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PITTORI: Gagliardi Pietro

Battesimo di sant'Agostino

Battesimo di sant'Agostino a Milano

 

 

GAGLIARDI PIETRO

1887

Roma, chiesa di sant'Agostino

 

Battesimo di sant'Agostino

 

 

 

La scena riprodotta da Gagliardi raffigura un episodio famoso nella vita di Agostino, che esprime un momento cruciale nel suo percorso di fede. Si tratta del battesimo che il santo ricevette a Milano nella notte di Pasqua del 387 dalle mani del vescovo Ambrogio, dopo aver seguito i suoi corsi di preparazione durante il catecumenato. Al centro della scena si trova sant'Agostino inginocchiato davanti ad Ambrogio ritto in piedi che lo sta benedicendo versandogli l'acqua battesimale sul capo. Alcuni chierici e inservienti sullo sfondo intervengono reggendo gli strumenti sacri e la veste candida dei neobattezzati. A sinistra sono probabilmente raffigurati parenti ed amici di Agostino. A destra si intravede Monica in preghiera vestita da monaca agostiniana. La scena si svolge all'interno di una chiesa aperta verso il cielo, dove fra le nubi, esplode una intensa luce i cui raggi illuminano la scena.

Milano fu la tappa decisiva della conversione di Agostino. Qui ebbe l'opportunità di ascoltare i sermoni di Ambrogio che teneva regolarmente in cattedrale, ma se le sue parole si scolpivano nel cuore di Agostino, fu la frequentazione con un anziano sacerdote, san Simpliciano, che aveva preparato Ambrogio all'episcopato, a dargli l'ispirazione giusta; il quale con fine intuito lo indirizzò a leggere i neoplatonici, perché i loro scritti suggerivano "in tutti i modi l'idea di Dio e del suo Verbo". Un successivo incontro con sant'Ambrogio, procuratogli dalla madre, segnò un altro passo verso il battesimo; fu convinto da Monica a seguire il consiglio dell'apostolo Paolo, sulla castità perfetta, che lo convinse pure a lasciare la moglie, la quale secondo la legge romana, essendo di classe inferiore, era praticamente una concubina, rimandandola in Africa e tenendo presso di sé il figlio Adeodato (ci riesce difficile ai nostri tempi comprendere questi atteggiamenti, così usuali per allora).

A casa di un amico Ponticiano, questi gli aveva parlato della vita casta dei monaci e di sant'Antonio abate, dandogli anche il libro delle Lettere di san Paolo; ritornato a casa sua, Agostino disorientato si appartò nel giardino, dando sfogo ad un pianto angosciato e mentre piangeva, avvertì una voce che gli diceva "Tolle, lege, tolle, lege" (prendi e leggi), per cui aprì a caso il libro delle Lettere di san Paolo e lesse un brano: "Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri" (Rom. 13, 13-14).

Dopo qualche settimana ancora d'insegnamento di retorica, Agostino lasciò tutto, ritirandosi insieme alla madre, il figlio ed alcuni amici, ad una trentina di km. da Milano, a Cassiciaco, l'attuale Cassago Brianza, in meditazione e in conversazioni filosofiche e spirituali; volle sempre presente la madre, perché partecipasse con le sue parole sapienti.

Era venuta intanto la primavera; al principio della quaresima, Agostino ritornò dunque a Milano, con Alipio e Adeodato, per ottenere l'iscrizione tra i competentes, i catecumeni cioè ritenuti maturi che avrebbero ottenuto il battesimo per la Pasqua successiva. A Milano partecipò con il vescovo Ambrogio a una preparazione specifica al Battesimo, che Agostino seguì con il figlio Adeodato e l'amico Alipio. E nella notte sul 25 aprile 387, giorno di Pasqua, egli otteneva il lavacro rigeneratore, per mezzo di Ambrogio. Agostino ricevette il battesimo insieme all'amico Alipio che era stato convertito dalle prediche di S. Ambrogio, e ad Adeodato, figlio dello stesso Agostino, natogli mentre era ancora filosofo pagano. Allora S. Ambrogio secondo quello che lui stesso dice, gridò: Te Deum laudamus. S. Agostino seguitò: Te Dominum confitemur.

Si tratta di una leggenda tardiva che attribuisce ai due santi, uniti in questa circostanza solenne, la composizione del Te Deum, di cui ciascuno avrebbe cantato, improvvisandola, una strofa.

Non è che una leggenda dell'alto Medioevo, ma molto bella, e piena di significato.

 

Giunto il momento in cui dovevo dare il mio nome per il battesimo, lasciammo la campagna e facemmo ritorno a Milano. Alipio volle rinascere anch'egli in te con me. Era già rivestito dell'umiltà conveniente ai tuoi sacramenti e dominava così saldamente il proprio corpo, da calpestare il suolo italico ghiacciato a piedi nudi, il che richiede un coraggio non comune. Prendemmo con noi anche il giovane Adeodato, nato dalla mia carne e frutto del mio peccato. Tu l'avevi ben fatto. Era appena quindicenne e superava per intelligenza molti importanti e dotti personaggi.

AGOSTINO, Confessioni 9, 6, 14

 

 

La famiglia di pittori dei Gagliardi

I Gagliardi pittori ricorrono frequentemente nelle pubblicazioni specializzate sulle chiese di Roma, città in cui un tempo i componenti di questa famiglia di artisti firmarono molte opere. Il primo che si incontra e che fu forse un lontano antenato di questa schiera di artisti romani, è un certo Bernardino Gagliardi nato nel 1609 a Città di Castello e morto a Perugia nel 1660. Nella chiesa di S. Marcello al Corso a Roma ci sono ancora due suoi affreschi dipinti nelle pareti laterali della cappella di S. Filippo e raffiguranti "Il Miracolo del Pane" e i "Funerali di S. Filippo Benizi". Il nome del pittore di questa "dinastia" di maggiore notorietà fu senza dubbio quello di Piero Gagliardi. Altri Gagliardi, pittori, negli anni a cavallo tra la prima e la seconda metà dell'Ottocento, dipinsero per varie chiese romana. Si tratta di Francesco e Giovanni nipoti di Pietro, che in quei tempi eseguirono molti quadri per le chiese. Di Francesco Gagliardi si hanno pochissime notizie: la sua firma insieme a quella del fratello Giovanni compare in una ricevuta di saldo rilasciata alla Signora Eulalia Moroni committente di quattro tempere eseguite per la chiesa di S. Lucia di Corneto Tarquinia, nel 1880. Mentre per l'altro fratello, Giovanni, si sa da un libro dei conti del Nobile Collegio Nazareno di Roma, che dipinse nella sua cappella alcune tempere di soggetto sacro e di squisita fattura. Pietro Gagliardi, nato a Roma nel 1809, si formò all'Accademia S. Luca, alla scuola neoclassica di Tommaso Minardi; fra le sue maggiori opere di soggetto religioso, sono da ricordare, tra le altre, una "Crocifissione" in S. Gerolamo degli Schiavoni in Roma, e molte ville e palazzi della nobiltà romana, che decorò con soggetti mitologici e storici. Una delle sue più pregevoli opere fu il dipinto a tempera del sipario del Teatro di Viterbo. Molti suoi dipinti, tra cui "I Funerali di Giulio Cesare", sono conservati nella Galleria d'Arte Moderna di Roma.