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Percorso : HOME > Monachesimo agostiniano > Agiografia > Beati agostiniani > Maddalena AlbriciBEAti dell'Ordine Agostiniano: MADDALENA ALBRICI
Lastra tombale di Maddalena Albrici in S. Andrea a Brunate
BEATA MADDALENA ALBRICI
(1415 ca. - 1465)
La beata vergine Maddalena nacque a Como attorno al 1415 dalla nobile famiglia comasca degli Albrici. Suoi membri furono protagonisti nella storia della città di Como dal XIII al XVI secolo. Un famoso Albrici fu Giovanni che ricoprì il ruolo di ambasciatore della città in due occasioni, una presso il Papa Innocenzo IV e una presso i Milanesi nel 1249, quando trattò la pace tra le due città nemiche, entrambe coinvolte, su fronti opposti, nello scontro tra l'imperatore Federico II di Svezia e i Comuni dell'Italia settentrionale. Il periodo aureo degli Albrici è la prima metà del Quattrocento, proprio durante la vita di Maddalena: Zanino Albrici raggiunse i massimi vertici della politica cittadina. Maddalena Albrici ebbe tre fratelli, Pietrolo, Zanino e Guasparino: è probabile che Zanino, che svolse un importante ruolo nella storia di Como, fosse uno dei suoi fratelli. Mentre Zanino Albrici impiegava la sua esistenza nell'operare per la sua città, Maddalena Albrici visse, nel silenzio dell'eremo brunatese, la meditazione sul Crocefisso, la carità verso i bisognosi, operando solamente per la sicurezza e la stabilità del monastero. Sembra che Maddalena Albrici abbia incontrato Bernardino da Siena nel 1419, prima di entrare in monastero e che poi lui l'avesse visitata a Brunate nel 1432. Ebbe un ardente di amore verso il Signore sin da fanciulla che manifestò entrando in una casa religiosa a Brunate, che seguiva la regola di sant'Agostino. Sotto la sua sapiente guida fu trasformata in monastero sotto il titolo di sant'Andrea, che comunque seguiva sempre la Regola di sant'Agostino. Innamorata della straordinaria spiritualità del santo, a Maddalena stava a cuore l'appartenenza all'Ordine agostiniano e restare nella sua giurisdizione. Nel 1455 la Congregazione agostiniana di Lombardia accolse la sua comunità sotto la sua giurisdizione. Fu papa Pio II, il 16 luglio 1549, ad approvare definitivamente l'unione di questa casa all'Ordine.
La beata fu un chiaro esempio di vita agostiniana e condusse all'Ordine molte giovani, che vivevano da sole nelle proprie case, e alcuni terziari, accolti nei pressi di Como. Pare che il Beato Antonio da San Germano sia salito a Brunate, per colloquiare con la Superiora del monastero. Di queste visite fa memoria una lapide sul fianco della chiesa di Brunate. Da atti notarili sappiamo che Maddalena Albrici fondò nel 1443 a Como una casa per rifugio delle monache questuanti, sul terreno cedutole da Betto di Sala. Tra il 1455 e il 1456 la casa di Como divenne il monastero della SS. Trinità, staccandosi nel 1459 da quello di Brunate. Seguendo il suo esempio altri monasteri di monache e si aggregarono all'Ordine agostiniano. Sempre più desiderosa di ubbidire più che di comandare esortava le consorelle a lei soggette alla perfezione delle virtù. Eminente per la purezza di vita e per la carità verso tutti, morì nel maggio del 1465. Le memorie scritte sulla Beata ricordano l'eccezionalità della morte, avvenuta dopo lunghe sofferenze, e della devozione che immediatamente seguì: per otto giorni fu esposto il corpo ai pellegrini che salivano a Brunate e la tomba fu poi oggetto di continua venerazione. Il titolo di Beata fu subito tributato dai fedeli, diffuso da predicatori e religiosi, pubblicato nelle "Vite di Maddalena Albrici". Nelle raffigurazioni devozionali, la monaca agostiniana è rappresentata con raggi luminosi sul capo, quale segno di santità.
Il "Decreto che conferma il culto prestato da tempo immemorabile alla Beata Maddalena Albrici, monaca professa dell'Ordine degli Eremitani di S. Agostino" è stato emesso l'11 dicembre 1907 da Papa S. Pio X. In tale decreto si ricordano i fatti salienti della vita della Beata, i miracoli operati soprattutto a favore degli infermi. Le sue reliquie sono attualmente esposte alla venerazione dei fedeli nel Duomo di Como. La sua memoria liturgica ricorre il 16 luglio.
La lastra tombale della Beata Maddalena Albrici, priora del monastero agostiniano di Brunate fondato nel 1340 circa, riporta una iscrizione che originariamente - secondo A. Giussani - recitava: IN HOC SEPULCRO REPOSITA SUNT OSSA VENERABILIS D. MAGDALENE HUIUS MONASTERII PRIORISSE QUE OBIIT DIE XII MAIJ AN. DOMINI MCCCCLXV. Pochi anni dopo il cugino Pietro Albrici fece togliere il sepolcro, sostituì la lastra e fece ampliare la chiesa. L'iscrizione recitava: MAGDALENAE ALBRICAE ANTIST. BEATISS. QUAE PRETER RELIGIONEM SANCTIMONIA ET MIRACULIS ADUCTAM HOC DELUBRUM PIENTISS. POSTERITATI EREXIT PIERIUS ALBRICUS F. F. La lapide, scolpita alla fine del Quattrocento in marmo bianco di Musso, misura m.0,80x0,61 e sopra all'epigrafe presenta la figura della Beata in bassorilievo. Nel 1594 le monache di Brunate si trasferirono a Como nel monastero di S. Giuliano e traslarono anche il sepolcro, che vi rimase fino al 1784, quando il monastero fu soppresso. Le spoglie furono trasportate nella cappella della villa di G. B. Giovio a Verzago. Dal 1880 le reliquie furono conservate nel Seminario Maggiore di Como, quindi dal 1933 in Cattedrale, sotto l’altare di S. Ambrogio. Nel 1998 le reliquie dell'Albrici furono riunite e deposte nell’altare a lei dedicato nella chiesa di S. Andrea in Brunate.
Leggende e miracoli
Negli atti presentati alla Santa Sede per ottenere il decreto di conferma del culto della Beata Maddalena Albrici del 1907, sono esposti fatti della vita, miracoli avvenuti durante la sua esistenza e grazie ottenute per sua intercessione. Nei racconti della vita di Maddalena Albrici viene ricordato "un atto, o dir vogliamo trasporto, di carità verso i poveri".
Nell'anno1409 la città di Como si trovava in stato di carestia, molti i bisognosi e gli affamati che di porta in porta chiedevano da mangiare: la piccola Maddalena, un giorno sola a casa, distribuisce ai poveri una intera cassa di fave. Al suo rientro il padre sta proprio concludendo la vendita di quella cassa; Maddalena spaventata per quanto ha fatto ricorre al Signore ed ecco che la vuota cassa, aperta dal genitore, miracolosamente è di nuovo piena di fave.
Si raccontano molte grazie di guarigioni prodigiose avvenute per le sue preghiere. Una volta, mentre si recava a visitare i malati in paese, come era sua abitudine, guarì con un segno di croce una donna in pericolo di vita per gravi piaghe alla gola. Questo miracolo era manifesto già dal 1468 in un dipinto nella foresteria del convento. Un'altra donna di Brunate, afflitta da gravissima febbre da puntura, fu guarita dalla Beata con un segno di Croce. Un contadino malato di peste si recò al convento di Brunate per affidarsi alle preghiere della Superiora; la portinaia, riconoscendo i segni della peste fece di tutto per allontanarlo dal monastero, ma "sopraggiunse in buon punto la santa Madre; a cui venuta pietà di quel misero, non solamente nol fece ritirare, ma quivi il trattenne buona pezza, e gli unse con olio le braccia, e il benedisse col segno della Croce. Se quegli non fu sano all'istante, secondo dicono alcuni, almeno però, com'altri aggiungono, lo fu in pochi giorni."
Si tramanda anche un episodio di violenza: un contadino, acceso dall'ira, scagliò un ferro contro la figlioletta colpendola alla testa. La madre, con la bimba nelle braccia, salì a Brunate per cercare l'aiuto della Superiora. L'Albrici dapprima espresse la sua impotenza, poi mossa a pietà, pregò prostrata a terra e quindi fasciò la testa della bambina con la sua stessa benda da suora; con l'imposizione del segno della Croce la piccola si salvò. Anche questo miracolo era dipinto nella foresteria del convento.
Il popolo ricorda anche episodi di carattere morale: litigi che si placano, peccatori portati alla giusta via e malintenzionati che si ravvedono dopo l'incontro con la Beata. Dei molti miracoli avvenuti dopo la morte dell'Albrici, riportati dagli storici con i nomi dei beneficiati, significativo è quello di una donna di Brunate, detta Beccalina, che accortasi di avere la peste in gola mentre era prossima a partorire, si affidò alla Beata e offerse il bimbo al Signore qualora fosse nato e sopravvissuto. Correva l'anno 1490. Lo stesso giovane, divenuto francescano, annotò la sua storia nella copertina di un messale che si conservava all'inizio del Seicento nella chiesa di S. Andrea. Le grazie ricevute in tempi più recenti sono testimoniate da tavolette ex-voto dipinte che si trovavano ancora nella chiesa di Brunate e in S. Giuliano. Tra queste va sottolineato un dipinto su tavola con la scritta Grazia Ricevuta 1828 agosto il dì 16, rappresentante la Beata Maddalena fra nubi, mentre protende le mani giunte in atto di preghiera verso il SS. Crocefisso in alto. In basso, donna inginocchiata, vicino ad essa culla con bambino. Su una tela era scritta G. R. Anna Maria Monti maritata Pedraglio detto Pepino, 29 novembre 1846: nel dipinto la B. Maddalena appariva circondata da nubi, col capo coronato di raggi: in basso, inferma, giacente in letto, benedetta da sacerdote con cotta e stola.
I miracoli del pane e della frutta
Il "Miracolo del pane" viene descritto in tutte le biografie della Beata. Lo troviamo già in quella stampata a Roma da Fra Paolo Olmi nel 1484; esso è anche stato raffigurato, nel 1890, nella lunetta destra della navata della Chiesa di S. Andrea in Brunate. Ma già nel 1468, a soli tre anni dalla morte di Maddalena Albrici, esso fu dipinto "dentro la prima porta vecchia del convento" come testimonia suor Angela Luraga nel 1604. Del miracolo parla diffusamente Giovanbattista Melloni nel suo testo edito nel 1764: "Narrasi che un giorno d'inverno essendo caduta assai neve ch'aveva rendute le strade impraticabili, si trovò il Monistero di Brunate affatto privo di vettovaglia. La Suora, ch'aveva cura del refettorio, posta per tal accidente in gran costernazione ed affanno, corse a darne avviso alla santa Madre. Questa, senza punto commuoversi, ordinò, che non per tanto si apparecchiassero le mense secondo l'uso degli altri giorni, e al tempo debito si suonasse la campanella del Refettorio. Ella intanto se ne andò alla Chiesa, e con fiduciale preghiera al celeste Padre mostrò l'urgentissimo bisogno della sua comunità. Giunta l'ora della tavola, e radunate le Suore in Refettorio, nel mentre che la santa Madre faceva loro buon cuore su la speranza della Divina Provvidenza, ecco suona il campanello della porta. Accorre la Portinaja, apre l'uscio, e vi ci trova su la soglia un gran canestro di pane candido e fresco: ricerca con gli occhi la persona, che l'ha portato, e non vede anima vivente; e che più la sorprende, né tampoco vede nella neve orma alcuna di persona, venuta a quella parte. Portò quel canestro di pane in Refettorio; ed immaginate con quanta allegrezza e meraviglia, e con quante benedizioni e ringraziamenti ricevuto fosse l'opportuno dono del Cielo!".
Nell'affresco di Licinio Bianchi del 1890 è rappresentata la tormenta di vento e neve che sconvolge i veli delle suore; i numerosi cesti, ritrovati davanti alla porta, sono ricolmi di ogni ricchezza di vivande. Un altro miracolo che viene raccontato dal popolo è quello dell'albero che dà frutti miracolosamente. Girolamo Borsieri nella Vita pubblicata nel 1624 così scrive: "Parve un anno, che il cielo sopra il territorio Comasco fosse divenuto di sodo marmo, così s'era fatto avaro di quell'humore senza cui vivere non possono le piante, né fecondarsi i terreni. Era così secca l'aria, che non solamente non mandav'ella in terra pioggia veruna, ma né pur una minima stilla di rugiada, con cui potessero prendersi alquanto ristoro gli animali, e l'herbe, e le piante immorbidirsi. Ond'elle benchè nella stagione, in cui sogliono mostrar loro dilettevolissime vestimenta, parevano nondimeno tocche della maggior asprezza del verno. (...) Tra i luoghi in questo territorio sommamente afflitti da tale siccità poteva annoverarsi Brunate. Però non si trovando per questo influsso nel Monastero della B. Maddalena acqua, né vino, rimanev'ella un giorno molto accesa dalla sete. Soffrela tutta volta e tace, ma non meno allhora di lei scoprendosene un'altra Monaca nel medesimo Monastero, trovasi costretta a pregar Dio, che si degni intanto di sottrarre ambedue da questa necessità. Onde seco chiama la compagna ad uscir nel giardino. Ivi piegando le ginocchia in terra, e giungendo le mani in atto di orazione comincia a chieder in ciò soccorso opportuno alla S. D. Maestà. Trovasi appena giunta la fine della richiesta, che volgendo gli occhi ad una pianta di visciole la quale poco avanti fors'era priva fino delle stesse foglie, vederla carica di ottimi frutti, perlochè con essi in ambedue s'estingue l'acceso ardore della sete."