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PITTORI: Giovannino de' Grassi

Il battesimo di Agostino dal Codice Trivulziano 2262

Agostino battezzato da Ambrogio

 

 

GIOVANNINO DE' GRASSI

1396

Codice 2262 della Biblioteca Trivulziana, Milano

 

Il battesimo di Agostino

 

 

 

Il codice risale al 1396 ed è una trascrizione dal Beroldo del 1269. Sant'Agostino si presenta inginocchiato davanti ad un Ambrogio che lo benedice. Fra i due si frappone una vasca marmorea ottagonale colma d'acqua. I dettagli sono precisi: il pastorale di Ambrogio, le vesti liturgiche, le espressioni dei visi attualizzano la scena. Sopra l'edificio del battistero alcune figure femminili assistono all'avvenimento. Un bambino vestito di verde, salito sullo zoccolo della parete di fondo pare curiosare dalla finestrella. Dalla parte opposta lo stesso fanciullo si sta introducendo nel protiro. La scena è contornata da una struttura architettonica gotica che potrebbe riprendere il disegno originario del Duomo di Milano.

 

Giovannino de' Grassi (Milano, circa 1350-1398) è noto come pittore, scultore, architetto e miniatore milanese. La sua attività è parzialmente nota dai lavori documentati negli annali della fFabbrica del duomo di Milano presso cui dal 1391 lavorò come scultore e architetto, realizzando capitelli, pinnacoli, falconature e intagli marmorei per i finestroni del Duomo. Oltre alle attività di scultore e architetto, svolse proficuamente anche quelle di pittore, disegnatore e miniaturista, che lo resero ancora più noto. Dal 1370 illustrò circa 50 fogli dell'Offiziolo di Gian Galeazzo Visconti con scene di paesaggi fiabeschi e immagini naturalistiche, l'opera è attualmente custodita alla Biblioteca Nazionale di Firenze.

 

Milano fu la tappa decisiva della conversione di Agostino. Qui ebbe l'opportunità di ascoltare i sermoni di Ambrogio che teneva regolarmente in cattedrale, ma se le sue parole si scolpivano nel cuore di Agostino, fu la frequentazione con un anziano sacerdote, san Simpliciano, che aveva preparato Ambrogio all'episcopato, a dargli l'ispirazione giusta; il quale con fine intuito lo indirizzò a leggere i neoplatonici, perché i loro scritti suggerivano "in tutti i modi l'idea di Dio e del suo Verbo". Un successivo incontro con sant'Ambrogio, procuratogli dalla madre, segnò un altro passo verso il battesimo; fu convinto da Monica a seguire il consiglio dell'apostolo Paolo, sulla castità perfetta, che lo convinse pure a lasciare la moglie, la quale secondo la legge romana, essendo di classe inferiore, era praticamente una concubina, rimandandola in Africa e tenendo presso di sé il figlio Adeodato (ci riesce difficile ai nostri tempi comprendere questi atteggiamenti, così usuali per allora).

A casa di un amico Ponticiano, questi gli aveva parlato della vita casta dei monaci e di s. Antonio abate, dandogli anche il libro delle Lettere di S. Paolo; ritornato a casa sua, Agostino disorientato si appartò nel giardino, dando sfogo ad un pianto angosciato e mentre piangeva, avvertì una voce che gli diceva "Tolle, lege, tolle, lege" (prendi e leggi), per cui aprì a caso il libro delle Lettere di S. Paolo e lesse un brano: "Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri" (Rom. 13, 13-14).

Dopo qualche settimana ancora d'insegnamento di retorica, Agostino lasciò tutto, ritirandosi insieme alla madre, il figlio ed alcuni amici, ad una trentina di km. da Milano, a Cassiciaco, l'attuale Cassago Brianza, in meditazione e in conversazioni filosofiche e spirituali; volle sempre presente la madre, perché partecipasse con le sue parole sapienti. Nella Quaresima del 386 ritornarono a Milano per una preparazione specifica al Battesimo, che Agostino, il figlio Adeodato e l'amico Alipio. Il giorno di Pasqua Agostino ricevette il battesimo insieme all'amico Alipio che era stato convertito dalle prediche di S. Ambrogio, e ad Adeodato, figlio dello stesso Agostino, natogli mentre era ancora filosofo pagano. Allora S. Ambrogio secondo quello che lui stesso dice, gridò: Te Deum laudamus. S. Agostino seguitò: Te Dominum confitemur.

 

Giunto il momento in cui dovevo dare il mio nome per il battesimo, lasciammo la campagna e facemmo ritorno a Milano. Alipio volle rinascere anch'egli in te con me. Era già rivestito dell'umiltà conveniente ai tuoi sacramenti e dominava così saldamente il proprio corpo, da calpestare il suolo italico ghiacciato a piedi nudi, il che richiede un coraggio non comune. Prendemmo con noi anche il giovane Adeodato, nato dalla mia carne e frutto del mio peccato. Tu l'avevi ben fatto. Era appena quindicenne e superava per intelligenza molti importanti e dotti personaggi.

AGOSTINO, Confessioni 9, 6, 14