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PITTORI: Guglielmo Caccia

Agostino e la Vergine incoronano san Nicola da Tolentino

Agostino e la Vergine incoronano san Nicola da Tolentino

 

 

GUGLIELMO CACCIA detto il MONCALVO

1605-1608

Chieri, Casa di Riposo "Giovanni XXIII"

 

Agostino e la Vergine incoronano san Nicola da Tolentino

 

 

 

 

Il dipinto, che fu eseguito quasi sicuramente con l'aiuto di Francesco Fea, narra le storie della vita e dei miracoli dopo la morte di san Nicola. In origine il quadro si trovava nella chiesa agostiniana di Chieri dedicata Santa Maria delle Consolazioni ed edificata nel 1478 dalla Congregazione degli Osservanti di Lombardia.

L'opera, di proprietà della Casa di Riposo "Giovanni XXIII" di Chieri, è stata restaurata nel 2000 e attualmente si trova in custodia presso i locali della Confraternita del SS. Nome di Gesù e Ilaria nella chiesa di san Bernardino a Chieri.

Prima del restauro si pensava il dipinto fosse stata realizzata da due mani: in realtà è il risultato dalla unione settecentesca di due opere autonome per quanto contemporanee nella esecuzione. La parte centrale presenta la figura di san Nicola che schiaccia coi piedi le passioni terrene rappresentate dal mondo, mentre nella parte alta viene incoronato da Dio insieme con la Madonna, sant'Agostino e la Colomba dello Spirito Santo.

La pala è opera di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo (Montabone 1568 - Moncalvo 1625), che l'ha firmata in basso sul globo nel periodo della sua prima maturità artistica (1605-1608). Le piccole scene che recano la data 1605 sono da attribuirsi ad un pittore locale che con ogni probabilità corrisponde a Francesco Fea. Costui a Torino partecipò insieme al Caccia alla realizzazione delle decorazioni commissionate dal duca Carlo Emanuele I di Savoia. Nelle superstiti storie del Santo va riconosciuta l'originaria icona che decorava la cappella di san Nicola da Tolentino. E' la quarta cappella a destra entrando nella chiesa, che fu concessa al notaio Bernardino Vacheri il 25 maggio 1600, e che rimase di proprietà della sua famiglia, molto devota al Santo, almeno per tutta la prima metà del Seicento. La tela di Moncalvo si configura, invece, come un'opera di devozione privata, più intima, forse destinata ad uno spazio conventuale comune.

Queste sono le didascalie delle 18 storie descritte nel quadra di Chieri, che narrano alcuni episodi della vita di san Nicola e danno un panorama dei vari miracoli che gli vengono attribuiti:

l. Per miracolo di Dio (nacque) Nicola (da) padre et madre sterili.

2. Da puto non tetava che tre giorni la setimana e stando a Messa vide Gesir Cristo in carne.

3. Udendo predicare un frate di s. Augustino ... ellesse det'Ordine nel qual fece professione.

4. Con le orationi e messe liberò molt'anime da purgatorio et il fratel dal inferno.

5. Esendo amalato risanò molti amalati e dete il volato all'arrostite pernici.

6. Dio convertì l'elemosine del santo in rose nel mezo del inverno.

7. Esendo infermo fu guarito da la beata Vergine con pane bagnato nel aqua.

8. Venne Cristo con la beata Vergine et S. Agostino nel transito del santo.

9. 40 anni dopo sua morle li furono taiati i brazzi che sparse gran copia di sangue.

10. Liberò il santo molti impicati e condanati a tagliare la testa.

11. Restituì a molti la luce, l'udito a sordi, liberò molti indemoniati e opresi da bruto male.

12. Liberò molti a torto incarcerati rumpendo ceppi, manete et catene.

13. Socorse molte donne ne dolori di parto e dete la vita a molti figlioli nati morti.

14. Guarì molti da la rotturae siatica con infiniti altri strubiati.

15. Preservò molti da le questioni e ferite et altri da gran precipitio caduti.

16. Per virtù del suo pane si smorzano molti incendi di palazi e case.

17. Il suo pane benedeto risanò molti da la febre et mali incurabili.

18. Preservò molti caduti in aque e pozzi et dalie fortune di mare.

 

Guglielmo Caccia (Montabone, 9 maggio 1568 - Moncalvo, 1625)

Guglielmo Caccia è soprannominato Moncalvo perche trascorse la giovinezza nel comune di Moncalvo. Fu allievo del Sabatini ed è forse l'esponente più importante dell'arte della Controriforma in Piemonte: è l'artista devoto per eccellenza, umile e modesto glorificatone di Dio, ma grande in quanto sa esprimere sentimenti universali. Viene considerato come il più importante esponente dell'arte della Controriforma in Piemonte, tanto da essere definito il Raffaello del Monferrato. E' possibile che Guglielmo abbia esordito come frescante come collaboratore o associato di Pier Francesco, con cui lavora nel 1593 alla pala di Larizzate e che in un documento del 1596 lo chiama "mio compagno" in ogni caso, è probabile che sia attraverso di loro che il Caccia recupera la tradizione gaudenziana, anche se non bisogna dimenticare che Gaudenzio era stato attivo a Casale, dove a quel tempo si conservavano numerose sue opere.

È stato anche notato che in queste opere Caccia dimostra di ben conoscere l'estremo approdo del manierismo lombardo, studiato evidentemente dal vivo a Milano, soprattutto il linguaggio di Antonio Campi, così come appare evidente l'antico ma sempre valido modello delle architetture di Bramante (percepibile nella nitida struttura archittettonica della Presentazione al tempio). È altresì vero che sulla complessa cultura del Caccia, in questi anni giovanili in rapida evoluzione, agiscono profondamente le suggestioni della Controriforma, non solo quelle letterarie di Carlo e Federico Borromeo, e dei trattati-precetti del tardo Cinquecento, ma anche quelle irradiate da centri del territorio piemontese-lombardo: non si dimentichi che vicino alla sua città natale vi è l'importante nodo religioso costituito dal santuario di Boscomarengo, promosso da papa Pio V Ghislieri, a suo tempo decorato con opere di Giorgio Vasari e della sua scuola (e dove il Moncalvo esegue due dipinti importanti); ed anche che il pittore ha occasione di collaborare con uno dei più notevoli esponenti dell'arte del cattolicesimo controriformato italiano, Federico Zuccari, negli affreschi della Grande Galleria di Palazzo Reale a Torino (commissionata da Carlo Emanuele I di Savoia e terminata nel 1607), oggi scomparsa.

Non v'è dubbio, però, che il Caccia doveva considerare con sospetto questi grandi artisti, coltissimi depositari delle verità divine più elevate: la religiosità del Caccia, forse meglio aderente all'esempio proposto da San Carlo Borromeo, è vicina agli umili, al pio e devoto popolino di campagna, alla piccola nobiltà rurale, che viveva con piccoli possedimenti e piccole rendite, in piccoli paesi e coltivava piccoli e semplici sogni. Tra il 1605-1607 dipinse la galleria di Palazzo Reale di Torino voluta da Carlo Emanuele I, insieme al pittore Federico Zuccari, opera andata distrutta in seguito ad un incendio. In questa circostanza acquisì il titolo nobiliare di barone. La sua opera migliore è la Deposizione dalla Croce nella chiesa di San Gaudenzio a Novara. Inoltre ha dipinto la cupola di San Paolo sempre a Novara, la chiesa dei Conventuali a Moncalvo, l'Annuncio ai pastori (1614) per l'Arciconfraternita di San Michele a Casale Monferrato, San Paolo con Sant Andrea per la chiesa di Sant'Antonio Abate. Operò anche a Guarene, Vercelli, Crea, Torino, Novara, Milano. Il Moncavo collaborò con Gaudenzio Ferrari.

A Carabbia nella chiesa parrocchiale di San Siro si conserva una sua tela raffigurante la Madonna col Bambino tra i Santi Giacomo Maggiore e Francesco d'Assisi. Il Caccia creò una scuola pittorica le cui opere si possono ammirare nei dintorni di Montabone, nelle chiese di Monastero Bormida, a Nizza Monferrato e a Acqui Terme. Tra i suoi allievi più famosi vi furono la figlia Orsola Caccia e Daniele Crespi.

Seguendo la linea della ricerca del "decoro" predicata dal Gilio e poi dagli alfieri della Controriforma, il Moncalvo si allinea alle tendenze della contemporanea pittura italiana, sia padana che dell'Italia centrale, che diviene squisitamente "religiosa" in quanto intende "commuovere" il fedele, spiegandogli con semplicità e forza persuasiva i misteri delle Sacre Scritture: operazioni affini sono svolte negli ultimi decenni del Cinquecento da pittori quali Ludovico Carracci (che certamente il Caccia ben conosceva) e Bartolomeo Cesi a Bologna, Girolamo Muziano e Federico Zuccari (con cui il Caccia lavora negli anni 1605-16077) a Roma, e nella Milano borromaica, tra gli altri, da Simone Peterzano, Ambrogio Figino e - più tardi - da Daniele Crespi, con cui Moncalvo ha occasione di collaborare. Il linguaggio che adotta Moncalvo è comunque colto e raffinato, sopportato da una tecnica eccellente, di cui già i contemporanei coglievano le preziosità, anche se essenzialmente finalizzato alla divulgazione delle idee propugnate dal Concilio di Trento.