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PITTORI: Michele di Matteo

Sant'Agostino

Sant'Agostino

 

 

MICHELE DI MATTEO

1435

Lucerna, Asta Fischer vendita Erbach, 6-7 settembre 1932

 

Sant'Agostino

 

 

 

La tavola è un elemento d'insieme di un'opera di ben più ampie dimensioni. L'antina che raffigura sant'Agostino vescovo è stata presentata a Lucerna all'Asta Fischer nella vendita Erbach del 6-7 settembre 1932. In precedenza la tavola era conservata nella chiesa di S. Elena a Venezia.

Eretta sull'omonima isola, in antico ben distinta dal resto della città, la chiesa di sant'Elena sorge ora su un'estesa area bonificata nell'Ottocento. La prima cappella del complesso attuale venne dedicata a sant'Elena imperatrice e fu edificata nel 1028. La cappella venne affidata agli Agostiniani che vi costruirono accanto anche un convento. Nel 1211 giunse a Venezia da Costantinopoli il corpo dell'Imperatrice, Madre di Costantino il Grande grazie all'iniziativa del monaco agostiniano Aicardo. In seguito i monaci agostiniani inglobarono la cappella in una chiesa più grande. Nel XV secolo il convento e la chiesa passarono ai monaci Benedettini Olivetani e un secolo dopo, nel 1515, la chiesa fu consacrata dal vescovo di Aleppo e divenne un importante centro religioso, con vaste proprietà e notevoli opere d'arte.

Dopo la soppressione in età napoleonica, la chiesa venne riaperta al culto nel 1928 ed affidata all'Ordine dei Servi di Maria.

Agostino è qui raffigurato con semplicità come vescovo. In testa porta la mitra circondata da un nimbo da santo. Il piviale è quasi un mantello che cade dalle sue spalle lasciando ben in evidenza l'abito nero del saio dei monaci agostiniani. Questa consuetudine agiografica è tipica dell'Ordine agostiniano che così facendo voleva rimarcare la stretta dipendenza dell'Ordine dallo stesso Agostino quale suo fondatore.

Il santo regge fra le mani un libro chiuso. Il suo viso, piuttosto maturo nei lineamenti, ha uno sguardo spento, quasi estatico. Una folta barba biancastra gli copre le gote fino al petto.

 

 

 

Michele di Matteo da Bologna

La sua data di nascita è sconosciuta. In ogni caso fu attivo a Bologna nel Quattrocento. Noto anche come Michele de Calcina o della Fornace, presenta ancora oggi una personalità artistica non del tutto precisata. Dai rari documenti conservati soprattutto nell'Archivio di Stato di Bologna si desume che fu figlio di un non meglio precisato Matteo. La sua formazione maturò a Bologna in un orizzonte culturale ancora arcaicizzante e legato ai modi di Giovanni da Modena. Michele è documentato in questa città dal 1410, quando fu pagato per alcuni stendardi con le insegne dell'antipapa Alessandro V. Al suo repertorio potrebbe appartenere una significativa opera che risale al terzo decennio del Quattrocento: si tratta di un pannello con l'Incoronazione della Vergine, facente parte di un polittico ora smembrato, commissionatogli dalla corporazione dei calzolari di Bologna tra il 1421 e il 1426. A questo periodo risale anche una tavola con san Bartolomeo e l'imperatore Costantino conservata ai Musei civici di Pesaro.

Nel 1425 dipinse con la collaborazione dei pittori Ruggiero e Stefano, sia un fregio in affresco nel palazzo degli Anziani sia gli stemmi di papa Martino V e dei legati pontifici sulle porte di Bologna. A una fase successiva fanno riferimento la tavola con la Madonna dell'Umiltà (collezione Bordonaro a Palermo) e l'affresco con san Petronio (Museo di S. Stefano a Bologna), stilisticamente innovativi e vicini alla svolta veneziana, seguita da Michele in risposta agli stimoli della nuova tendenza del gotico fiorito che conobbe a Venezia durante il suo soggiorno sul finire del quarto decennio del Quattrocento.

A Venezia realizzò un polittico per la chiesa di S. Elena in Isola (ora conservato alle Gallerie dell'Accademia), per volere del bolognese fra Bernardo de' Schiappi. Il pannello centrale ospita una Madonna con Bambino, in cui la Vergine in trono adora il Figlio, sdraiato sulle sue ginocchia, mentre quattro angeli sono raggruppati intorno al trono in atto di venerazione; i pannelli laterali mostrano le figure a corpo intero di S. Lucia e S. Elena a sinistra, e di S. Maria Maddalena e S. Caterina sulla destra; sopra, al centro, è inserita la Crocifissione, ai lati di essa sono posizionati gli Evangelisti. La predella, composta di cinque pannelli, presenta scene di S. Elena che ritrova la Croce. L'opera è firmata in un listello nero sotto i piedi della figura di santa Caterina. Di ritorno a Bologna, venne nominato massaro della Società delle quattro arti nel 1437 e nel 1440 divenne «magister». A Siena nel 1447 eseguì, con la collaborazione di Giovanni di Paolo, la decorazione del catino absidale del battistero con le Storie della Passione e nel 1448 fu iscritto alla Compagnia di S. Giacomo di Bologna. Forse nel 1462 firmò e datò un altro polittico, destinato alla chiesa di S. Pietro a Bologna, dove dipinse la Pietà e santi secondo gli stilemi più propri di un repertorio tardogotico emiliano. La sua ultima opera nota è il trittico, probabilmente del 1469, con la Madonna col Bambino tra i santi Domenico e Francesco, che fu eseguito per la chiesa bolognese di S. Martino. Fu sposato con Lucia, figlia del pittore Jacopo di Paolo.