la sua firma insieme a quella del fratello Giovanni compare in una ricevuta di saldo rilasciata alla Signora Eulalia Moroni committente di quattro tempere eseguite per la chiesa di S. Lucia di Corneto Tarquinia, nel 1880. Mentre per l'altro fratello, Giovanni, si sa da un libro dei conti del Nobile Collegio Nazareno di Roma, che dipinse nella sua cappella alcune tempere di soggetto sacro e di squisita fattura. Pietro Gagliardi, nato a Roma nel 1809, si formò all'Accademia S. Luca, alla scuola neoclassica di Tommaso Minardi; fra le sue maggiori opere di soggetto religioso, sono da ricordare, tra le altre, una "Crocifissione" in S. Gerolamo degli Schiavoni in Roma, e molte ville e palazzi della nobiltà romana, che decorò con soggetti mitologici e storici. Una delle sue più pregevoli opere fu il dipinto a tempera del sipario del Teatro di Viterbo. Molti suoi dipinti, tra cui "I Funerali di Giulio Cesare", sono conservati nella Galleria d'Arte Moderna di Roma.