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PITTORI: Busca Giacomo

Sant'Agostino vescovo e altri santi

Sant'Agostino vescovo e altri santi

 

 

GIACOMO BUSCA

1449

Ardesio, Santuario della Beata Vergine, Cappella Centrale con la Stanza dei Santi della Casa di Marco Salera

 

Sant'Agostino vescovo e altri santi

 

 

 

La rappresentazione che Giacomo Busca realizzò nel 1449 dove compare anche un sant'Agostino vescovo, ha come tema centrale il Cristo crocifisso con la Madonna e santi. Si tratta di un affresco che ci presenta oltre a Gesù e la Madonna, anche i santi Giovanni Evangelista, sant'Agostino, san Giorgio, san Giovanni Battista (in figura), san Pietro, san Paolo e san Luca. La pittura si estende per cm 173x580 e si presenta ancora in un discreto stato di conservazione.

Dell'autore sappiamo che svolse la sua attività principalmente a Clusone e il suo stile appartiene alla scuola artistica lombarda del periodo. Lo stesso autore si firma anche con altri nomi di cui si conoscono le varianti: Burlonis Giacomo; Turlonis Giacomo; Borlone Jacopo; Borlone de Buschis Giacomo; De Buschis Giacomo Borlone; Buschis Giacomo Borlone; Busca Giacomo.

Interessante è anche la collocazione dell'affresco la cui stesura iniziale è stata inglobata nel santuario della beata Vergine di Ardesio.

In origine si trovava in una stanza d'abitazione, oggi chiamata Stanza dei Santi della Casa di Marco Salera, dove nel 1449 un Sacerdote ordinò a Giacomo Busca di Clusone la raffigurazione di Gesù in croce, con a lato la Madonna, san Giovanni Battista, san Giorgio, patrono della Parrocchia e sant'Agostino dottore, dall'altro santa Maria Maddalena, san Pietro, san Paolo e san Giovanni Apostolo. Il capofamiglia Marco Salera aveva per moglie Maddalena e due figlie Maria e Caterina, rispettivamente di 11 e 7 anni. Probabilmente si trattava di una famiglia medio benestante. La loro vita cambiò radicalmente la sera di venerdì 23 giugno quando si scatenò un furioso temporale che prometteva di distruggere ogni coltivazione. La signora Maddalena chiamò le due figlie e le mandò nella stanza dipinta dal Busca a pregare per scongiurata la la tempesta. Mentre pregavano le bambine videro ai piedi del Crocifisso uno splendore con accanto un trono d'oro dove era seduta la Vergine Maria con in braccio Gesù Bambino. La Vergine non si mostrò più ma alla apparizione seguirono fenomeni inspiegabili per tutta l'estate del 1607. La notizia si propagò per il contado attirando una gran folla di pellegrini e curiosi. Il Parroco di Ardesio, don Giacomo Gaffuri, scrisse una relazione alla Curia di Bergamo e la inviò al Vicario Generale della diocesi Mons. Giacomo Carrara. Questi ordinò di chiudere la stanza e vietarne l'ingresso. Poichè i fatti prodigiosi continuavano il Parroco sollecitò il Vicario sul da farsi. Mons. Carrara il 25 agosto 1607 inviò sul posto l'Arciprete di Clusone, don Decio Berlendis, per prendere informazioni e istruire un processo. Visitata la casa di Marco Salera vi costituì il tribunale canonico composto, oltre che da lui e dal parroco, dal pubblico Notaio Marco Maria Gaffuri ed altre stimate persone come giurati. Furono interrogati diciannove testimoni che testimoniarono sulla autenticità della Apparizione. Accertati i fatti, il Vicario Generale fece coprire con un velo le Sacre Immagini e permise il libero accesso alla stanza. Contemporaneamente in paese cominciarono a verificarsi guarigioni improvvise e inspiegabili. Furono ascoltati a questo proposito altri diciotto testimoni del paese e cinque di Songavazzo. Letta la relazione, Mons. Carrara si recò personalmente ad Ardesio per un sopraluogo personale. Vi giunse l'11 novembre e, interrogati nuovamente i testimoni, permise che si costruisse un Santuario con il titolo di Madonna delle Grazie.

Nel suo presbiterio venne collocata la stanza dei Santi con il grande affresco dell'Apparizione. Venne conservata la parete di fondo ovest e gli affreschi vennero incorniciati da una grande ancona in legno scolpito, dorato e dipinto, suddivisa in quattro scomparti. In alto sempre in legno scolpito dorato e dipinto, vennero realizzate in rilievo cartelle raffiguranti la Visitazione, lo Sposalizio e la fuga in Egitto.

 

 

Borloni Giacomo

Pittore bergamasco, nativo di Albino ("de Albegno" o Albenio), che il 29 genn. 1487 risulta già morto da un registro del convento delle monache di S. Grata a Bergamo. L'attività pittorica di un Giacomo Borlone è documentata nei registri della confraternita dei battuti di Clusone, per lavori eseguiti negli anni 1462, 1464, 1470, 1471 e 1478. Nell'oratorio della stessa confraternita, intitolato a S. Bernardino, poco sopra le imposte dell'arco trionfale, sotto il grande affresco con la Crocefissione, è visibile una iscrizione: "1471/ (IA)CHOB PINXIT".

Borlone è una tipica figura di artista provinciale lombardo che, pur operando nel terzo quarto del Quattrocento, attinge ancora largamente allo stile tradizionale gotico e mostra di non conoscere l'arte rinascimentale, se non attraverso citazioni esteriori tradotte in una visione neogotica e favolosa, il cui carattere cromatico e ornato si afferma specialmente nella narrativa. Questo autore si trova su un piano analogo a quello del bresciano Giovanni Pietro da Cemmo, del quale ricorda specialmente gli affreschi giovanili.