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PITTORI: Guglielmo Caccia

Madonna tra San Bernardino e Agostino

Madonna tra San Bernardino e Agostino

 

 

GUGLIELMO CACCIA detto il MONCALVO

1610-1620

Cuneo, chiesa di santa Croce

 

Madonna tra San Bernardino e Agostino

 

 

 

Questa tela che raffigura al Madonna con il Bambino in braccio tra San Bernardino da Siena e Sant'Agostino, è un'opera isolata di Caccia Guglielmo detto Moncalvo, che risale al primo quarto del Seicento.

S. Agostino è dipinto di spalle, in primo piano a destra, ed è inginocchiato su di una pietra. Indossa un piviale di seta colore giallo, foderato di rosso ciclamino, con effetti cangianti particolarmente evidenti sulla spalla. in testa porta una elegante mitra. La mano destra stringe il pastorale appoggiandolo alla spalla destra, mentre la sinistra porge alla Vergine il simbolo del cuore. Leggermente in secondo piano, a sinistra è raffigurato san Bernardino. Il santo senese è anch'egli inginocchiato ed è rivestito del saio francescano. Si rivolge al Bambino mostrando la cartella su cui compare il monogramma IHS. Al centro della scena la Vergine è seduta e indossa una veste viola e azzurra. Tiene in grembo il Bambino ignudo che si volge, con lo sguardo e con un gesto del braccio e della mano destra, verso S. Bernardino. La Vergine volge il capo nella direzione opposta e la sua mano pare pronta a ricevere il dono del cuore che le offre Agostino. In alto, a destra, un gruppo di angioletti alati movimenta la scena, piuttosto formale altrimenti statica e ieratica. L'incontro fra i quattro personaggi si svolge in una piccola radura ai margini di un bosco: in primo piano sono ben evidenziati alcuni ciuffi d'erba. In alto a sinistra il paesaggio acquista profondità e allarga l'orizzonte con squarci di luce maggiormente luminosi.

 

Il dipinto perviene alla chiesa di santa Croce agli inizi del Settecento, quando la Confraternita di santa Croce si fonde con quella di S. Bernardino. In tale occasione quest'ultima trasferisce la propria sede nella chiesa di S. Croce, dove occupa il primo altare a sinistra. Questo quadro viene citato dallo storico da Bonino (A. BONINO, Il Barocco nel Cuneese, in "Miscellanea Cuneese", (V. CXI, Biblioteca della Società Storica Subalpina), Torino 1930, p. 165), assieme ad altri tre dipinti che assegna a Moncalvo e precisamente la pala con S. Diego nel Santuario della Madonna degli angeli, la tela con S. Grato, S. Giocondo e un Santo vescovo ed un'altra con S. Brunone, nella chiesa della Madonna dell'Olmo. Al corpus di opere cuneesi di Moncalvo vanno probabilmente aggiunti altri dipinti, fra cui L'invenzione della Croce. Il dipinto presenta segni di ingrandimento ed è probabile che ciò sia avvenuto al momento del trasporto in Santa Croce, attorno al 1715.

Sul recto, al centro, a sinistra, sulla tabella sostenuta da S. Bernardino si legge "I H S" a lettere capitali a pennello scritte in latino.

 

Guglielmo Caccia (Montabone, 9 maggio 1568 - Moncalvo, 1625)

Guglielmo Caccia è soprannominato Moncalvo perche trascorse la giovinezza nel comune di Moncalvo. Fu allievo del Sabatini ed è forse l'esponente più importante dell'arte della Controriforma in Piemonte: è l'artista devoto per eccellenza, umile e modesto glorificatone di Dio, ma grande in quanto sa esprimere sentimenti universali. Viene considerato come il più importante esponente dell'arte della Controriforma in Piemonte, tanto da essere definito il Raffaello del Monferrato. E' possibile che Guglielmo abbia esordito come frescante come collaboratore o associato di Pier Francesco, con cui lavora nel 1593 alla pala di Larizzate e che in un documento del 1596 lo chiama "mio compagno" in ogni caso, è probabile che sia attraverso di loro che il Caccia recupera la tradizione gaudenziana, anche se non bisogna dimenticare che Gaudenzio era stato attivo a Casale, dove a quel tempo si conservavano numerose sue opere.

È stato anche notato che in queste opere Caccia dimostra di ben conoscere l'estremo approdo del manierismo lombardo, studiato evidentemente dal vivo a Milano, soprattutto il linguaggio di Antonio Campi, così come appare evidente l'antico ma sempre valido modello delle architetture di Bramante (percepibile nella nitida struttura archittettonica della Presentazione al tempio). È altresì vero che sulla complessa cultura del Caccia, in questi anni giovanili in rapida evoluzione, agiscono profondamente le suggestioni della Controriforma, non solo quelle letterarie di Carlo e Federico Borromeo, e dei trattati-precetti del tardo Cinquecento, ma anche quelle irradiate da centri del territorio piemontese-lombardo: non si dimentichi che vicino alla sua città natale vi è l'importante nodo religioso costituito dal santuario di Boscomarengo, promosso da papa Pio V Ghislieri, a suo tempo decorato con opere di Giorgio Vasari e della sua scuola (e dove il Moncalvo esegue due dipinti importanti); ed anche che il pittore ha occasione di collaborare con uno dei più notevoli esponenti dell'arte del cattolicesimo controriformato italiano, Federico Zuccari, negli affreschi della Grande Galleria di Palazzo Reale a Torino (commissionata da Carlo Emanuele I di Savoia e terminata nel 1607), oggi scomparsa.

Non v'è dubbio, però, che il Caccia doveva considerare con sospetto questi grandi artisti, coltissimi depositari delle verità divine più elevate: la religiosità del Caccia, forse meglio aderente all'esempio proposto da San Carlo Borromeo, è vicina agli umili, al pio e devoto popolino di campagna, alla piccola nobiltà rurale, che viveva con piccoli possedimenti e piccole rendite, in piccoli paesi e coltivava piccoli e semplici sogni. Tra il 1605-1607 dipinse la galleria di Palazzo Reale di Torino voluta da Carlo Emanuele I, insieme al pittore Federico Zuccari, opera andata distrutta in seguito ad un incendio. In questa circostanza acquisì il titolo nobiliare di barone. La sua opera migliore è la Deposizione dalla Croce nella chiesa di San Gaudenzio a Novara. Inoltre ha dipinto la cupola di San Paolo sempre a Novara, la chiesa dei Conventuali a Moncalvo, l'Annuncio ai pastori (1614) per l'Arciconfraternita di San Michele a Casale Monferrato, San Paolo con Sant Andrea per la chiesa di Sant'Antonio Abate. Operò anche a Guarene, Vercelli, Crea, Torino, Novara, Milano. Il Moncavo collaborò con Gaudenzio Ferrari.

A Carabbia nella chiesa parrocchiale di San Siro si conserva una sua tela raffigurante la Madonna col Bambino tra i Santi Giacomo Maggiore e Francesco d'Assisi. Il Caccia creò una scuola pittorica le cui opere si possono ammirare nei dintorni di Montabone, nelle chiese di Monastero Bormida, a Nizza Monferrato e a Acqui Terme. Tra i suoi allievi più famosi vi furono la figlia Orsola Caccia e Daniele Crespi.

Seguendo la linea della ricerca del "decoro" predicata dal Gilio e poi dagli alfieri della Controriforma, il Moncalvo si allinea alle tendenze della contemporanea pittura italiana, sia padana che dell'Italia centrale, che diviene squisitamente "religiosa" in quanto intende "commuovere" il fedele, spiegandogli con semplicità e forza persuasiva i misteri delle Sacre Scritture: operazioni affini sono svolte negli ultimi decenni del Cinquecento da pittori quali Ludovico Carracci (che certamente il Caccia ben conosceva) e Bartolomeo Cesi a Bologna, Girolamo Muziano e Federico Zuccari (con cui il Caccia lavora negli anni 1605-1607) a Roma, e nella Milano borromaica, tra gli altri, da Simone Peterzano, Ambrogio Figino e - più tardi - da Daniele Crespi, con cui Moncalvo ha occasione di collaborare. Il linguaggio che adotta Moncalvo è comunque colto e raffinato, sopportato da una tecnica eccellente, di cui già i contemporanei coglievano le preziosità, anche se essenzialmente finalizzato alla divulgazione delle idee propugnate dal Concilio di Trento.