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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Trecento: Giovannino de' GrassiPITTORI: Giovannino de' Grassi
Ambrogio ed Agostino
GIOVANNINO DE' GRASSI
1396
Codice 2262 della Biblioteca Trivulziana, Milano
Ambrogio ed Agostino
La miniatura è tratta dal Codice 2262 della Trivulziana ed è una trascrizione su ordinazione della Fabbrica del Duomo dell'Ordo et caerimoniae di Beroldo. Ambrogio, a sinistra, ha in mano il pastorale e con la destra addita verso l'alto tenendo in mano il flagello: a destra Agostino lo osserva in preghiera vestito da vescovo. La T che li incornicia è formata da una colonna poligonale alla cui sommità si dipartono specularmente due chiese a navate viste in prospettiva tali da mostrare anche la facciata.
Il pavimento è a rombi del tutto simile a quello scoperto nel XX secolo nel battistero di San Giovanni. Che l'autore abbia rappresentato il pavimento del battistero che esisteva ancora ai suoi tempi ? Una sua rappresentazione agostiniana è presente in san Marco a Milano.
Il 2 febbraio 1396 la sua bottega aveva ricevuto la commessa dalla Fabbrica del Duomo per l'illustrazione del Breviario ambrosiano detto Beroldo (Biblioteca Trivulziana, cod. 2262 A-I), copiato da Andriolo de Medici di Novate. Andriolo lo ricopia dall'esemplare della sacrestia capitolare del Duomo (ms. II. D. 2. 28), che conteneva il manuale liturgico ambrosiano raccolto da Beroldo alla prima metà del XII secolo e integrato nel 1269 dal prete Giovanni Boffa. Si tratta dell'unica committenza documentata relativa a miniature e che fa riferimento espressamente alla sua bottega, ma il Maestro riuscirà solo a impostare il lavoro, che verrà eseguito per lo più dal giovane figlio. I Grassi miniarono 359 fogli di pergamena con 4334 lettere piccole, 1550 lettere più grandi e lettere istoriate.
Agostino compare con Ambrogio in diverse circostanze: nel battesimo impartitogli a Milano, come Dottore della Chiesa, nella scena della A logica libera nos, nel Te Deum. In ogni caso la figura di Ambrogio si staglia nettamente, per l'importanza del santo, che Agostino riconobbe come proprio maestro: rigator meus. Ambrogio fu vescovo di Milano in un periodo travagliato dell'impero romano, percorso da correnti di pensiero diverse e con rigurgiti di paganesimo. Ambrogio si palesò come il baluardo estremo del cristianesimo contro ogni avversità.
A Milano, grazie anche all'ascolto delle splendide prediche del santo vescovo Ambrogio, Agostino trovò quello che cercava, ovvero la fede in Gesù Cristo che gli dette quella gioia piena e quell'appagamento totale che aveva sempre cercato, magari affidandosi anche a dottrine, come il manicheismo, rivelatesi poi fallaci ai suoi occhi. Durante le dieci puntate della trasmissione verrà presentata la personalità di questo gigante della fede e della cultura, e sarà messo particolarmente in luce il legame tra vita e fede, fra filosofia e amicizia, fra ricerca intellettuale e amore di Dio, che rappresenta la nota distintiva della figura di Sant'Agostino.
Nella notte di Pasqua del 387 dopo Cristo, a Milano, il vescovo Ambrogio battezza Agostino, l'intellettuale di Tagaste (l'odierna Souk Arhas in Algeria), che diventerà vescovo di Ippona e che influenzerà la cultura europea con il suo pensiero, come del resto l'opera di Ambrogio darà un'impronta ai rapporti Chiesa-potere politico nel segno della reciproca autonomia. Quella solenne liturgia celebrata nella speranza che Cristo risorga, che la morte sia vinta e si compia la promessa di rinascita, è evento sul crinale tra due epoche. Il mondo antico collassa, l'Impero si sgretola tra congiure di palazzo, guerre che prosciugano le casse statali, inflazione, carestie, disastri economici, invasioni, spinte secessioniste. E il nuovo, che pur c'è, annunciato da scossoni e spinte, da trasformazioni concrete anche se difficili da leggere, stenta ad affermarsi.
Giovannino de' Grassi (Milano, circa 1350-1398) è noto come pittore, scultore, architetto e miniatore milanese. La sua attività è parzialmente nota dai lavori documentati negli annali della Fabbrica del duomo di Milano presso cui dal 1391 lavorò come scultore e architetto, realizzando capitelli, pinnacoli, falconature e intagli marmorei per i finestroni del Duomo. Oltre alle attività di scultore e architetto, svolse proficuamente anche quelle di pittore, disegnatore e miniaturista, che lo resero ancora più noto. Dal 1370 illustrò circa 50 fogli dell'Offiziolo di Gian Galeazzo Visconti con scene di paesaggi fiabeschi e immagini naturalistiche, l'opera è attualmente custodita alla Biblioteca Nazionale di Firenze.