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Facciata del Santuario della Madonnetta
SANTUARIO DELLA MADONNETTA A GENOVA
In origine nell'area dove sorge il santuario, esisteva una chiesetta dedicata a S. Margherita, che i padri Agostiniani del vicino convento di S. Nicola restaurarono nel 1599 ridedicandola a San Giacomo. Il venerabile Carlo Giacinto Sanguineti, maestro di novizi nel convento di San Nicola, coltivò l'idea di erigere in quella posizione un grande Santuario alla Vergine, che da quell'altura doveva dominare tutta la vallata. Fra i proprietari delle aree adiacenti c'era la famiglia di Eugenia Balbi Moneglia, suocera di Paride Salvago, senatore della Serenissima, la cui casa era frequentata spesso dai religiosi Agostiniani di San Nicola, e particolarmente dal Sanguineti. L'arrivo a Genova nel 1656 di una statua della Madonna con un alone di miracoli, convinse Eugenia Balbi Moneglia a porla nell'oratorio privato della sua villa di Carbonara. Alla sua morte nel 1689, il marito e la figlia decisero di costruire un Santuario. Costruito tra il 1695 e il 1696 per gli Agostiniani dall'architetto imperiese Antonio Maria Ricca l'edificio di forme barocche è preceduto da un caratteristico sagrato, pavimentato a "rissoeu" (ciottoli bianchi e neri) disegnato da Bartolomeo Storace nel 1732.
La chiesa è impreziosita dagli affreschi realizzati nel 1697 da Bartolomeo Guidobono: egli dipinse l'Incoronazione della Vergine sulla volta dello scurolo e la "Cena in Emmaus" sulla parete del refettorio del convento. Del corredo artistico fanno anche parte: la venerata statua gaginesca della "Madonnetta" e la "Pietà", gruppo ligneo di Anton Maria Maragliano (1733).
Il primo altare di destra è dedicato ai santi dell'ordine Agostiniano. Nel secondo altare, dedicato a S. Giacomo, conserva una tela del Paggi, mentre nel terzo si può ammirare una tela di Sebastiano Galeotti. Nella cappella sottostante l'altare maggiore è esposta alla devozione dei visitatori la statua della «Madonnetta», che regge fra le braccia il bambino. L'edicola ove la statua è conservata, è coronata da quattro colonne a tortiglione in alabastro. Gli affreschi che adornano la volta, che raffigurano le glorie della Vergine, sono opere di Bartolomeo Guidobono. Le pregevoli stoffe a ricami, di cui molte sono donazioni della Casa dei Moneglia, esprimono il gusto tutto genovese del ricamo in oro e seta: esse erano esposte all'interno del Santuario nella solenne festività dell'Assunta, che sino a che durò la Repubblica Genovese.
In quella giornata quattro Senatori, impaludati in toghe nere foderate di rosso, scortati da quattro alabardieri salivano alla Madonnetta per partecipare al rito solenne.
CONVENTO E CHIESA DI NOSTRA SIGNORA ASSUNTA "LA MADONNETTA"
di Andrea Leonardi
Il complesso, degli Agostiniani Scalzi, ubicato nella zona di Castelletto, affaccia sull'invaso progettato dall'architetto Antonio Maria Ricca il cui accesso, particolarmente impervio, è descritto anche da Federico Alizeri (Guida illustrativa per la città di Genova, 1846-'47, p. 522): "assorge al monte di guisa ripida, che ad afferrarvi è affannoso il tragitto; ciò nondimeno ne vale il pregio, e negletta che fosse, non andrei senza colpa". Il nucleo edilizio della "Madonnetta" è composto dal braccio disposto in modo irregolare rispetto all'impianto del santuario e alla successiva addizione settecentesca, ottenuto impiegando un paio di case e terreni donati nel 1595 agli Agostiniani Scalzi dalle famiglie Moneglia e Parodi-Sassino: la prima dimora è stata utilizzata per ottenere una serie di sei celle, al primo piano, e, al piano terra, per il refettorio affiancato da alcuni locali di servizio; nella seconda, chiamata "loggia", hanno trovato posto il coro e l'oratorio.
Lavori provvisori parzialmente rivisti più tardi in muratura, verso il 1609 circa, di cui oggi rappresentano sicura prova le tracce dell'oratorio e del refettorio affrescato; interventi che documentano il ruolo satellite e di servizio che il complesso della "Madonnetta", sorto con funzioni di Noviziato, ha ricoperto per lungo tempo rispetto alla grande fabbrica di San Nicola. La "Madonnetta" non registra interventi significativi per l'intero e lungo periodo, compreso tra il 1597 e il 1680, che impegna gli Agostiniani nel progressivo perfezionamento del vicino convento dedicato al santo di Tolentino. Solo nel 1689, si decide di costruire una nuova cappella tra le rovine della vicina chiesa di San Giacomo, ingrandita poi già nel 1690, sino all'inizio dei lavori per il Santuario nel 1695, a inglobare la cappella stessa, forse su progetto di Giacomo Viano, cui attribuire il corpo absidale, e di Antonio Maria Ricca, responsabile del corpo della chiesa. Altri interventi interessano il coro, la sacrestia, le cappelle laterali e lo scurolo tra il 1698 e il 1699; il campanile, eretto tra il 1697 e il 1701; la volta, il cornicione e i capitelli, nel 1704. Tra il 1726 e il 1729, Bartolomeo Storace progetta e coordina la costruzione del nuovo corpo conventuale, terminato parecchi anni più tardi, tra il 1749 e il 1764.
Lo stesso Storace, tra il 1731 e il 1733, realizza il sagrato in pietre bianche e nere. Nella sua visita, l'Alizeri (Guida illustrativa cit., p. 523) scrive che "non saran molte le cose d'arte ch'io vi prometto nel visitarlo, ma ve n'ha alcune di fioritissime". La piazzetta su cui la chiesa affaccia è decorata con un bassorilievo della Pietà, "di pronto scalpello", eseguito da Domenico Parodi. Il vano della chiesa, a forma di ottagono irregolare, presenta un interessante disegno pavimentale e sei cappelle laterali; una coppia di rampe, anch'esse ai lati, lo collegano all'area del presbiterio. Tra le opere di maggior pregio, sugli altari disposti lungo i fianchi, vi sono: Gesù e i Santi Giacomo e Giovanni di Gio Battista Paggi (1620 circa), l'Annunciazione di Sebastiano Galeotti (1738) e l'ancona col Crocifisso di Raffaele Badaracco. Sull'altare maggiore è posto un grande Crocifisso ligneo settecentesco. Ancora, l'organo, del 1735, è di Lorenzo Roccatagliata. Una scala, al centro del presbiterio, conduce allo scurolo affrescato nella volta da Bartolomeo Guidobono (1707) che "fa bel complemento ai variati marmi che incrostano per ogni parte il gentil sotterraneo"; sull'altare, una Madonna del Cinquecento riconducibile all'ambito dei Gagini, mentre nell'attigua cappella è conservato il gruppo ligneo della Pietà di Anton Maria Maragliano (1733).