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Agostino e il bambino in riva al mare
APPIANI FRANCESCO
1762
Perugia, Oratorio di sant'Agostino
Agostino e il bambino in riva al mare
L'affresco di Francesco Appiani che raffigura un celebre episodio leggendario agostiniano si trova nella sacrestia dell'Oratorio di sant'Agostino a Perugia. Edificato nel 1317, questo edificio appartenne alla locale Confraternita Disciplinata di sant'Agostino, una associazione di laici che svolgevano attività caritativa e di solidarietà, collegata agli eremiti di sant'Agostino.
Il complesso monastico agostiniano si compone di due oratori sovrapposti a pianta rettangolare. Quello superiore fu edificato e decorato nel Trecento, ma venne rinnovato nei secoli XVl e XVII. Vi si accede attraverso un primo locale che conserva affreschi di Francesco Appiani che risalgono al 1762. Da qui si può entrare nel magnifico oratorio di epoca manierista con il soffitto di epoca barocca. All'altare si può ammirare lo Stendardo processionale di Giovanni Antonio Scaramuccia del 1625 con la Vergine e i santi Agostino, Francesco e Domenico.
Nella sacrestia si ammirano decorazioni prospettiche di Pietro Carrattoli (1762) e i dipinti di Francesco Appiani che narrano con alcune scene le Storie di S. Agostino. Nell'immagine riprodotta l'artista ha raffigurato il leggendario episodio dell'incontro del santo con un bambino in riva al mare e della loro conversazione allegorica del mistero della Trinità. Il santo, vestito da monaco e con in mano un libro, sta passeggiando sulla spiaggia. Il suo viso ha una folta barba e un aspetto serioso. Di fronte a lui un bambino inginocchiato davanti a una buca piena d'acqua e con in mano una conchiglia, indica ad Agostino con la mano sinistra puntata verso il cielo una visione celestiale fra le nuvole che si sono diradate. Sullo sfondo una marina, con una barca a vela in quiete, dona una grande serenità alla scena, il cui tema centrale si manifesta con estrema chiarezza.
Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".
Questa leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149).
Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.
Ma come poi tutto ciò fu collegato ad Agostino ? Due possono essere le spiegazioni: primo che necessitava un protagonista alla storia stessa e Agostino era l'uomo adatto in quanto era considerato un sommo teologo. La seconda spiegazione sta nella diffusione del testo di un apocrifo in cui san Gerolamo (come è stato anticipato all'inizio) discute con Agostino sulle capacità umane di comprendere il mistero divino. In ogni caso la prima volta che si incontra questa leggenda applicata ad Agostino corre nell'anno 1263. In margine va ricordata la disputa sul luogo dove si sarebbe svolto l'incontro tra Agostino e Gesù Bambino: sulla spiaggia di Civitavecchia o di Ippona ? Gli Eremitani e i Canonici si batterono a lungo sul tema, soprattutto perché ciascuno sosteneva che Agostino era stato il vero fondatore del loro Ordine religioso.
L'episodio descritto in questa leggenda è abbastanza noto: Agostino, grande indagatore del problema del Bene e del Male, un giorno passeggiava per una spiaggia quando incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqua di mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia. Alla domanda del Santo su che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco. Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino avrebbe replicato che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua piccola testa di uomo.
Ciò detto sparì, lasciando il grande filosofo nell'angoscia più completa. Secondo il parere di alcuni studiosi di parabole e leggende la narrazione potrebbe essere considerata un sogno effettivamente fantasticato dal Santo. Altri aggiungono che forse il colloquio non si sarebbe svolto esattamente come è stato raccontato, perché, prima di sparire, il Santo aveva potuto a sua volta replicare che la risposta non lo convinceva, in quanto - avrebbe obiettato - il mare e i misteri di Dio sono due realtà assai diverse. Pur impossibile, sarebbe stato teoricamente verosimile immaginare il versamento del mare in una buca e allora allo stesso modo si sarebbe potuto supporre che i misteri divini avrebbero potuto entrare in un cervello umano adatto allo scopo e se l'uomo non aveva ricevuto una mente con tali qualità la colpa sarebbe da imputare a Dio, che non aveva appunto voluto che i suoi misteri fossero concepiti dall'uomo, per lasciarlo nell'ignoranza e nel dubbio più atroci.
"Perché Dio non vuole essere capito?" avrebbe domandato il Santo al pargolo divenuto improvvisamente pensieroso. "Te lo dimostro subito" rispose il bambino dopo un momento di perplessità e così, mentre parlava, con il secchiello divenuto improvvisamente grandissimo e mostruoso, in un sol colpo raccolse l'acqua del mare, prosciugandolo, e la pose nella buca, che si allargò a dismisura fino ad inghiottire il mondo. A quella vista il Santo si svegliò con le lacrime agli occhi e capì.