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PITTORI: Novelli Pietro

Particolare del volto di Agostino

Particolare del volto di Agostino

 

 

NOVELLI PIETRO

1636

Palermo, chiesa di san Nicola da Tolentino

 

Agostino fra il sangue di Cristo e il latte della Vergine

 

 

 

La tela, pala d'altare si trova nel transetto della chiesa agostiniana palermitana di san Nicolò da Tolentino ed è ornamento di un altare in marmi policromi di gusto barocco. L'opera è stata dipinta da Pietro Novelli (1603-1647).

L'episodio descritto è relativo a una leggenda che nasce probabilmente in Italia. Diversi pittori si sono ispirati a essa che trae spunto da passi delle sue meditazioni: il santo è presentato innanzi al Cristo crocefisso ed alla Vergine, mentre, pregando, si domanda: "Hinc a vulnere pascor", e, volgendosi verso Maria, soggiunge: "Hinc lactor ab Ubere", concludendo: "Positus in medio quod me vertere nescio, Dicam ergo Jesu Maria miserere". Sembra che l'episodio prenda spunto da un passo della S. Aurelii Augustini Hipponensis episcopi et S. R. E. doctoris vita di Cornelius Lancelotz (1574-1622) O.S.A. edito ad Anversa nel 1616.

Lancillottus scrive, riportando parole apocrife di Agostino: "Positus in medio quo me vertam nescio. Hinc pascor a vulnere, hinc lactor ab ubere." La medesima scritta fu riportata da Francesco Francia e poi da Kartarius, un incisore nativo di Viterbo, che lavorò a Roma fra il 1560 e il 1570, nella sua stampa della Vita di Agostino edita nel 1570.

Agostino è raffigurato in basso a sinistra mentre osserva stupito e ammirato la presenza di Cristo, che gli mostra le ferite del costato, e della Vergine che con la mano destra indica una mammella da cui esce del latte. Vari angioletti completano la scena in alto e in basso. Sotto le arcate di una imponente architettura due angeli reggono un cuore fiammante, tipico simbolo agostiniano, e un triangolo che raffigura la Trinità. In basso alle spalle del santo un angioletto regge il suo bastone pastorale, mentre un altro dispone un libro aperto sulla balaustra.

Agostino indossa i paramenti episcopali, ma non porta la mitra in testa. Sotto il piviale è ben evidente la presenza dell'abito nero dei monaci agostiniani che seguono la sua regola e che hanno commissionato l'opera. Agostino ha un volto raggiante, stupito e ammirato dalla visione che gli si presenta dinanzi. Una foltissima barba nera gli copre il mento e arricchisce un volto ancora giovanile.

 

La chiesa di san Nicolò di Tolentino risale al XVI secolo e venne edificata nell'area dell'ex ghetto ebraico. Secondo la tradizione popolare in realtà venne ristrutturata una sinagoga. L'edificio ha subito ulteriori rimaneggiamenti e restauri soprattutto per rimediare ai danni provocati dai terremoti. All'interno dell'edificio, tra i vari capolavori conservati, si possono osservare pregevoli opere scultoree riconducibili ai Serpotta e ai Gagini, i dipinti di Pietro Novelli e due altari del Settecento.

Annesso alla chiesa si trova ciò che resta dell'antico convento dei Padri Agostiniani che è oggi utilizzato come sede dell'Archivio Comunale. Il convento possiede un chiostro cinquecentesco. Il 22 maggio vi si celebra la festa di Santa Rita da Cascia con la tradizionale benedizione delle rose dei fedeli.

La struttura del quadro è piuttosto composita, con Gesù, la Vergine e Agostino in primo piano a occupare la scena. Altre figure secondarie, dei piccoli angioletti, si muovono fra i tre santi con eleganza e senza disturbare. Agostino è inginocchiato ai piedi della Vergine a cui rivolge lo sguardo appassionato. Il santo indossa un piviale vescovile che ne esprime la dignità episcopale. Ma si nota benissimo anche l'abito nero dei monaci agostiniani: in una chiesa dell'Ordine non poteva mancare un richiamo iconografico simbolico alla certezza sostenuta dall'Ordine che Agostino sia stato il vero fondatore del movimento religioso, che ricostituito nel 1256, ne abbracciò la regola.

 

 

Pietro Novelli

Soprannominato il monrealese perché nato in questa splendida cittadina nel 1603, fu un pittore e architetto di primaria grandezza. Anzi si può considerare il più importante e influente artista del Seicento in Sicilia. La sua notorietà era tale che fu nominato "pittore reale".

Figlio di Pietro Antonio Novelli, si formò presso la bottega del padre a Monreale e fece il suo apprendistato presso il nobile Carlo Maria Ventimiglia, matematico e maestro delle scienze. Nel breve arco della sua parentesi artistica riuscì a passare dal Tardo Manierismo alla prima grande stagione del Barocco, riuscendo a rinnovare il proprio stile e a cogliere le novità della cultura artistica del primo Seicento. A Palermo conobbe l'arte della scuola genovese così come accettò le influenze dei pittori fiamminghi che lavoravano a Palermo. Nel 1623 sposa Costanza di Adamo che gli dà due figli. La figlia, Rosalia, nata nel 1628, segue fedelmente il modello artistico del padre a tal punto che le sue opere vengono confuse con quelle paterne. Novelli viaggiò parecchio e da queste esperienze trasse grandi insegnamenti. Visitò Roma tra il 1622 e il 1625, dove conobbe i maggiori pittori del Rinascimento. A Napoli, nel 1630 vide le opere di Jusepe de Ribera e dei naturalisti napoletani che lo convinsero a una pittura più realistica. La nomina ad architetto del Senato di Palermo ed anche di ingegnere della Regia Corte lo gratificarono riconoscendo l'alto valore della sua arte. Muore nel 1647, all'indomani dei tumulti di Palermo dove combatteva a fianco dell'amico Giuseppe D'Alesi. Numerose sue opere, dipinti e disegni, sono esposte oggi presso la Galleria Regionale di Sicilia di Palazzo Abatellis a Palermo.