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Il sogno di sant'Agostino
CLAUDIO COELLO
1662-1680
Collezione Privata
Il sogno di sant'Agostino
Claudio Coello si cimenta in questa occasione nella descrizione di un leggendario sogno di Agostino. La tela dipinta ad olio misura 205 cm in altezza e 165 in larghezza. Agostino, che indossa la tonaca nera dei monaci agostiniani è seduto su una cattedra e sta dormendo profondamente. Accanto a lui, quasi volasse, si materializza la figura di san Gerolamo, che mentre con la mano sinistra lo tocca quasi a volerlo svegliare, con la destra gli indica la grandiosità del paradiso che si apre in uno squarcio di nubi, al cui centro si trova la Trinità. La descrizione di Coello è potente e si distingue da analoghe rappresentazioni per la drammaticità quasi statuaria dell'avvenimento.
La leggenda viene riferita da Petrus Calo Clugiensis (il frate predicatore domenicano Petrus Calo de Clugia ossia da Chioggia) nel 1348 (Acta Sanctorum, settembre, VII, 423) e ripresa da Ludovicus de Angelis nel suo Libri VI de vita et laudibus S. Patris Aurelii Augustini Hipponensis episcopi et Ecclesiae doctoris eximii, pubblicato a Conimbricae nel 1612.
Questo episodio si riferisce al contenuto di una lettera apocrifa in cui Agostino assicura di avere visto in sogno Gerolamo e san Giovanni Battista. Quest'ultimo gli spiega che la sua terza corona è quella del martirio:
"Cogitas Augustine quid laudis debeas de Hieronymo in veritate proferre ... Sertum vero tertium, quod plus illo fero, aureola martyrii est ... Serta vero duo alia, quae habemus, aureolae sunt quae solum virginibus et doctoribus dantur, ut ab aliis discernantur." Il testo prosegue cercando di introdurre il senso della beatitudine celeste e riporta ancora: "Avide cogitans, qualis inesset animabus beatorum, qui cum Christo gaudent, gloriae et laetitiam quantitatis ... ut brevem scriberem epistolam sanctissimo Hieronymo destinandam, ut quidquid ex hoc sentiret, responderet ... cumque iam scribens salutatio-nis exordium Hieronymo praenotarem, ineffabile subito lumen nostris invisum temporibus nostrisque minime linguis declarandum cum ineffabili inauditaque odorum omnium fragrantia, cellulam, in qua stabam, intravit, hora iam completorii. Quo a me viso, stupore admirationeque commotus, animi et membrorum virtutes repente amisi. Nesciebam enim tunc quod dextera mirabilis Dei exaltasset servum suum, notas faciens in populis vitutes suas; nesciebam etenim quod Deus antiquae miserationis servuum suum fidelem a carnis immunditiis dissolvisset et tam sublimen ei in caelo sedem parasset ... Inter haec autem meis in me perstrepentibus cogitationibus quid hoc esset, de luce haec dicens verba vox emicuit: Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?"
PSEUDO AGOSTINO, Epistola ad Cyrillum Ierosolymitanum episcopum 33, 1126
Claudio Coello
E' l'estremo rappresentante spagnolo della scuola di Madrid. Claudio Coello era nato a Madrid da madre spagnola e da padre portoghese, il bronzista Faustino Coello. Questi pose Claudio nella bottega di un Francesco Rizzi, drammatico pittore barocco d'origine italiana, per impararvi la lavorazione del metallo e per fargli da garzone, ma il Rizzi, accortosi del talento del ragazzo, ne convinse il padre a farne un pittore. Coello lavorò allora notte e giorno presso il suo maestro, sinché largamente sopravanzò i condiscepoli e si pose persino nelle condizioni di collaborare col capo-bottega.
A ventuno anni, ancor allievo del Rizzi, conseguì un primo successo, eseguendo un luminoso dipinto per l'altare maggiore della chiesa Benedettina di S. Placido a Madrid; un altro quadro eseguito nello stesso periodo tanto piacque a Francesco Rizzi, che questi autorizzò il Coello a far credere d'averlo eseguito lui stesso, perché fosse pagato di più! Ma Claudio al lucro antepose la propria soddisfazione personale e ne ricavò consensi e stima. Juan Carrello de Miranda, un amico del Rizzi che in quel tempo era diventato aiuto di Velazquez, conobbe Coello e gli diede amichevoli consigli facilitandogli anche l'accesso alle collezioni reali il che gli permise di effettuare copie dei dipinti di Tiziano, Rubens, van Dyck ecc. Altro amico di Claudio Coello fu José Jiménez Donoso, ch'egli conobbe quando quest'ultimo era appena ritornato da Roma e stabiliva i primi contatti nella capitale spagnola, sollecitando numerose commissioni per affreschi che eseguì quale collaboratore, appunto, del Coello. Una di queste opere consistette nelle decorazioni che furono effettuate in occasione dell'entrata in Madrid di Maria Luisa di Borbone, per le sue nozze con re Carlo II di Spagna.
Nel 1671 i due artisti, sempre insieme, dipinsero affreschi nella Cattedrale di Toledo e nel 1683 il solo Coello trascorse un anno a Saragozza per eseguirvi affreschi commessi dal locale Arcivescovo per il convento agostiniano di La Manteria. Ritornato a Madrid nei primi mesi del 1684, Claudio fu nominato pittore onorario del re, per cui alla morte del Rizzi (1685) toccò proprio a lui eseguire per intero la grande tela con l'Adorazione della Sacra Ostia, iniziata dal suo vecchio maestro per l'altare della sacristia dell'Escorial, un quadro che avrebbe dovuto effigiare tutti i nobili cortigiani, re Carlo e lo stesso Coello. Il re aveva già assicurato di effettuare le spese necessarie pose, allorquando un conte del suo seguito gli indicò quale dovesse essere il nuovo pittore di corte. I primi abbozzi per l'Adorazione dell'Ostia, che Coello aveva pensato di ridipingere da capo, obbligarono l'artista a risiedere nell'Escorial ancora per quattro anni finché nel 1690 il grande dipinto on fu condotto a termine: ne risultò il capolavoro di un pittore che si trovava perfettamente a suo agio di fronte ad una grande composizione nella quale era possibile palesare un raro senso dell'equilibrio, una singolare coscienza spaziale, una spiccata percezione del movimento; nei particolari e soprattutto nei singoli ritratti, si notano vivacità e caratterizzazioni degne di Velàsquez. Di qui la grande ammirazione da parte del re e della corte.
La sua sensibilità, che gli procurava amici e collaboratori, durevolmente vicendevoli, lo rendeva altrettanto suscettibile alle offese, sia reali che immaginarie: quando, nel 1692, il re invitò a Madrid un grande artista italiano, Luca Giordano, scenografico e di proverbiale rapidità, per eseguire affreschi nei soffitti dell'Escorial, Coello, quantunque fosse stimato dall'intera corte e dallo stesso Giordano, si rifiutò di continuare a dipingere. Intanto la malattia polmonare che già l'aveva colpito si andò sempre più aggravando e l'artista si spense a Madrid il 20 aprile 1693.