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PITTORI: Leandro Bassano

Madonna in trono con il Bambino e i santi Agostino, Monica, Nicola da Tolentino

Madonna in trono con il Bambino e i santi Agostino, Monica,

Nicola da Tolentino, Caterina d'Alessandria e altri santi

 

 

LEANDRO BASSANO

1600-1610

Bassano del Grappa, Pinacoteca Museo Civico

 

Madonna in trono con il Bambino e i santi Agostino, Monica, Nicola da Tolentino

 

 

 

Questa splendida tela che raffigura la Madonna in trono con il Bambino e santi, fra cui si riconoscono Agostino, Monica e Nicola da Tolentino risale agli inizi del Seicento ed è conservata a Bassano del Grappa, nella locale Pinacoteca del Museo Civico.

L'opera, un olio su tela di grandi dimensioni (326 x 172 cm) viene attribuita a Leandro da Ponte o Bassano, che la dipinse nella sua fase di maturità artistica. In origine il telero era situato sull'altare maggiore della chiesa di santa Caterina presso Bassano del Grappa. Sottoposta a restauri, l'opera presenta una struttura compositiva che prevede all'entrata di una chiesa, in posizione elevata, un baldacchino che ripara la Vergine con il Bambino. Sulla sinistra un'apertura apre l'orizzonte ad un paesaggio appena abbozzato, con un cielo segnato da nuvole e una fronda di un ramo d'albero. Cristo, trattenuto dalla Vergine, è fotografato nell'atto d'incoronare santa Caterina d'Alessandria. La santa indossa ricchi abiti, presenta una acconciatura elaborata ed è riconoscibile dalla ruota spezzata, simbolo del suo martirio, sulla quale posala mano sinistra.

Attorno compaiono diversi personaggi legati alla devozione agostiniana, così come Caterina patrona degli Studia agostiniani: una figura maschile con una corona in testa e una femminile dagli abiti monacali, identificabili l'uno come il beato francese Guglielmo di Malavalle e l'altra come Chiara da Montefalco. Guglielmo era un nobile cavaliere del Xll secolo, che si ritirò a vita eremitica a Malavalle presso Castiglion della Pescaia, le cui vicende biografiche si confondono con quelle di Guglielmo duca d'Aquitania. Chiara da Montefalco partecipa con molta attenzione alla scena, come indica la gestualità delle sue mani. Nel palmo della destra sembra che stia esibendo le tre sferette estratte dalla sua cistifellea ed allusive al mistero della Santissima Trinità.

Nella parte sottostante a sinistra si incontra la figura di santa Monica, con un crocifisso e con una mano portata al petto sopra un vestito da monaca agostiniana. A destra, in posizione simmetrica, si può notare san Lazzaro seminudo, con un manto che dalla spalla destra ricade sul braccio sinistro. Con una mano stringe il bastone, mentre leva al cielo l'altro braccio. Nella fascia inferiore del dipinto, a sinistra, il pittore ha raffigurato sant'Agostino, identificato dai suoi abituali attributi vescovili della mitria e del pastorale appoggiati a terra. Il santo, dall'aspetto senile e serioso, è stato ripreso nell'atto di consultare o di scrivere un codice.

Agostino, sotto il piviale, porta la tunica nera degli Eremitani, secondo una logica che voleva identificare Agstino come il fondatore dell'Ordine che richiama il suo nome. Proteso verso di lui in una posa interrogativa sta san Nicola da Tolentino, riconoscibile dai suoi classici attributi: la stella a otto punte sul petto e il giglio stretto nella mano destra.

 

 

 

Leandro Bassano

Leandro dal Ponte, noto anche come Bassano dal luogo di nascita, Bassano del Grappa, nacque nel 1557. Terzogenito di Jacopo da Bassano, Leandro fu educato nella bottega del padre, lavorando spesso nei primi anni di attività nella sua città di origine. Nel 1592, dopo la morte del padre e di suo fratello Francesco, decise di trasferirsi a Venezia, dove nel 1596 eseguì il ritratto del doge Marino Grimani che gli valse la nomina a cavaliere di San Marco. Nella città lagunare si occupò anzitutto di completare i lavori lasciati incompiuti dal fratello e nello stesso tempo riuscì a farsi una notevole fama come pittore ritrattista. Riuscì ad avere commissioni nel cantiere che era stato aperto per la decorazione del Palazzo Ducale. Il suo nome figura iscritto nella Fraglia dei pittori veneziani dal 1588 al 1621.

Il suo stile segue principalmente l'ultima maniera del padre, ma come ritrattista fu certamente influenzato da Tintoretto, prediligendo la linea di contorno marcata e allontanandosi dal gusto per la colorazione brillante della bottega paterna. Dopo il 1595 rinuncia al dipingere di tocco e di macchia, per puntare su mezzi espressivi diversi quali la stesura liscia e bloccata, le superfici cromatiche smaltate in gamme chiare, talvolta squillanti, definite da un segno netto e incisivo e avvolte da una luminosità fredda e diffusa. Morì a Venezia nel 1622.