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PITTORI: Juan Romero de Sevilla

Agostino trafitto dalla freccia di Dio

Agostino trafitto dalla freccia di Dio

 

 

JUAN ROMERO DE SEVILLA

1670

Museo de Bellas Artes de Granada

 

Agostino trafitto dalla freccia di Dio

 

 

 

Il dipinto di Juan de Siviglia Romero (1643-1695) è nota come transverberazione del cuore di sant'Agostino e fu realizzato intorno al 1670. Dipinto ad olio su tela, il quadro, dalla forma quadrata, misura 247 cm in altezza e 242 in larghezza. L'opera è conservata nella Collezione del Museo Provinciale delle Belle Arti di Granada.

La scena espressa in tondo vede protagonista Agostino, la Vergine e il Bambino in braccio alla madre. Agostino indossa il saio nero dei monaci eremitani che seguono la sua regola e tiene con la mano sinistra un libro aperto che sta sfogliando. La mano destra, con il palmo aperto, si rivolge invece verso il Bambino che con una feccia appuntita gli sta trapassando il cuore. La vergine, dall'aspetto piuttosto compassato, non sembra intervenire direttamente. Il volto del santo ha un aspetto ancora giovanile, con una semplice capigliatura nera e un filo di barba.

Le sue insegne episcopali sono rette da due angioletti in basso: il primo porta sulle spalle il bastone pastorale, mentre il secondo si intrattiene con una preziosa mitra.

L'episodio si riferisce a un passo delle Confessioni enfatizzato in epoca barocca.

 

Tu stesso ci avevi folgorati con le frecce del tuo amore, e portavamo conficcati nel ventre gli arpioni delle tue parole e gli esempi dei tuoi servi, che da oscuri avevi reso splendidi e da morti, viventi. Bruciavano ammassati nel fondo della mente divorando la sua pesantezza e il torpore, per impedirci di scendere in basso, ed era un tale incendio che tutto il fiato soffiatoci contro dalle subdole lingue l'avrebbe ravvivato, non estinto. Tuttavia nel tuo nome, che hai reso sacro per tutta la terra, il nostro proponimento avrebbe certamente incontrato il plauso di alcuni, e quindi poteva sembrare ostentazione non aspettare quel poco che mancava alle vacanze, e congedarsi prima da un pubblico ufficio che era sotto gli occhi di tutti in modo da attirare sulle mie azioni l'attenzione universale. Così, se avessi dato l'impressione di non voler neppure attendere il termine tanto prossimo dei corsi, avrebbero molto chiacchierato, e sarebbe parso che volessi farmi notare. E a che pro favorire congetture e discussioni sui miei intenti e oltraggi al nostro bene?

AGOSTINO, Confessioni 9, 2, 3

 

Sei grande, Signore, e degno di altissima lode: grande è la tua potenza e incommensurabile la tua sapienza. E vuole celebrarti l'uomo, questa particella della tua creazione, l'uomo che si porta dietro la sua morte, che si porta dietro la testimonianza del suo peccato, e della tua resistenza ai superbi: eppure vuole celebrarti l'uomo, questa particella della tua creazione. Tu lo risvegli al piacere di cantare le tue lodi, perché per te ci hai fatti e il nostro cuore è inquieto finché in te non trovi pace. Di questo, mio Signore, concedimi intelligenza e conoscenza.

AGOSTINO, Confessioni, 1, 1, 1

 

Nihilominus asserunt nonnulli viri grave (forsitan inducti verbis hisce Augustini, sagittaveras tu Domine caritate tua cor meum etc.) non tantum spirituali vulnere seu tralaticio, verum etiam arcanis sacrorum vulnerum Iesu Christi stigmatis sanctum Augustini cor fuisse.

CORNELIUS LANCELOTZ, Sancti Aurelii Augustini Hipponensis episcopi et S. R. E. doctoris vita (Anversa 1616)

 

 

Juan Romero de Sevilla

Questo pittore spagnolo nato a Granada nel 1643, si formò in gioventù alla scuola di Francisco Alonso Argüello, in seguito lavorò con Pedro de Moya e con Alonso Cano dal 1660. L'influenza del suo maestro e lo studio delle incisioni fiamminghe, in particolare quelle di Rubens, hanno fondamentalmente caratterizzato la sua pittura. Dal 1674 ha ricevuto numerose commesse per varie chiese e conventi della città, come i due dipinti della sacrestia del convento di San Jeronimo e San Pantaleon a San Filippo Neri (oggi al Museo de Bellas Artes di Granada). Nel Trionfo dell'Eucaristia, una grande altare tela dipinta nel 1685 per gli Agostiniani di Granada, ha realizzato uno dei suoi capolavori, con la sua maestria di prospettiva, in una composizione che esalta l'apoteosi tipico del Barocco migliore decorativo e trionfante alla fine del secolo. La tavola è alta cinque metri e si trova sull'altare maggiore della chiesa.

Notevoli sono anche i lavori in cui dipinse i discepoli di Emmaus all'Hospital del Refugio e per il convento di San Antón di Granada. Ha lavorato anche a Cordoba e Siviglia, dove ha contribuito alle decorazioni a tempera per le celebrazioni del Corpus Domini. Altre opere sono La Sagrada Familia (al Museo della Passione a Valladolid), la Pietà (nella Cattedrale di Siviglia), i Babbi Natale (al Museo Nazionale di Poznam in Polonia), la Presentazione della Vergine al Tempio e il ricco e il povero Lazzaro (al Museo del Prado a Madrid). Juan Romero morì a Granada nel 1695.