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PITTORI: Beato Angelico

Gloria di san Domenico con Agostino e santi

Gloria di san Domenico con Agostino e santi

 

 

BEATO ANGELICO

1430-1440

Firenze, Museo di San Marco

 

Gloria di san Domenico con i Santi Barnaba, Pietro da Verona, Tommaso d'Aquino, beato Giovanni da Salerno e sant'Agostino

 

 

 

La miniatura con la Gloria di san Domenico con otto angeli; entro i clipei i Santi Barnaba, Pietro da Verona, Tommaso d'Aquino, beato Giovanni da Salerno e sant'Agostino si trova nel Graduale di San Domenico alla pagina 67v. Nella medesima pagina troviamo anche l'Incontro di san Francesco con san Domenico. L'autore della miniatura è il Beato Angelico che la realizzò con la tecnica della tempera a pennello.

Nel margine superiore del foglio, delimitato da una cornice fogliacea, si sviluppa in tutta la sua gloria la figura di san Domenico entro una mandorla dorata. Il santo viene portato in gloria da otto angeli musicanti: questo numero non è casuale, ma determina simbolicamente le beatitudini dato che Cristo nel Vangelo annuncia otto beatitudini. Domenico regge con una mano un libro aperto mentre con l'altra impugna un giglio, simbolo di castità. Entro i sei clipei sono le figure di santi particolarmente venerati dall'Ordine che su di essi ne fonda le basi teologiche. In capo alla lettera si scopre sant'Agostino, vestito come vescovo e Dottore della Chiesa con in mano un libro rosso chiuso, san Barnaba, san Pietro da Verona, san Tommaso d'Aquino e il beato Giovanni da Salerno.

Nel tondo del margine inferiore della lettera è raffigurato l'abbraccio fra san Francesco e san Domenico. In effetti i due fondatori degli Ordini dei predicanti, si incontrarono veramente a Roma nel 1206, giunti per far approvare il loro rispettivo Ordine da papa Onorio III. La presenza nella miniatura del beato Giovanni da Salerno è motivata dal fatto che fu il fondatore della chiesa di Santa Maria Novella in Firenze. Questa chiesa apparteneva all'Ordine domenicano. Barnaba è il secondo contitolare della chiesa di San Domenico a Fiesole. Questo titolo deriva dal ricordo del nobiluomo Barnaba degli Agli che lasciò al convento di San Domenico i fiorini necessari per il suo completamento. Nella miniatura sono presenti anche alcuni attributi iconografici del cane e della stella, che hanno evidenti riferimenti con la vita di Domenico. Secondo la tradizione il cane sarebbe stato visto in sogno dalla madre del santo come una profezia riguardo al figlio che avrebbe infiammato il mondo con la sua parola. La stella, invece, rappresenta il simbolo della sapienza.

 

 

Beato Angelico

Beato Angelico è il soprannome di fra Giovanni da Fiesole, al secolo Guido di Pietro nato a Vicchio, Firenze verso il 1400 ca. e morto a Roma nel 1455. Poco o nulla si sa della sua formazione. Partito dal gotico approdò efficacemente alle nuove idee del Rinascimento fiorentino, che volevano aprire nuovi orizzonti non solo all'arte ma anche all'animo umano. Prima della realizzazione degli affreschi del convento di San Marco a Firenze che avvenne tra il 1438-1446, l'Angelico esegue alcune opere considerate suoi capolavori: L'incoronazione che oggi si trova al Louvre, la Deposizione di Santa Trinità e il Trittico di Perugia, questi ultimi oggi al museo di San Marco. Nell'Incoronazione sono rappresentate una serie di figure inginocchiate davanti ad una scala, in cima alla quale avviene la rappresentazione dell'incoronazione, che danno profondità all'intera scena, alcune di queste figure sono poste di spalle e questo rappresenta una novità per la pittura del tempo dove prima di lui solo Masaccio, nel dipinto della Crocifissione, rappresenta la Maddalena posta di spalle. Nella Deposizione di Santa Trinità, nonostante la cornice ancora gotica egli realizza un paesaggio nel quale immette i suoi personaggi ordinati secondo una composizione studiata ed equilibrata. Sullo sfondo c'è la rappresentazione di una città entro le sue mura forse identificata con la città di Cortona. Nella predella del Trittico di Perugia del 1437, sono visibili alcune delle più belle scene rappresentate dall'artista come per esempio nella Nascita e Vocazione del Santo, nelle quali è evidente il gusto per il racconto fiabesco e fantastico. Tra il 1438 e il 1446 realizza gli affreschi per il convento di San Marco che aprono una nuova fase nello sviluppo del suo stile pittorico, caratterizzata da un maggiore austerità e un maggiore misticismo delle atmosfere nelle sue pitture, avvalendosi di composizioni semplificate, esemplare è la tavola rappresentante il Giudizio Universale. Tra gli affreschi del convento vi sono: Il Crocifisso la Trasfigurazione e San Domenico che si trova nel chiostro e la bellissima Annunciazione all'entrata del dormitorio. L'atmosfera che pervade questo celebre dipinto è serena, pacata, dolce, le figure dell'angelo e della Vergine sono ambientate in un porticato che richiama evidentemente quello del convento stesso, non aderendo però fino in fondo al realismo masaccesco, prediligendo la contemplazione divina piuttosto che la rappresentazione delle cose terrene. L'artista nel 1446 è a Roma dove per Papa Eugenio IV affresca una cappella in Vaticano che oggi è andata perduta, successivamente a Orvieto inizia la decorazione della cappella di San Brizio nel Duomo, ancora dopo verrà richiamato a Roma dove decora per Papa Niccolò V la cappella Niccolina raffigurando le Storie di Santo Stefano e San Lorenzo. Prima del 1449 esegue anche i dipinti per gli sportelli degli armadi della Santissima Annunziata che oggi si trovano al museo di San Marco. Il Beato Angelico morì a Roma nel 1455. L'arte dell'Angelico appare isolata rispetto alle mode fiorentine dell'epoca, proponendosi come una alternativa indirizzata alla cromaticità più che alla forma. Fu maestro nel creare figure monumentali e dotate di movimento. Beato Angelico cercò di saldare i nuovi principi rinascimentali, come la costruzione prospettica e l'attenzione alla figura umana, con i vecchi valori medievali, quali la funzione didattica dell'arte e il valore mistico della luce.