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Sant'Agostino, sant'Ambrogio, san Gregorio Magno e san Girolamo
ALTICHIERO DA ZEVIO
1370-1399
Bergamo, Mercato Antiquario
Sant'Agostino, sant'Ambrogio, san Gregorio Magno e san Girolamo
Questa tavola di Altichiero da Zevio presenta le figure dei quattro Dottori della Chiesa. Il primo a parlare di Agostino come Dottore della Chiesa fu Beda il Venerabile che lo elencò assieme ai santi Gerolamo, Ambrogio e Gregorio papa in un suo scritto dell'VIII secolo. Questo elenco fu approvato il 24 settembre 1294 con lettera di conferma liturgica di papa Bonifacio VIII stilata ad Anagni.
La tavola di Altichiero si inserisce in questa direzione che privilegia nel santorale cattolico proprio l'eccezionalità di questi Padri per la loro efficacia nella esposizione e nella spiegazione della Parola di Dio. In ordine, da sinistra verso destra, sono stati raffigurati sant'Agostino, sant'Ambrogio, san Gregorio Magno e san Girolamo.
La tavola misura 27 cm di altezza e altrettanti di larghezza.
L'opera è stata segnalata sul mercato antiquario di Bergamo nel 1967 e in precedenza il 23 giugno 1967 è stata battuta a Londra ad un'asta di Christie.
Altichiero da Zevio
Altichiero nasce a Zevio, da cui prenderà il soprannome, verso il 1330 e morrà a Verona attorno al 1390. Come pittore è stato attivo soprattutto a Verona e a Padova di cui abbiamo notizie dal 1369 al 1384. È considerato tra maggiori pittori veneti del Trecento, e secondo alcuni critici d'arte "il più geniale pittore italiano della seconda metà del Trecento."
Figlio di Domenico da Zevio, nelle Vite del Vasari viene chiamato Aldigeri da Zevio. Si sa che fu discepolo del Turone, ma si conosce ben poco della sua vita. Qualche documento ci ragguaglia su alcuni episodi della sua vita: ad esempio viene citato per il pagamento di una anchona (cioè un'ancona, una tavola dipinta da altare) nel 1384. Si sa anche che nel 1393 era già morto. Le fonti storiografiche lo ricordano come un artista molto apprezzato al suo tempo. Nelle sue prime opere si ispirò alla scuola giottesca lombarda, che seppe mettere a buon frutto nelle sue opere. Dalle vivaci opere di Tommaso da Modena imparò lo stile narrativo brillante e l'attenzione per i dettagli quotidiani. Sebbene per alcuni aspetti coloristici e narrativi sembri precedere lo stile del gotico internazionale, il suo stile indaga ancora oggettivamente ed è estraneo alle fantasie cortesi e cavalleresche che saranno proprie invece di Pisanello, il suo diretto erede.