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Agostino medita il mistero della Trinità
CESIO CARLO
1670-1675
Roma, Istituto Nazionale per la Grafica
Agostino medita il mistero della Trinità
L'incisione ad acquaforte di Carlo Cesi riproduce, nelle dimensioni di 358x443 mm, una grande tela di Lanfranco che si trova nella Cappella dei SS. Agostino e Guglielmo nella chiesa di S. Agostino a Roma. Lanfranco lavorò a quest'opera quando aveva ormai trent'anni ed era nella sua piena maturità artistica. In questo racconto iconografico viene rivisitato il famoso episodio delle leggende medioevali in cui il santo incontra su una spiaggia un bambino che gli fa intendere l'impossibilità per l'uomo di capire la Trinità, che Agostino cercava con insistenza e che il pittore dipinge in alto nel cielo nelle figure del Padre, del Figlio e della colomba-Spirito Santo.
Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".
Questa leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149).
Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.
Ma come poi tutto ciò fu collegato ad Agostino ? Due possono essere le spiegazioni: primo che necessitava un protagonista alla storia stessa e Agostino era l'uomo adatto in quanto era considerato un sommo teologo. La seconda spiegazione sta nella diffusione del testo di un apocrifo in cui san Gerolamo (come è stato anticipato all'inizio) discute con Agostino sulle capacità umane di comprendere il mistero divino. In ogni caso la prima volta che si incontra questa leggenda applicata ad Agostino corre nell'anno 1263. In margine va ricordata la disputa sul luogo dove si sarebbe svolto l'incontro tra Agostino e Gesù Bambino: sulla spiaggia di Civitavecchia o di Ippona ? Gli Eremitani e i Canonici si batterono a lungo sul tema, soprattutto perché ciascuno sosteneva che Agostino era stato il vero fondatore del loro Ordine religioso.
Carlo Cesi
Cesi o Cesio, figlio di Pietro, originario di Todi, nacque a Antrodoco nel 1622. Nel 1642 Carlo si trasferisce a Rieti, dove studia disegno e pittura. Per migliorare il suo talento va a Roma, dove perfeziona la sua formazione artistica sotto la guida di Pietro da Cortona, che lo introdurrà alle personalità dell'epoca, tra cui la regina Cristina di Svezia e il cardinale Decio Azzolini. Cesi ottiene un buon successo nel 1657 grazie alla realizzazione di un affresco che raffigura il giudizio di Salomone nel palazzo del Quirinale (galleria Alessandro VII). In questo periodo pubblica una serie di 44 incisioni all'acquaforte con gli affreschi della Galleria Farnese di Annibale Carracci. Il trionfo di Bacco e Arianna del pittore bolognese influenzerà più tardi la sua pittura a fresco dello stesso soggetto sulla volta del salone d'onore di Palazzo Bonconpagni Corcos a Monte Giordano. La decorazione di questo palazzo costituisce il maggiore ciclo figurativo di Cesi. verso il 1659 realizza importanti opere fra cui un trittico raffigurante la Trinità, l'Immacolata e san Dionigi (Accademia di Francia a Roma) e Lo sposalizio mistico di Santa Caterina nella chiesa di santa Maria della Pace. Dal 1666 matura una evoluzione degli insegnamenti del Cortona, che si notano a partire dagli affreschi con La Madonna con il bambino e I santi Carlo Borromeo e Filippo Neri. Dal 1659 pubblica una serie di incisioni, dove la sua abilità gli consente di diventare uno dei più stimati incisori del momento. Le sue acqueforti degli affreschi del Carracci a Palazzo Farnese saranno replicate in ben cinque edizioni. A Roma nel 1692 pubblica una nuova serie con incisioni raffiguranti le dieci coppie di putti affrescati da Guido nel palazzo Mazarino al Quirinale. Per la fama raggiunta Carlo Cesi riceve l'onorificenza di camerlengo dell'arte dei pittori fino al 1670 e nel 1675 viene eletto principe dell'Accademia di San Luca. Cesi dedica molto impegno all'insegnamento e scrive il libro Cognizione dei muscoli del corpo umano per uso del disegno (Roma, 1679). Si ritira infine a Rieti nel 1681, dove muore l'anno seguente.