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BEAti dell'Ordine Agostiniano: Giovanni Chigi

Piatto con lo stemma dei nobili Chigi

 

Piatto con lo stemma dei nobili Chigi

 

 

Beato GIOVANNI CHIGI

1300 - 1363

 

 

 

Nei tempi medioevali c'era tanta violenza e rozzezza di costumi, ma anche tanta fede. Allora Dio era così presente nella coscienza dell'uomo che si faceva fatica a dimenticarlo. E se uomini facinorosi o spensierati a volte pensavano di esserci riusciti, alla prima occasione Dio lo trovavano in agguato dietro l'angolo. Come accade al beato Giovanni Ghigi. Non che fosse un facinoroso o uno scapestrato, ma vivace e spigliato sicuramente lo era. Non avendo bisogno di lavorare, le sue occupazioni preferite erano la caccia al falcone, la pesca alla fiocina e le allegre cavalcate. Giovane e aitante primeggiava nei tornei tra i rampolli della nobiltà senese e le giovani donne, nonché le loro madri, lo ritenevano un partito più che appetibile.

Sull'esempio del padre, come quasi tutti i discendenti di famiglie più o meno nobili, aveva come brillante avvenire la carriera delle armi, una carriera niente affatto pericolosa se non per i poveracci. Di punto in bianco l'imprevisto: una crisi religiosa viene ad oscurare la sua allegra spensieratezza e a svuotargli di significato ogni attrattiva terrena. Si allontana dagli amici di baldoria e comincia a riflettere sul senso da dare alla sua vita. In breve giunge ad una conclusione: consacrarsi a Dio nella vita religiosa, rinunciando ai beni familiari e alla sua stessa volontà: Cosa fu a provocare la crisi ? Forse il terrore della morte o del giudizio divino suscitato da qualche focoso quaresimalista o più probabilmente l'incontro con un umile e autentico servo di Dio che gli ha fatto intravedere una prospettiva di pace e di gioia, al seguito di Cristo povero e umile, in comunione con tanti altri fratelli ?

Il fatto è che a 18 anni Giovanni abbandona il palazzo avito per il convento o romitorio degli agostiniani in Valleaspra, nei pressi di Siena. Fu una sorpresa per tutti. Ogni tentativo di dissuasione fu vano. Gli stessi genitori, tentate tutte le strade, dovettero alfine arrendersi alla sua decisione, pur continuando a non condividerla. In convento Giovanni chiese di essere accolto come fratello laico al servizio della Comunità, cui offriva, insieme a tanta buona volontà, la garanzia del vigore fisico. Si piegò al lavoro manuale nell'orto, scoprendo che la zappa era più leggera della spada, alle pulizie dei locali conventuali e della scuderia, per finire nel servizio della Chiesa. Per sconfiggere il suo amor proprio sempre risorgente, si sottomise docilmente anche all'umiliante incarico della questua. Era umile nel chiedere, sincero nel ringraziare, silenzioso nel subire le umiliazioni di chi derideva la sua giovinezza. La sua vita in convento non è facile da raccontare: può sembrare incomprensibile o frutto di fantasia, specialmente se si dimentica che siamo in pieno medioevo.

Alle austerità imposte dalla regola, egli ne aggiunge di proprie con molta fantasia. Per padroneggiare il suo corpo si serve del pavimento per letto, si affligge con ortiche e rami spinosi di rovo, si inginocchia su pietre taglienti. Ha problemi anche con le vesti, che egli consuma più in fretta degli altri confratelli. Giovanni non ha fatto studi regolari di teologia. Per zappare l'orto non è necessaria, avranno pensato i suoi superiori. Tuttavia si dedica alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio con tale assiduità, è così aperto e disponibile all'azione dello Spirito che finisce per saperne più di un laureato.

Molti ricorrono a lui per consiglio e anche i superiori ne restano meravigliati. Il padre generale, anche per la sua esemplarità, lo scelse per rivitalizzare l'osservanza nel convento di Pavia. Partì lieto: in quella città, nella chiesa di S. Pietro in Ciel d'Oro, erano custodite le spoglie del fondatore S. Agostino. Con entusiasmo e ammirevole impegno vi svolse per alcuni anni l'ufficio di sacrista. Si racconta che a volte trascorresse la notte appisolandosi davanti all'altare e alla tomba del Padre.

Poi l'ubbidienza lo richiamò di nuovo in territorio senese, questa volta a Lecceto, ma ormai il Signore aveva deciso di richiamare a sé il servo fedele. Fu colpito dalla peste che infuriava nel territorio di Siena. Si preparò serenamente alla morte che lo raggiunse a 63 anni nel 1363. Il suo corpo incorrotto, dopo sei mesi fu collocato dalla famiglia in una tomba di marmo, dove fu venerato come un santo.

Anche se la Chiesa non l'ha canonizzato ufficialmente, ne ha però riconosciuto il culto popolare.