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Agostino e il mistero della Trinità: incontro con il bambino sulla spiaggia
JOSE' DEL CASTILLO
1765-1770
Madrid, Museo del Prado
Agostino e il mistero della Trinità: incontro con il bambino sulla spiaggia
Questo cartone che raffigura sant'Agostino mentre sta meditando sulla Trinità risale alla seconda metà del Settecento. Opera di José del Castillo questo disegno è stato eseguito con una matita nera su carta delle dimensioni 336 x 270 mm. Il Santo sta passeggiando su una spiaggia, quando incontra un bambino che sta giocando con una buca nella sabbia. In cielo appare la Trinità, con il Cristo morto sostenuto dagli angeli, davanti al Padre Eterno. In questa caso la Trinità ricorda una composizione di Giaquinto, ora al Prado, che venne ripetuta anche nella volta del presbiterio della cappella del Palazzo Reale.
Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".
Questa leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149).
Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.
Ma come poi tutto ciò fu collegato ad Agostino ? Due possono essere le spiegazioni: primo che necessitava un protagonista alla storia stessa e Agostino era l'uomo adatto in quanto era considerato un sommo teologo. La seconda spiegazione sta nella diffusione del testo di un apocrifo in cui san Gerolamo (come è stato anticipato all'inizio) discute con Agostino sulle capacità umane di comprendere il mistero divino. In ogni caso la prima volta che si incontra questa leggenda applicata ad Agostino corre nell'anno 1263. In margine va ricordata la disputa sul luogo dove si sarebbe svolto l'incontro tra Agostino e Gesù Bambino: sulla spiaggia di Civitavecchia o di Ippona ? Gli Eremitani e i Canonici si batterono a lungo sul tema, soprattutto perché ciascuno sosteneva che Agostino era stato il vero fondatore del loro Ordine religioso.
L'episodio descritto in questa leggenda è abbastanza noto: Agostino, grande indagatore del problema del Bene e del Male, un giorno passeggiava per una spiaggia quando incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqua di mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia. Alla domanda del Santo su che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco. Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino avrebbe replicato che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua piccola testa di uomo.
Ciò detto sparì, lasciando il grande filosofo nell'angoscia più completa. Secondo il parere di alcuni studiosi di parabole e leggende la narrazione potrebbe essere considerata un sogno effettivamente fantasticato dal Santo. Altri aggiungono che forse il colloquio non si sarebbe svolto esattamente come è stato raccontato, perché, prima di sparire, il Santo aveva potuto a sua volta replicare che la risposta non lo convinceva, in quanto - avrebbe obiettato - il mare e i misteri di Dio sono due realtà assai diverse. Pur impossibile, sarebbe stato teoricamente verosimile immaginare il versamento del mare in una buca e allora allo stesso modo si sarebbe potuto supporre che i misteri divini avrebbero potuto entrare in un cervello umano adatto allo scopo e se l'uomo non aveva ricevuto una mente con tali qualità la colpa sarebbe da imputare a Dio, che non aveva appunto voluto che i suoi misteri fossero concepiti dall'uomo, per lasciarlo nell'ignoranza e nel dubbio più atroci.
"Perché Dio non vuole essere capito?" avrebbe domandato il Santo al pargolo divenuto improvvisamente pensieroso. "Te lo dimostro subito" rispose il bambino dopo un momento di perplessità e così, mentre parlava, con il secchiello divenuto improvvisamente grandissimo e mostruoso, in un sol colpo raccolse l'acqua del mare, prosciugandolo, e la pose nella buca, che si allargò a dismisura fino ad inghiottire il mondo. A quella vista il Santo si svegliò con le lacrime agli occhi e capì.
José del Castillo
Pittore spagnolo nato a Madrid nel 1737, avviò la sua formazione pittorica nella bottega di José Romero. Nel 1751 si trasferì a Roma per perfezionarsi con Corrado Giaquinto. Continuò a lavorare con il suo maestr anche quando entrambi si stabilirono a Madrid nel 1753 partecipando con successo ai concorsi della neonata Accademia di San Fernando. Tornò a Roma dal 1757 al 1764. Di questo periodo è il curioso Quaderno d'Italia, con note di quanto visto e realizzato tra il 1761 e il 1762. Dopo aver completato la sua formazione entrò a far parte della Reale Fabbrica di Arazzi di Santa Barbara e, sotto la direzione di Anton Raphael Mengs, realizzò vari cartoni copiando composizioni di Luca Giordano e Giaquinto.
Nelle opere successive ha prodotto opere proprie animate da scene di caccia o popolari, ispirate alla vita quotidiana di Madrid. Questi cartoni sono allegri e colorati, popolati da figure tradizionali, che stilisticamente richiamano i primi cartoni di Francisco de Goya. Castillo realizza composizioni solide, che dimostrano la sua padronanza del disegno e il suo senso dello spazio.
Oltre ai suoi progetti nella produzione di arazzi, ha lavorato, insieme ad Andrés de la Calleja, al restauro delle volte nel Casón del Buen Retiro. Nel 1780 consegnò i disegni per l'illustrazione dell'edizione del Don Chisciotte, che stava preparando la Reale Accademia Spagnola. Cinque anni dopo, fu nominato accademico presso l'Accademia Reale di Belle Arti di San Fernando, fino a diventare Luogotenente Direttore della Pittura nel 1788. Castillo realizzò un numero considerevole di dipinti su soggetti allegorici e religiosi. Un'opera notevole è l'Abbraccio di San Domenico e San Francesco, che fa parte della serie di dipinti che decorano la chiesa di San Francisco el Grande a Madrid, commissionata da Carlo III a vari artisti, tra cui Francisco Bayeu e Francisco de Goya. Nella sua opera religiosa Castillo oscilla tra il rococò, elegante e aggraziato, che aveva appreso dal suo maestro Giaquinto, e lo stile neoclassico proposto da Mengs. Morì a Madrid nel 1793.