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CONVENTI agostinianI: Teramo

Interno dell'Oratorio di S. Agostino a Teramo

Interno dell'Oratorio di S. Agostino

 

 

CONVENTO AGOSTINIANO A TERAMO

 

 

 

La presenza dei monaci Agostiniani nella città di Teramo, quantunque in forma ancora eremitica, risale quasi certamente alla seconda metà del XIII secolo. Lo storico Anton Ludovico Antinori negli Annali scrive che nel 1255 il priore e i frati dell'Eremo di S. Onofrio ad Cesenanum nel territorio di Penna della diocesi aprutina, fecero istanza al vescovo Matteo per poter professare la regola di S. Agostino in quel romitorio e in qualunque altro luogo della sua giurisdizione. Il vescovo aprutino li autorizzò con un rescritto emanato da Civitella il 10 agosto 1260.

In seguito questo convento ottenne indulgenze e terre e aumentò il numero dei frati. E' dunque probabile che proprio da questa comunità provenissero gli Agostiniani che diedero origine al nuovo insediamento nella città di Teramo.

Sulla data di fondazione del convento Niccola Palma scrive "che nel 1362 già esistesse e fosse luogo di studio, si è veduto nelle memorie di S. Benedetto. Altro non so dirne di vantaggio; perché soppresso in forza di dispaccio segnato agli 8 settembre 1792 ed eseguito al 1 ottobre 1796, è ora moralmente impossibile indagare ove siano andate a nascondersi o a perir le sue carte".

Tra i primi storici dell'ordine, l'agostiniano Tomas de Herrera nella sua opera Alphabetum Augustinianum, pubblicata a Madrid nel 1644, scriveva che nell'archivio del convento di Teramo aveva visto una bolla del papa Clemente IV, emanata da Viterbo nel 1268, con la quale il pontefice accordava il perdono dei peccati ai cittadini teramani che avessero aiutato il priore e i frati eremiti di Teramo per la chiesa che risultava essere stata costruita in onore dei beati apostoli Filippo e Giacomo.

Luigi Torelli, autore dell'opera Secoli Agostiniani overo Historia generale del Sagro ordine eremitano pubblicata a Bologna nel 1675, scrive "E se bene il detto Errera non dice, che cosa contenesse questa Bolla, nondimeno da questo poco squarcio, che egli produce, io ne deduco, che contenesse qualche Indulgenza, o per il proseguimento della Fabbrica della Chiesa, ò per altro vantaggio del Monistero, e de' Padri di quello: hora Teramo è Città, e il detto nostro Convento tuttavia si conserva in assai buon stato, di cui altre volte forse tornaremo à favellare".

Anche altri storici tra i quali Augustin Lubin e Nicola Crusenio, probabilmente riprendendo l'opera dell'Herrera, recano la medesima notizia. Nella Relazione redatta il 18 febbraio 1650 da padre Battista Bonfante, priore del convento di S. Agostino di Teramo, la pergamena papale tuttavia non venne trovata. Difatti si legge testualmente "Il Monasterio del Glorioso Padre S. Agostino della Città di Teramo situato dentro la Città capo della Diocesi Aprutina poco distante dalla piazza per la sua antichità e poca cura de passati non vi è speciale memoria del quando e come fu eretto; e dopo le diligenze al possibile usate si è ritrovato come nell'anno 1312 passò a miglior vita il Padre fratel Angelo figlio di questo convento; si presuppone però molto antico havendo sempre tenuto con se e al presente tiene il secondo luogo tra i monasteri della Provincia e nella Città precede a tutti gli altri, eccettuatone i Padri Domenicani in virtù del loro privileggio ... Ordinariamente vi abitano dieci et undeci Religiosi".

Stando così i fatti, p verosimile che il convento sia sorto fra il 1268 e il 1312 quando era pienamente attivo.

La comunità agostiniana si inserì efficacemente nel tessuto socio-economico della città tanto che, nel 1420, ebbe necessità di allargare la propria struttura conventuale destinando ad altro uso la chiesa, forse allo "studium" monastico. La struttura conventuale si ampliò fino a comprendere la chiesa e l'oratorio di S. Giacomo, ubicata nelle adiacenze dello stesso convento, di proprietà della Congregazione dei Disciplinati della morte e S. Maria del Soccorso ivi eretta nel 1260.

Il nuovo tempio, anche se dedicato ai Santi Filippo e Giacomo, iniziò a chiamarsi di S. Agostino; vi si edificarono dodici sepolture e tre cappelle laicali private. Iniziò così un rapporto molto stretto tra gli Agostiniani e la Congregazione dei Disciplinati della morte e S. Maria del Soccorso la quale, in seguito, entrò a far parte della Confraternita dei Cinturati, detta anche Società di S. Monica, eretta ed approvata con decreto vescovile del 1439 nella chiesa agostiniana di S. Giacomo di Bologna. La floridezza del complesso monastico è documentata dagli Statuti di Teramo del 1440 nei quali è prevista l'elezione di due economi laici per l'amministrazione dei beni.

Nei successivi secoli la prosperità patrimoniale degli Agostiniani, continuamente incrementata dalle numerose donazioni ed offerte provenienti dalla generosità di cittadini e di benefattori, è testimoniata sia dagli elenchi dei beni registrati nei Catasti del comune di Teramo del 1644 e del 1749, come dagli atti notarili nei quali ricorrono donazioni e testamenti i cui lasciti a favore del convento, della chiesa o della Confraternita dei Cinturati e Maria SS. della Consolazione e del Soccorso erano spesso legati, com'era in uso, alle messe e alle sepolture. Un dispaccio reale, datato Napoli 5 dicembre 1778, mise sostanzialmente fine alla regolare vita monastica e costituì il pretesto per la chiusura del convento.

Un esposto inviato al Re il 20 luglio 1780 da tal Nicola Sulpizij segnalò non solo che gli Agostiniani di Teramo non avevano osservato gli ordini reali ma evitavano di aprire una pubblica scuola.

Nuove esigenze pubbliche indussero il sovrano ad emanare un dispaccio, datato Napoli, 8 settembre 1792 che dichiarava: "In vista della rappresentanza di cotesta Udienza per l'ampliazione del carcere Sua Maestà ha risoluto e vuole che si sopprima cotesto conventino de' P.P. Agostiniani per impiegarsi le fabriche per uso del carcere tanto necessario in codesta Udienza ed all'effetto con questa stessa data si danno gli ordini convenuti al Fiscale". La guerra sopravvenuta con le invasioni francesi in Italia e la nascita della effimera Repubblica Napoletana che finirà nel 1799 daranno il colpo definitivo all'insediamento agostiniano, che da convento fu trasformato in carcere.

Nel 1865, dopo l'Unità d'Italia, la Direzione generale delle carceri di Torino nel sottolineare al Prefetto "come la contiguità della Chiesa di S. Agostino colle carceri sia di grave minaccia per la loro sicurezza attesa la debolezza del muro di confine, corrispondente ad alcuni cameroni..." proponeva l'occupazione della chiesa stessa, che, dopo la soppressione del convento, era stata affidata alle cure dell'Arciconfraternita dei Cinturati e Maria SS. del Soccorso e della Consolazione.

I confratelli della Congregazione dei Cinturati si opposero.

Anche il vescovo aprutino Michele Milella, nell'inviare una lettera al Ministro dei culti, faceva notare che la chiesa, era situata nel quartiere più nobile della città, che a preferenza delle poche altre accoglieva, per la sua ampiezza, una moltitudine di cittadini e che, se abbattuta, sarebbe venuto a mancare un idoneo luogo per gli uffici sacri ed infine che era da considerarsi come concattedrale poiché quando il Capitolo aprutino non poteva officiare nel duomo si serviva di S. Agostino. Dopo ulteriori mediazioni nel 1873 fu accettata la proposta di cedere, a titolo gratuito, quella parte della chiesa che occorreva ad isolare il carcere, scongiurando così la distruzione di "pregevolissimi dipinti in affresco di rinomati autori e di sepolcri gentilizi".

Su progetto dell'architetto Giuseppe Lupi, la chiesa venne prima ristretta sul lato sinistro ma poi demolita per esigenza di sicurezza ad eccezione dell'oratorio nel quale, tra altre settecentesche opere pittoriche, Giovan Bernardino Delfico aveva firmato nel 1853 gli affreschi della volta e dei pennacchi raffiguranti rispettivamente l'Apparizione della Vergine a S. Monica e i quattro Evangelisti. Ignorando completamente il preesistente e antico impianto a tre navate e distruggendo ogni testimonianza visiva della presenza agostiniana a Teramo il tempio fu ricostruito in stile neoclassico ad una navata dove, su ogni lato, si aprivano sei cappelle decorate da rilievi a stucco. Il vescovo Gilla Vincenzo Gremigni, con bolla del 28 agosto 1948, elevò poi la chiesa di S. Agostino a parrocchia del quartiere di S. Giorgio con immissione nel civile possesso da parte dell'Ufficio amministrativo diocesano del 15 luglio 1950. Negli anni '60 la chiesa divenne Vicaria curata della Cattedrale, venne chiusa al culto e, dopo ulteriori restauri, fu nuovamente aperta per l'officiatura della sola liturgia domenicale.