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CONVENTI agostinianI: Cremona

Bonifacio Bembo, Ritratto di Francesco Sforza, affresco a Cremona, chiesa di Sant'Agostino

Bonifacio Bembo: ritratto di Francesco Sforza,

affresco nella chiesa di Sant'Agostino a Cremona

 

 

NOTE PER LA STORIA DEL CONVENTO DI SANT'AGOSTINO DI CREMONA E I RAPPORTI CON L'OSSERVANZA DI LOMBARDIA

di Elisa Chittò

 

 

 

L'adesione alla Congregazione dell'Osservanza di Lombardia

 

Il passaggio del convento di Sant'Agostino, che apparteneva all'ordine dei frati Eremitani, alla Congregazione dell'Osservanza di Lombardia avvenne nel 1449 in un momento di grande fioritura sia artistica che culturale inaugurata dai nuovi signori di Cremona.

Nella metà del Quattrocento, Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza, dopo le nozze celebrate il 25 ottobre 1441 nella chiesa di San Sigismondo [1], avevano stabilito infatti il loro patronato sull'altare dei Santi Crisante e Daria, celebrati nel giorno del loro matrimonio, che avevano fatto erigere proprio nella chiesa di Sant'Agostino; qualche anno più tardi, nel 1447, Giovanna Cavalcabò, figlia di Ugolino marchese di Viadana, un tempo signore di Cremona, aveva donato diversi beni ai frati Eremitani per provvedere al completamento delle decorazioni della cappella, dedicata all'Annunciazione della Vergine Maria, eretta dal padre nel 1399 [2], per la realizzazione delle quali la storiografia più recente associa il nome del pittore Bonifacio Bembo; altre famiglie importanti, come ad esempio i Plasio, gli Stanga, i Mussi, i Ponzoni e i Barbò avevano eretto proprio nella metà del Quattrocento le cappelle gentilizie per le sepolture dei membri dei loro casati, commissionando arredi sacri, tavole e decorazioni di elevato valore artistico che ben rappresentassero la loro condizione sociale [3].

Eppure l'ingresso nell'Osservanza lombarda non fu indolore, ma era stato anticipato da un momento di degrado della vita spirituale e comunitaria dei frati Eremitani, che era culminato con l'efferato eccidio del priore, fra Agostino de Cauciis, e dei suoi due nipoti, consumato fra le mura del convento probabilmente nella tarda estate del 1449. Il drammatico e crudele episodio fu raccontato con precisione da due confratelli che fin dalle origini avevano ricoperto incarichi importanti all'interno della Congregazione di Lombardia: frate Benigno Peri da Genova e frate Agostino Cazzuli di Crema [4]. Le loro cronache manoscritte sono ora conservate alla Biblioteca Civica "Angelo Mai" di Bergamo ed erano probabilmente parte della ricca biblioteca del convento di Sant'Agostino della medesima città, dispersa dopo le grandi soppressioni napoleoniche [5]. Frate Benigno compose infatti l'opera intitolata Primordia Congregationis Lombardie Observantium fratrum Eremitarum Sancti Augustini, mentre frate Agostino scrisse invece il volumetto intitolato Origo Congregationis Lombardie, entrambe risalenti alla seconda metà del secolo XV [6]. Ma è soprattutto il racconto di fra Agostino da Crema, raffinato umanista e uomo di fiducia di Bianca Maria Visconti, più volte vicario generale dell'Osservanza lombarda e priore del convento di Sant'Agostino di Cremona negli anni fra il 1466 e il 1468, ad essere più ricco di dettagli sul tragico episodio durante il quale era rimasto vittima il priore [7]. Nel 1449 - raccontava frate Agostino - accadde un grave scandalum tra i frati di Cremona, i quali mal sopportavano regimen, vita et mores di frate Agostino de Cauciis, uomo virtuoso e colto, Sacre pagine professor et disertus et in arte rectorica eloquentissimus e attendevano il momento opportuno per vendicarsi di lui.

All'interno del capitolo vi erano soprattutto due frati che avevano in odio il priore e cominciavano a tramare contro di lui per trovare il modo di assassinarlo, pensando probabilmente di occultarne il corpo e di non lasciare traccia del loro delitto. Un giorno, mentre frate Agostino stava uscendo dalla chiesa per recarsi nel chiostro in compagnia di due nipoti, i confratelli scelesti et impudici imbracciata una sudis magna et grossa, ossia un grosso palo che si erano già procurati premeditando il delitto, lo colpirono più volte al capo con violenza tanto da farlo cadere a terra esanime in un lago di sangue, mentre i due assassini riversavano la loro ferocia anche sui nipoti: uno di essi fu colpito con lo stesso palo fra la tempia e l'orecchio, mentre l'altro fu accoltellato al ventre. Il priore spirò il giorno stesso prima dell'arrivo della notte, il nipote, colpito alla tempia, morì solo qualche giorno dopo, mentre l'altro, nonostante fosse ferito, riuscì a fuggire e a svelare i risvolti dell'episodio. La notizia del crudele delitto si sparse e scosse l'intera città di Cremona e molti cittadini, condannando la violenza dei frati, accorsero al convento per farsi giustizia da sé.

In seguito al feroce omicidio la comunità si rivolse ai signori di Cremona affinché facessero giustizia. Fu decisivo l'intervento di Bianca Maria Visconti, ormai diventata duchessa di Milano e protettrice della Congregazione dell'Osservanza di Lombardia, per riformare il convento di Sant'Agostino, ricondurlo all'Osservanza e riportarlo all'ordine e all'antica regola. La sovrana informò immediatamente frate Giuliano Falciglia da Salemi  [8], priore generale dei frati Eremitani dell'ordine di Sant'Agostino, il quale l'8 ottobre 1449 scrisse da Fabiano [9] una lettera a frate Giorgio Laccioli da Cremona [10], all'epoca vicario generale della Congregazione di Lombardia, affinché si trasferisse dal convento eremitano di Santa Maria Incoronata di Milano a Cremona per riformare anche il convento di Sant'Agostino ad regularem observantiam, affidandogli il delicato compito di accogliere i frati che riteneva idonei alla regola, e di espellere tutti coloro che non reputasse degni, rivolgendosi anche, se fosse stato necessario, ad brachium spirituale atque temporale. Frate Giorgio Laccioli accolse le disposizioni del priore generale, mosso anche dalle preoccupazioni dei duchi di Milano, e raggiunse rapidamente la città di Cremona portando con sé numerosi frati provenienti dai monasteri lombardi che avevano aderito all'Osservanza, ed entrò solennemente nel convento di Sant'Agostino il giorno di Ognissanti insieme a frate Gabriele Attendolo [11], fratello del duca Francesco Sforza, che più tardi diverrà arcivescovo di Milano; infine nominò come primo priore frate Quieto de Crema affidandogli la cura del convento. Anche frate Benigno Peri, nella sua prima storia della Congregazione di Lombardia, ricorda brevemente il feroce omicidio a cui era seguita l'introduzione della riforma da parte di frate Giorgio Laccioli, soffermandosi sulla descrizione del convento, il quale doveva essere amplium con precipua dignaque basilica, sacrario bibliothecaque ornatum. Qualche secolo più tardi anche padre Donato Calvi, storico dell'Osservanza lombarda, riportava i fatti accaduti nel 1449 nel manoscritto intitolato Serie dei conventi Agostiniani [12] composto probabilmente intorno al 1670."

L'anno 1449 essendo nato gravissimo scandalo - scriveva Calvi - nel convento di Sant'Agostino di Cremona, ove abitavano i padri conventuali fin dall'anno 1261, per la morte violenta data al padre Agostino Cauzi da Cremona, priore del convento et a due suoi nipoti. Commossa la città, fu fatta istanza all'illustrissima duchessa Bianca Maria Visconti, signora di Cremona, per la riforma del convento et essa, che molto amava i padri della Congregazione di Lombardia, scrisse al padre generale che era allora il padre Giuliano di Salem, siciliano, lagnandosi del scandalo commesso e istanza perché il predetto convento farsi fosse riformato e posto sotto l'Osservanza di Lombardia ...".

Calvi, conoscendo probabilmente le fonti quattrocentesche, concluse la sua breve storia raccontando come frate Giorgio Laccioli insieme a frate Gabriele Sforza presero possesso del convento di Sant'Agostino con "letitia et giubilo" di tutta la città. Escludendo la fondazione del convento di Sant'Agostino di Crema, che era a tutti gli effetti il fulcro propulsore e il centro direzionale dell'Osservanza agostiniana in Lombardia, quello di Cremona era stato accolto nella Congregazione dopo quelli di Santa Maria della Cella di Genova, di Sant'Agostino di Bergamo e di Santa Maria Incoronata di Milano. Da pochi anni, infatti, all'interno dell'ordine agostiniano era stato avviato un movimento di riforma voluto fortemente da papa Eugenio IV. Il fondatore della Congregazione lombarda, il beato Giovanni Rocco da Pavia, era nato appunto a Pavia nel 1389 ed entrò nell'ordine dei frati Eremitani di Sant'Agostino nel convento della sua città nel 1408; più tardi, nel 1419 fu mandato a Padova dove ottenne il titolo di magister in Teologia. Successivamente fece ritorno nel convento di Pavia dove ricoprì il ruolo di priore ottenendo la fiducia di Gerardo da Rimini, priore generale dell'ordine [13]. Donato Calvi racconta che da tempo egli stava meditando di riformare l'ordine, ma se ne convinse quando visitò il convento di San Giovanni a Carbonara di Napoli, dove l'Osservanza era stata introdotta da qualche anno da frate Cristiano da Villafranca.

Di ritorno da un pellegrinaggio in Terrasanta, nel 1437 Giovanni Rocco intravide la possibilità di realizzare il suo progetto di riforma proprio in Lombardia, intuendo che l'eredità della famiglia Vimercati di Crema [14], che prevedeva l'istituzione di un convento agostiniano nella medesima città, fosse l'unica strada da percorrere per dare inizio ad una nuova comunità di religiosi che nutrissero il progetto di tornare alle origini dell'antica regola. Così Giovanni Rocco nel 1439 ottenne dal priore generale la facoltà di istituire l'Osservanza di Lombardia proprio nel convento che si stava costruendo a Crema, circondato da confratelli che condividevano le sue stesse idee come frate Giovanni da Novara, frate Giorgio Laccioli da Cremona e i fratelli Bartolomeo e Agostino Cazzuli da Crema [15]. All'interno della Congregazione di Lombardia e, più in generale in tutto il movimento osservante, si stava vivendo un periodo di grande effervescenza e di rinnovamento spirituale e culturale e di un ritorno alla povertà - non va dimenticato che gli Agostiniani erano considerati un ordine mendicante alla stregua dei Domenicani e dei Francescani - che portò inevitabilmente a grandi scontri interni, in particolar modo fra conventuali e osservanti. Il priore generale dell'ordine, Giuliano da Salemi, fu costretto a convocare un capitolo generale di tutte le osservanze d'Italia che si svolse a Monte Specchia (Siena) il 10 maggio 1449 e per la Congregazione di Lombardia parteciparono Giovanni Rocco da Pavia, frate Giovanni da Novara e frate Giorgio Laccioli da Cremona, che fu nominato vicario generale delle comunità lombarde che avevano aderito all'Osservanza. Il legame fra il convento di Sant'Agostino di Cremona e la Congregazione di Lombardia che stava diffondendosi da Crema nelle città del Ducato di Milano, appoggiata e protetta da Bianca Maria e Francesco Sforza [16], fu rappresentato dunque da frate Giorgio Laccioli. Professore di Teologia e di Sacre pagine, fu una figura determinante nel movimento osservante lombardo: nel 1434 fu maestro reggente e amministratore della prioranza di Padova, visitatore generale del convento di Sant'Agostino di Cremona e successivamente presidente del Capitolo provinciale di Lombardia; dopo una breve parentesi romana, nel 1442 tornò a Cremona e fu priore del convento di Sant'Agostino, e da qui ebbe i primi contatti con l'Osservanza di Crema soprattutto con il priore, frate Giovanni da Novara, tanto da sostituirlo l'anno successivo, dopo aver accettato di entrare nell'Osservanza, nel ruolo di priore quando egli fu inviato a riformare il convento agostiniano di Bergamo.

Fra il 1444 e il 1445, quando l'Osservanza agostiniana entrò in possesso del convento milanese di Santa Maria di Garegnano, appartenuto ai padri di San Marco, che prese poi il titolo di Santa Maria Incoronata, frate Giorgio divenne il primo priore, e da qui riuscì anche ad intensificare i rapporti con Filippo Maria Visconti, duca di Milano. Dopo la sua nomina a vicario generale della Congregazione, fu inviato dunque a Cremona per riformare il convento e, nel 1451, morì di peste nel convento di Santa Maria Incoronata dove fu sepolto e più tardi proclamato beato [17]. La presenza di Giorgio Laccioli, il quale godeva anche della fiducia di Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza allora signori della città, nella comunità agostiniana di Cremona nella metà del Quattrocento fu dunque determinante per l'adesione del convento all'Osservanza. Anche se a questo punto della ricerca le fonti rinvenute sono ancora piuttosto scarse [18], sappiamo che frate Giorgio fu presente anche nel momento in cui si pose fine a una lunga vertenza fra i frati Eremitani e Gian Galeazzo Ponzoni, figlio del miles Giovanni, in merito all'eredità di Baldassarre Burlandi, che si risolse con una sorta di convezioni stabilite e trascritte in un atto rogato il 2 maggio 1444 a Cremona in capitulo conventus fratrum Eremitarum, fra i testimoni del quale compariva anche il pittore Pietro Bembo [19]. Non è un caso dunque che Laccioli abbia ricevuto l'incarico di pronunciare un arbitrato in questa spinosa questione fra gli Agostiniani e Gian Galeazzo, poiché spesso i Visconti-Sforza si servivano infatti di religiosi osservanti ben conosciuti a corte per dirimere questioni importanti [20].

La famiglia Ponzoni, essendo molto vicina a Francesco Sforza fin dai tempi in cui egli militava per la Serenissima, aveva ospitato il condottiero nei giorni che avevano preceduto il matrimonio con Bianca Maria, celebrato nella chiesa di San Sigismodo nei pressi di Cremona, a Castelletto dei Ponzoni, riconquistando così un ruolo di prestigio in città e ottenendo protezione e numerosi appoggi, fra i quali anche quello di poter incamerare i beni che Burlandi aveva lasciato in eredità al convento di Sant'Agostino e ottenere in questo modo la possibilità di costruire nella chiesa stessa una cappella di famiglia sub titulo et vocabulo Sanctorum Augustini et Antonii et Iacobi per potervi porre le proprie sepolture [21]. Allo stato attuale degli studi risulta piuttosto difficile incrociare i dati riscontrati nelle cronache tardo quattrocentesche di Benigno Peri e Agostino Cazzuli con le fonti conservate all'Archivio di Stato di Milano per cercare di ricostruire i fatti che precedettero e seguirono l'omicidio del priore Agostino de Cauciis, a cui senz'altro avranno fatto seguito risvolti giudiziari, anche perché i registri ducali relativi agli anni 1448 e 1449 non riportano alcun accenno all'episodio, mentre il carteggio visconteo-sforzesco per la città di Cremona parte dal 1452 [22], inoltre sono andati dispersi anche i Libri provisionum del comune di Cremona relativi a quel preciso periodo. Tuttavia si potrebbe ipotizzare che il crudele episodio rappresentasse l'apice estremo del conflitto che era in corso in quegli anni tra i religiosi che aspiravano a uno stile di vita più rigoroso e vicino allo spirito della riforma osservante e gli altri confratelli conventuali, che optavano invece per una vita comunitaria meno rigida e più rilassata. Anche la documentazione che doveva far parte dell'archivio del convento di Sant'Agostino non permette di ricostruire con precisione il momento di passaggio all'Osservanza, tuttavia da una lettura mirata delle pergamene è possibile stabilire che la presenza del priore, che più tardi sarà assassinato, possa essere accertata fino alla metà del 1449: in un atto rogato a Cremona il 20 giugno 1449, che contiene una permuta di beni posti nella vicinia di San Nicolò, il capitolo, di cui facevano parte Paolo de Florencia lector, Pietro de Fulnate, Giovanni de Grassis, Cristoforo de la Specia, Agostino de Savona, Giovanni de Sommo Giovanni de Petranigra, Graziolo de la Mana e Agostino de Bugnis vicario del convento, era ancora presieduto dal priore, magister Agostino de Cauciis, dottore in Teologia, mentre negli atti rogati nei mesi fra settembre e ottobre a rappresentare il convento di Sant'Agostino non era più il priore, che probabilmente era già stato assassinato, bensì Stefano de Marinis, dottore in Teologia e vicario del convento, una presenza completamente nuova rispetto al capitolo accertato in precedenza [23].

Ma per registrare l'arrivo degli Osservanti a Cremona dobbiamo attendere ancora qualche tempo: nell'atto rogato il 14 novembre 1449 in cui furono nominati nella veste di sindaci e procuratori del convento i notai Guidino de Piasiis e Gugliemo de Prezannis, il capitolo dei frati Eremitani dell'ordine di Sant'Agostino de Observantia fu convocato de mandato domini magistri Georgii de Lazollis sacre Theologie doctoris, vicarii generalis totius ordinis Sancti Augustini de Observantie province Lombardie. L'adesione all'Osservanza si era dunque già concretizzata con la presa di possesso il 1° novembre da parte di frate Guido e frate Gabriele, come racconta nella sua cronaca Agostino da Crema. Del nuovo capitolo completamente rinnovato facevano parte i frati Antonio de Crema, Donato de Crema, Quieto de Crema, Benedetto de Veneciis, Cristiano de Pergamo, Filippo de Pergamo, Lorenzo de Novaria, Bartolomeo de Palazollo, Bonaventura de Xotua, Pietro de Milano, Battista de Milano, Giovanni de Milano, Pellegrino de Huandi, Gabriele de Attendolis, Taddeo de Castro novo de Pedemonte, Bartolomeo de Yporregia, Doroteo de Cavalleriis, Danio de Gays, Fedele de Milano, Danio de Milano e Timoteo de Milano. Un numero considerevole, erano in tutto ventuno, rispetto ai religiosi registrati solo qualche mese prima, buona parte dei quali provenienti probabilmente dai conventi di Sant'Agostino di Crema, compreso frate Quieto de Crema che verrà nominato priore da frate Giorgio Laccioli, di Sant'Agostino di Bergamo, e di Santa Maria Incoronata di Milano. Nessuna traccia invece degli Agostiniani che comparivano nel capitolo documentato il 20 giugno 1449, probabilmente allontanati da frate Giorgio perché colpevoli dell'omicidio di frate Agostino o per non aver aderito alla riforma osservante. Anche la nomina a procuratore del convento di Guidino de Piasiis non fu certamente casuale, la famiglia Plasio non solo aveva eretto una cappella dedicata a Sant'Anna nella chiesa di Sant'Agostino e risiedeva nella vicinia di San Giacomo in braida in una casa di proprietà confinante con il convento [24], ma lo stesso Guidino era vicino politicamente a Francesco Sforza, al punto di essere nominato fabbricere, insieme a Giovanni Gadio, dell'altare ducale dei Santi Crisante e Daria [25].

Protettori dell'Osservanza in generale, i duchi di Milano avevano favorito la presenza di conventi osservanti Agostiniani, francescani, domenicani, eremitani e carmelitani in tutte le città e nei borghi popolosi dello Stato [26]. E a Francesco Sforza gli Agostiniani insediati a Cremona si erano subito rivolti con una supplica per denunciare la loro situazione di massari fabrice ecclesie Sancti Augustini e per ottenere privilegi di natura fiscale [27]. I religiosi lamentavano il fatto di aver raggiunto il numero di trentasei confratelli da quando erano stati trasferiti a Cremona dal priore generale, Giuliano da Salemi, ad mansiones faccenda in dicto conventu ad celebrandum missa sed alia divina officia in ecclesia predicta regulariter, nonostante ciò al loro arrivo avevano trovato una situazione davvero desolante, ossia multa edificia domorum dicti monasteri erano dirupta et devastata et in malo ordine e pertanto ai frati spettava riedificare e ricostruire gli edifici del complesso conventuale [28]. Pertanto i frati chiedevano al duca di esentarli dal pagamento dei dazi imposti dal Comune di Cremona che potevano gravare sui redditi che venivano ricavati dalla gestione dei loro beni. Prontamente il duca rispose alla supplica dei frati il 7 dicembre 1449 concedendo al convento di Sant'Agostino il privilegio di essere per sempre immune ed esente dal versamento di qualsiasi tassa [29]. Il 4 maggio 1454 si celebrò l'annuale Capitolo della Congregazione di Lombardia, il primo che si teneva a Cremona, dove fu eletto vicario generale Giovan Rocco da Pavia; nella stessa sede furono eletti i nuovi definitori, fra i quali Giovanni da Novara, Gregorio da Pavia, Battista da Milano e Agostino da Crema, lo stesso che poi compilerà l'Origo Congregationis Lombardie. Nel corso del Quattrocento si svolsero a Cremona altri quattro Capitoli, precisamente negli anni 1469, 1477, 1484 e 1499 [30].

Nel 1453 gli Eremitani di Cremona furono impegnati anche nella riforma osservante del convento di San Nicola da Tolentino, che era stato fondato a Viadana il 25 maggio 1446 da frate Marino Francese e da alcuni padri conventuali della provincia Marchigiana e dedicato appunto al taumaturgo venerato come santo prima ancora della canonizzazione ufficiale, proclamata da papa Eugenio IV il 5 giugno 1446 [31], pochi giorni dopo la posa della prima pietra della chiesa [32]. La permanenza degli Agostiniani fu molto breve: dopo sette anni dal loro insediamento furono improvvisamente liquidati dalle autorità comunali e invitati a lasciare la cittadina mantovana con la motivazione che "la vita del predetto fra Martino et dei suoi frati molto s'allontanava dall'Osservanza regolare" [33]. La decisione di accogliere il convento di San Nicola da Tolentino nella Congregazione di Lombardia, anche su istanza della marchesa di Mantova, Barbara di Brandeburgo, come del resto era intervenuta Bianca Maria Visconti per Cremona, fu assunta dal Capitolo generale, tenutosi presso il convento di Santa Maria Incoronata nella primavera del 1453, e gli Agostiniani provenienti da Cremona presero possesso del convento viadanese il 21 ottobre del medesimo anno, insediando come primo priore Simpliciano da Bergamo.

 

Le origini del convento di Sant'Agostino

Il convento di Sant'Agostino si avviava così a vivere una nuova fase della sua presenza ormai secolare a Cremona. L'esistenza dei frati Eremitani dell'ordine di Sant'Agostino è documentata infatti a partire dalla metà del XIII secolo: in un atto risalente al 2 maggio 1249 Enrico Rossi vendeva a Giovanni, priore dell'ordine, un terreno con pergolato in prossimità della chiesa di San Fabiano [34]; il loro primo insediamento in città, anche se in un'area periferica rispetto al centro urbano, precedeva dunque di qualche anno la nascita del nuovo ordine voluta da papa Alessandro IV con l'emanazione della bolla Licet Ecclesiae Catholicae il 9 aprile 1256, con la quale univa gli eremiti degli ordini di san Guglielmo e di sant'Agostino, con gli eremiti di fratel Giovanni Bono, di Montefavalle e di Brettino e dava origine all'ordine degli Eremitani di Sant'Agostino [35]. Secondo la precisa ricostruzione di Elisabetta Filippini, i frati Eremitani occupavano all'epoca una domus nella vicinia di San Fabiano alla quale era annesso anche un chiostro e iniziarono ad acquistare beni in città tra le contrade di San Giacomo in braida e Sant'Egidio, area in cui più tardi si insediarono [36]. Nel 1261 infatti riuscirono a stabilirsi definitivamente nel centro del tessuto urbano ottenendo dagli abitanti delle vicinie di Sant'Elena e di Sant'Egidio due terreni posti nella vicinia di San Giacomo in braida, sui quali avrebbero dovuto edificare la chiesa e il convento [37].

Nello stesso anno il vescovo Cacciaconte incaricò l'arciprete della cattedrale di Cremona di porre la prima pietra per edificare la nuova chiesa dei frati Eremitani e nei mesi successivi essi erano associati alla chiesa intitolata a San Tommaso martire [38]; mentre l'anno dopo ottennero dagli abitanti della vicinia di San Giacomo in braida la cessione dei diritti sugli stessi terreni [39]. Negli anni seguenti fino alla fine del secolo, i frati estesero le loro proprietà sugli spazi confinanti con la chiesa e il convento nella vicinia di San Giacomo in braida e nel 1336 ottennero anche la cura animarum della chiesa di San Giacomo, grazie anche all'intervento della famiglia Visconti e delle massime cariche del Comune cittadino. Fra il 1339 e il 1340 gli Eremitani concretizzarono il progetto di edificare un nuovo edificio di culto dalle dimensioni più ampie, ottenendo il consenso dei Domenicani e dei Carmelitani in pieno rispetto delle regole imposte sulle distanze con i loro conventi; progetto che fu rallentato a causa del ritrovamento di antiche sepolture durante le operazioni di scavo delle fondamenta [40]. Superata anche questa difficoltà, grazie all'interessamento di Luchino Visconti, il cui casato proteggeva gli Agostiniani, i lavori di edificazione della chiesa proseguirono speditamente, e nella seconda metà del secolo l'ampio complesso di Sant'Agostino poteva ritenersi completato.

In un atto rogato l'11 febbraio 1371 si parla infatti di unam ecclesia noviter fabricatam e di un capitulum noviter constructum, segno che le strutture architettoniche essenziali della nuova chiesa di Sant'Agostino fossero già in una fase avanzata di realizzazione nella metà del Trecento, mentre l'antica chiesa di San Giacomo in braida era stata demolita per far spazio alle nuove costruzioni [41]. Ultimata la fabbrica della chiesa, iniziarono a confluire donazioni da parte dei cittadini dei vari strati della società cremonese e lasciti per l'edificazione di nuovi altari e cappelle gentilizie da parte delle famiglie del patriziato urbano, dove collocare i loro sepolcri e assicurarsi così efficaci azioni di suffragio per le anime. Fra le peculiarità dei cosiddetti 'ordini mendicanti'vi erano infatti non solo la predicazione del vangelo, l'organizzazione delle confraternite laiche, la confessione e la cura animarum in generale, ma anche una particolare attenzione per la cura delle anime dei defunti. Basti pensare, tanto per ricordare le fondazioni più significative [42], all'altare intitolato a San Raffaele, istituito nel 1371 da Raffaino Scoalocchi [43], o alla cappella dei Re Magi, innalzata nel 1387 per volontà di Baldassarre Burlandi, che prevedeva anche la realizzazione di un'arca in marmo, dove avrebbero trovato posto le sue spoglie e quelle del padre Bartolomeo, e la decorazione con un ciclo di affreschi dedicati alle storie di san Giovanni Battista, oltre alla commissione di un dipinto che doveva essere collocato sull'altare e avrebbe dovuto raffigurare le immagini di san Giovanni Battista, della Vergine, dell'Evangelista Giovanni, dei santi Bartolomeo e Cristoforo e di santa Caterina, particolarmente vicina all'ordine agostiniano [44], oppure alla sontuosa cappella di Ugolino Cavalcabò edificata in Sant'Agostino nel 1399 e intitolata all'Annunciazione della Vergine Maria, dove doveva sorgere anche il suo monumento funebre [45].

Risalgono alla metà del Trecento anche le prime notizie relative alla biblioteca, che doveva già essere a quel tempo ricca di volumi e andava via via accrescendo il proprio patrimonio librario con lasciti di librerie private, provenienti soprattutto da alcuni priori famosi come Simone da Cremona, Giovanni da Persico e Nicolino da Cremona [46]. Per il Quattrocento inoltrato si ricorda anche il lascito del chirurgo Pietro de Galeis di Napoli che, mediante testamento rogato il 27 agosto 1478, nominò suo erede universale Alessandro de Ferraris al quale donò anche i suoi libri di chirurgia, affinché ne apprendesse l'arte, legando il resto dei suoi volumi ai frati di Sant'Agostino e disponendo che fosse eretto un sepolcro nella loro chiesa con lapide in marmo sulla quale fosse scolpito il proprio nome [47]. Verso la metà del secolo XVI la biblioteca era talmente ricca di volumi che si rese necessaria la progettazione di una sede adeguata; tuttavia già agli inizi del Cinquecento si registrano lasciti destinati alla costruzione di un ambiente adatto per la conservazione dei volumi: nel 1504 il nobile Nicolò de Affaytati, figlio del fu Giacomo della vicinia di Sant'Ilario, mediante testamento legò mille e seicento lire di imperiali ai frati del convento di Sant'Agostino, destinandone mille e duecento in fabbricando unam bibliotecam in dicto monasterio [48]. Fu però Benigno degli Abbiati a concretizzare il progetto nel 1591 e la costruzione della nuova biblioteca fu portata a termine nel 1597 [49].

 

Il convento di Sant'Agostino riformato e i rapporti con i centri di potere

Nella seconda metà del Quattrocento i duchi di Milano mostrarono una grande attenzione verso le 'osservanze' degli ordini mendicanti in generale, perché esse erano profondamente radicate nella società e si muovevano con grande forza di espansione, spesso in sintonia con quel cristianesimo 'umanizzato' che i fedeli percepivano con grande fervore, e possedevano quindi una straordinaria capacità di essere vicini ai sudditi attraverso la predicazione. La famiglia Visconti - Sforza non solo aveva favorito la nascita di congregazioni autonome, ma aveva influito sull'aggregazione ad esse di altri conventi dello Stato, patrocinando il culto dei santi che erano oggetto della devozione più diffusa, ospitando a corte uomini dalla vita 'santa e pia', facendosi promotori di costruzioni di nuovi edifici, di cappelle gentilizie, di munifiche elemosine e donazioni [50].

Spesso l'austerità di vita degli osservanti, la loro disponibilità pastorale verso i fedeli, la loro preghiera per i defunti, soprattutto quelli che con i loro lasciti avevano favorito l'erezione di conventi e cappelle, li rendeva popolari e vicini sia al patriziato urbano, che alla borghesia e ai ceti popolari [51]. Nei confronti degli Eremitani di San'Agostino i duchi, non solo avevano influito sulla nascita della Congregazione di Lombardia a Crema, ma avevano favorito l'adesione da parte di altri conventi delle loro città, come ad esempio quello di Cremona, dove qualche anno prima avevano stabilito il loro patronato sull'altare dei Santi Crisante e Daria, celebrati nel giorno del loro matrimonio, che avevano fatto erigere nella chiesa di Sant'Agostino. Alla fondazione era infatti seguita anche una munifica elemosina ai frati: il 5 dicembre 1441 Francesco Sforza emanò un decreto con il quale incaricava il commissario referendario e il tesoriere del comune di Cremona di versare ogni anno venticinque ducati per l'oblazione nella festa dei martiri Crisante e Daria celebrata il 25 ottobre [52].

Un memoriale, senza data ma risalente alla metà del secolo XVI, inviato dagli Agostiniani al re di Spagna, probabilmente Filippo II, ricorda ancora la pratica dell'oblazione annuale: "La felice memoria dell'illustrissimo ed eccellentissimo Francesco Sforza Vesconte prese giustamente e quietamente il possesso della citta di Cremona il giorno 25 del mese di ottobre del anno 1441 nel qual giorno si celebra la festa delli beatissimi martiri Crisante e Daria et in memoria perpetua ditto possesso comise che se redificasse l'altare sotto il titolo de detti gloriosissimi martiri qual solo era in detta citta ei in la gesia de Sancto Augustino nella quale resedevano et resedono li continui oratori [ ...] il priore et frati del ordine de Heremiti de sancto Augustino et che [avuti] se facesse il detto giorno una oblatione a detti oratorii et cosi anche il ditto altare fu redificato secondo l'architettura del tempo et dal dito tempo in qua e anche sempre statta fatta et se fa la detta oblatione et si sono celebrati et si celebrano al ditto altare i divini officii ..." [53]. Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza, mostrando sempre una particolare attenzione nel promuovere forme di spiritualità e di venerazione più vicine e praticate dai sudditi, cercando così di rafforzare l'immagine di sovrani pii e virtuosi, avevano contribuito anche alla fondazione di nuove cappelle, ad esempio quella dedicata a San Bernardino da Siena, che era stato canonizzato soltanto nel 1450, che fu eretta nel 1452 nella chiesa di San Francesco appartenente ai frati Francescani conventuali.

Il santo francescano era particolarmente amato dai fedeli cremonesi, che lo avevano conosciuto come predicatore e propulsore del culto mariano, quando era stato chiamato in città dal vescovo Costanzo Fondulo [54]. Quasi contemporaneamente era stata dedicata a San Nicola da Tolentino, la cui devozione era molto diffusa fra il popolo, anche una cappella nella chiesa di Sant'Agostino. La cappella, che era stata istituita grazie al lascito testamentario di Agnesina Stanga, figlia del fu Francesco e moglie di Gaffarino Barbò, rogato il 12 maggio 1426 [55], per le disposizioni della testatrice stessa era inizialmente intitolata a Santa Maria delle Grazie, tuttavia nel 1454, con ogni probabilità per volontà del priore e del capitolo, essa fu riformata e initolata ad laudem Onnipotentis Dei et Gloriose Virginis Marie et Sancti Nicolay de Tollentino [56]. A prova di ciò il testamento di Antonia Barbò, figlia di Agnesina, rogato il 23 luglio 1458, che dispose un lascito alla cappella di San Nicola da Tolentino di 20 lire di imperiali l'anno, in pieno rispetto del legato della madre [57]. La nuova dedicazione al santo, di recente canonizzato, si era resa necessaria probabilmente per l'istituzione della festa solenne in suo onore. Il 29 gennaio 1454 anno, infatti, per sostenere la politica dei sovrani, dietro suggerimento de luogotenente ducale Francesco Visconti, i deputati del comune di Cremona avevano stabilito che fossero organizzate celebrazioni e oblazioni in onore di san Bernardino e di san Nicola da Tolentino ogni anno nel giorno della loro festa rispettivamente nelle cappelle erette nelle loro chiese, ossia ad ecclsiam Sancti Bernardini in ecclesia Beati Francisci situata et ad ecclesiam capellam Sancti Nicolay de Tollentino sitam in ecclesiam Sancti Augustini [58].

Nel medesimo giorno i deputati del comune di Cremona emanarono dunque un decreto con il quale stabilivano di celebrare annualmente la festa di San Nicola da Tolentino per summa devotione in sanctum ac beatissimum confessorem ... cum oblationibus et donis da parte della cittadinanza ad eius capellam in civitate Cremone ad ecclesiam Sancti Augustini ... pifferorum ac tubarum sono premisso [59]. Molto sentita e viva doveva essere ancora verso la fine del Quattrocento la devozione al santo agostiniano, presso la cappella del quale era stato eretto anche il monumento funebre di Giovan Battista Plasio, astronomo e matematico, che era morto nel 1492 [60]. Nel corso degli anni Bianca Maria Visconti aveva concesso agli Eremitani di Cremona altri privilegi: in particolare quello datato 19 luglio 1465 con il quale concedeva ai frati la possibilità di acquistare e di trasportare da qualsiasi luogo, esentandoli dal pagamento di dazi e pedaggi, la quantità necessaria di calcina, arena et lapidum, oportuna lignamina, imbrices et assides per il restauro del convento di Sant'Agostino [61].

Il favore dei duchi era imitato anche dai sudditi che nel corso del Quattrocento avevano elargito donazioni e legati in favore del convento per le loro sepolture e per la celebrazione di messe in loro memoria. Fra le tante, significativa è la donazione, rogata il 26 marzo 1482, del nobilis et plurimus comendabilis vir Ugolino de Foliatis figlio del fu Nicolò, abitane nella vicinia di San Cristoforo, il quale alla presenza di Ambrogio de Mirabilis podestà e capitano della città e del distretto di Cremona, donò a frate Desiderio de Crema, priore e rappresentante del capitolo dei frati Eremitani del convento di Sant'Agostino, tutti i beni mobili e immobili e le suppellettili presenti nella sua casa posti a Cremona nelle vicinie di San Cristoforo e San Faustino e nel territorio di Castelnuovo Bocca d'Adda, a patto di poterne godere l'usufrutto [62].

Tale donazione fu ratificata durante il Capitolo annuale della Congregazione dell'Osservanza dei frati Eremitani di Sant'Agostino, presieduto da frate Benigno de Ianua, che si era celebrato il 6 maggio 1482 nel monastero di Sant'Agostino di Forlì, durante il quale era stato confermato vicario generale ancora una volta frate Agostino de Crema. L'atto riporta le sottoscrizioni dei frati, fra cui Benigno de Ianua vicarius capituli, Agostino de Crema vicarius congregationis, Taddeo de Iporegia, Simpliciano de Pergamo, Paolo de Bergomo, Luchino de Milano, Agostino de Milano, Desiderio de Crema e Costantino de Crema. Nomi ormai noti, fra i quali anche quello di Agostino Cazzuli di Crema  [63], che dopo la morte di Giorgio Laccioli si era conquistato la fiducia di Bianca Maria. Al religioso erano stati affidati anche incarichi politici di una certa importanza, come quello di agente degli Sforza durante i negoziati preliminari che precedettero la pace di Lodi, poiché si era mostrato particolarmente adatto a svolgere un tale compito. Infatti la sua posizione di vicario generale della Congregazione lombarda e di priore del convento della città di Crema, che dal 1449 era ormai parte della Repubblica di Venezia, gli dava ampia possibilità di avere utili contatti e di spostarsi liberamente tra Milano e Crema; fu incaricato di occuparsi anche della delicata vicenda del fidanzamento tra il figlio di Bianca Maria e Francesco, Galeazzo Maria, con Dorotea, figlia di Barbara e Ludovico Gonzaga, marchesi di Mantova. Frate Agostino fu eletto priore del convento di Sant'Agostino di Cremona negli anni fra il 1466 e 1468, mentre Ludovico Sforza, figlio minore di Bianca Maria, aveva la carica di reggente della città dopo la morte del padre. Il suo nome ricorre occasionalmente nella corrispondenza tra Ludovico e Bianca Maria: si ricorda, ad esempio la lettera inviata dal castello di Santa Croce a Milano il 23 giugno 1467 nella quale egli narrava alla madre a proposito del suo governatore Francesco Caimi e del precettore Matteo Avelano che stava per morire: "... Questa matina el padre vicario di frati di Sancto Augustino lo comunico in loco de messer fra Augustino de Crema che doveva venire a darli el corpus domini secundo dixe heri e non gli e venuto per la scharanzia gli e sopravenuta questa nocte ..." [64].

Da Cremona, Agostino Cazzuli continuò a corrispondere con Bianca Maria agendo come suo emissario e trasmettendo e gli ordini alle autorità del comune cittadino. Egli fu una delle ultime persone che ebbero la possibilità di far visita alla duchessa prima della sua morte avvenuta il 23 ottobre 1468. Fra le pergamene del convento di Sant'Agostino si conserva ancora l'atto, rogato il 20 febbraio 1466 con il quale frate Agostino de Crema, priore del convento dei frati Eremitani di Sant'Agostino, e il capitolo, del quale facevano parte Cipriano de Ianua, Pacifico de Vercellis, Giovanni Marco de Vercellis, Abramo de Vercellis, Illuminato de Pergamo, procuratore generale, Feliciano de Crema, Tommasino de Brixia, Giovan Grisostomo de Pergamo, Giovan Rocco de Regonisio, Remedio de Castro novo, Severino de Pergamo, Nazario de Malignano, Basilio de Pergamo, Almazio de Thaurino, Giovanni Dimaco de Pedemonte, Graziano [de Tremo], Costantino de Porto, Bartolomeo de Roma, Portiano de Novaria, Geromino de Ianua, Dionisio de Mediolano, Onesto de Cumis, Giovanni de Cremona, Carità de Domodosola, Pietro de Montebrianza, Simplicio de Piscarolo, Onesto de Terna, Purezza de Mutina, Cornelio de Brixia e Apolonio de Vercellis, investirono don Francesco de Mediolano, prete cremonese de ecclesia Sanctorum Nazari et Celsi loci Casalorci de Boldoribus [65] di tutti beni spettanti alla chiesa a condizione che il sacerdote celebrasse i divini uffici e consegnasse al vescovo di Cremona, nella festa di San Martino, una libra di candele di cera [66]. Agli inizi degli anni Settanta del Quattrocento, frate Agostino Cazzuli da Crema ebbe un ruolo importante anche nella fondazione e nelle fasi di costruzione del monastero femminile di Santa Monica, nel quale si insediarono un gruppo di monache agostiniane provenienti dal monastero di Sant'Agnese di Milano [67]. Con l'erezione di questo complesso conventuale si completava così la presenza dell'Osservanza agostiniana nella città di Cremona.

 

 

 

Note

 

(1) - Per la ricostruzione dell'avvenimento si rimanda a M. Visioli, Le nozze ducali del 1441: documenti e iconografia, in "Artes", 12 (2004), pp. 43-45.

(2) - La volta della cappella Cavalcabò era stata danneggiata durante i bombardamenti che l'esercito visconteo aveva ordinato cingendo d'assedio la città nel 1446 (A. Gamberini, Cremona nel Quattrocento. La vicenda politica e istituzionale, in Storia di Cremona. Il Quattrocento, Cremona nel Ducato di Milano (1395-1535), Azzano San Paolo 2008, p. 26.

(3) - Senza entrare nel merito delle vicende artistiche che si sono susseguite nella chiesa di Sant'Agostino, si rimanda agli studi più recenti che hanno ricostruito in particolar modo l'erezione di cappelle gentilizie fra Tre e Quattrocento: C. Maggioni, Un episodio di cultura agostiniana alle soglie dell'Osservanza: gli affreschi della cappella Cavalcabò in S. Agostino a Cremona, in "Arte Lombarda", 84/85(1988/1-2), p. 33- 46; L. Bellingeri, Cremona e il gotico 'perduto',1. Il caso di Sant'Agostino, in "Prospettiva", 83-84 (1996), pp. 143-158; F. Cortesi Bosco, La Madonna col Bambino e i santi Pietro Martire e Giovanni Battista di Capodimonte: devozione o "damnatio memoriae?", in "Venezia Cinquecento. Studi di storia dell'arte e della cultura", X (2000), pp. 71-132; M. Marubbi, Una revisione delle presenze bembeshe in S. Agostino a Cremona sulla soglia dell'Osservanza e oltre, in Società, cultura, luoghi, al tempo di Ambrogio da Calepio, Bergamo 2005, pp. 265-281; C. Giannetto, Caratteri iconografici dell'Osservanza agostiniana nella chiesa di S. Agostino di Cremona, in Società, cultura, luoghi, al tempo di Ambrogio da Calepio, Bergamo 2005, pp. 283-309; G. Voltini, La pittura: testimonianze materiali e attestazioni documentarie, in Storia di Cremona. Il Trecento, chiesa e cultura (VIII - XIV secolo), Azzano San Paolo 2007, pp. 436-457; G. Voltini, L'architettura: spazi geometrizzanti e paramenti murari policromi, in Storia di Cremona. Il Trecento, chiesa e cultura (VIII - XIV secolo), Azzano San Paolo 2007, pp. 394-415; M. Marubbi, Pittori, opere e committenze dall'apogeo dell'età viscontea alla fine della signoria sforzesca, in Storia di Cremona. Il Quattrocento, Cremona nel Ducato di Milano (1395-1535), Azzano San Paolo 2008, pp. 308-309; M. Tanzi, Arcigotissimo Bembo. Bonifacio in Sant'Agostino e in Duomo a Cremona, Milano 2011.

(4) - Per le notizie biografiche di frate Benigno Peri da Genova e di frate Agostino Cazzuli da Crema si rimanda D. Calvi, Delle memorie istoriche della Congregazione Osservante di Lombardia dell'Ordine Eremitano di Sant'Agostino, Milano 1669 pp. 63-69 e 80-83; in particolare per frate Agostino si vedano W. Terni de Gregory, Fra Agostino Cazzuli agente sforzesco, Crema 1950, G. Degli Agosti, Fra'Agostino da Crema, Crema 1995, P. Uberti Foppa, L'Osservanza agostiniana di Lombardia in Crema e i suoi protagonisti dal 1439 al 1797, in "Insula Fulcheria", XI-XII (1972-1973), pp. 21-38, e www.treccani.it ad vocem.

(5) - Si rimanda a G. Cantoni Alzati, Il patrimonio manoscritto del convento di S. Agostino di Bergamo: Tommaso Verani e la catalogazione del 1767, in Società, cultura, luoghi, al tempo di Ambrogio da Calepio, Bergamo 2005, pp. 185-191.

(6) - Biblioteca Civica di Bergamo, ms MA74 e MA316; il primo codicetto è membranaceo, mentre il secondo è cartaceo con coperta in pergamena, entrambi risalenti alla metà del XV secolo circa. Si rimanda anche a una parziale trascrizione pubblicata in L'Osservanza agostiniana nella Lombardia orientale, a cura di M. Marubbi, I.S.U., Milano 1991 e ringrazio Mario Marubbi per la segnalazione.

(7) - La cronaca dell'adesione del convento di San'Agostino di Cremona all'Osservanza di Lombardia è contenuta appunto nel manoscritto intitolato Origo Congregationis Lombardie, cc. 46 v - 51 r.  

(8) - D. Perini, Bibliographia Augustiniana, Firenze1931, vol. VII, pp. 44-45, www.treccani.it ad vocem.

(9) - Probabilmente si tratta della località San Fabiano, nella diocesi di Siena dove nell'aprile del 1449 a Monte Specchia si celebrò un capitolo generale dell'Osservanza in Italia.

(10) - D. Calvi, Delle memorie istoriche cit., pp. 57-59, P. Uberti Foppa, L'Osservanza agostiniana di Lombardia cit., pp. 27-29.

(11) - Alcune notizie su frate Gabriele Sforza sono contenute in Primordia Congregationis Lombardie Observantium fratrum Eremitarum Sancti Augustini, c.63 r., opera composta da frate Benigno Peri, primo storico della Congregazione lombarda.

(12) - Il manoscritto è conservato all'Archivio Storico Diocesano di Bergamo (d'ora in poi ASDBg), ms 58; esso reca sulla coperta, vergato da mano diversa, il seguente titolo Serie dei conventi agostiniani. Manoscritto del P. Calvi Donato da Bergamo frate agostiniano, cc. 2 v. - 3 r.; ringrazio Andrea Zonca, responsabile ASDBg, per la disponibilità e la collaborazione.

(13) - 13. Si rimanda a M. Mattei, L'ordine degli Eremitani di Sant'Agostino e l'Osservanza di Lombardia, in Società, cultura, luoghi, al tempo di Ambrogio da Calepio, Bergamo 2005, pp. 43-54.

(14) - Si veda a C. Piastrella, Dall'usura al Convento, in "Insula Fulcheria", XIX (1989), pp. 8-50 e C. Piastrella, Il convento agostiniano dei Crema ed i primi manoscritti della sua dotazione libraria, in Società, cultura, luoghi, al tempo di Ambrogio da Calepio, Bergamo 2005, pp. 207-222.

(15) - Per le origini dell'Ossevanza in Lombardia si rimanda a D. Calvi, Delle memorie istoriche cit., pp. 1-25.

(16) - Per il legame fra i principi e gli ordini mendicanti nel Quattrocento si rimanda in particolare all'Introduzione di Giorgio Chittolini al volume Ordini religiosi e società politica in Italia e Germania nei secoli XIV e XV, a cura di G. Chittolini e K. Elm, Bologna 2001, pp. 7-29.

(17) - Si veda anche F. Arisi, Cremona literata, Parma 1702, p. 274.

(18) - Le fonti relative al convento di Sant'Agostino di Cremona sono conservate all'Archivio di Stato di Milano (d'ora in poi ASMi), in Fondo Religione e in Diplomatico, Pergamene per fondi. Del primo fondo sono state visionate le buste 4215, 4231, 4235 e 4236, mentre del secondo le buste 146, 147 e 148. Dell'antico archivio è pervenuto anche il Repertorio dell'Archivio delle scritture e documenti del venerando monastero di Sant'Agostino di Cremona probabilmente compilato nel 1741 al tempo in cui era custode padre Giuseppe Della Noce (ASMi, Fondo Religione, Registri, b. 294).

(19) - ASMi, Diplomatico, Pergamene per fondi, b. 147.

(20) - Si veda soprattutto G. Andenna, Aspetti politici della presenza degli Osservanti in Lombardia in età sforzesca, in Ordini religiosi e società politica in Italia e Germania nei secoli XIV e XV, a cura di G. Chittolini e K. Elm, Bologna 2001, pp. 331-371.

(21) - Si rimanda al saggio di A. Gamberini, Cremona nel Quattrocento cit., pp. 24 e 30, in particolare la nota n. 234.

(22) - ASMi, Rregistri ducali, b. 145 e 146; Carteggio visconteo-sforzesco, b. 721.

(23) - ASMi, Diplomatico, Pergamene per fondi, b. 147.

(24) - Secondo Domenico Bordigallo fra il 1515 e 1521 nella vicinia di San Giacomo in braida, accanto al convento di Sant'Agostino dell'Osservanza, si trovava ancora una abitazione con torre denominata illorum de Plasiis dove era vissuto anche l'astronomo Giovan Battista Plasio (D. Bordigallo, Urbis Cremonae syti designum, a cura di E. Zanesi, Cremona 2011, p. 129); per un approfondimento sulla cappella Plasio si rimanda agli studi di L. Bellingeri, Cremona e il gotico 'perduto'cit., p. 148, nota 28.

(25) - Si rimanda a M. Marubbi, Una revisione delle presenze bembeshe in S. Agostino a Cremona cit., pp. 270-271, M. Tanzi, Arcigotissimo Bembo cit., p. 56. Il regesto dell'atto, datato 5 ottobre 1451, in cui si nomina Guidino Plasio come massaro dell'altare ducale dei Santi Crisante e Daria è pubblicato in Artisti e committenti, opere e luoghi. Arte e architettura a Cremona negli atti dei notai (1440-1468), a cura di V. Leoni e M. Visioli, Pisa 2013, p. 85.

(26) - G. Andenna, Aspetti politici della presenza degli Osservanti in Lombardia cit., pp. 350-351.

(27) - ASMi, Diplomatico, Pergamene per fondi, b. 147.

(28) - Con ogni probabilità il convento e la chiesa di Sant'Agostino subirono varie fasi di ristrutturazione: si ricordano anche gli atti, dei quali è pubblicato il regesto, uno risalente all'8 marzo 1459, in cui il maestro Giovanni de Hermis, detto de Bonardo, proprietario di una fornace, lasciava alla chiesa e al convento degli Eremitani di San'Agostino sei mila pietre e tre mila coppi per la ristrutturazione delle case del monastero e della chiesa, mentre l'altro, risalente al 18 luglio 1459, in cui Giovanni Dalmoni, erede di Arrighino Scotti, il quale mediante testamento aveva disposto nel 1399 l'erezione di una cappella nella chiesa di Sant'Agostino, poiché la chiesa e il convento dei frati necessitavano di ampi restauri, essendo stati gravemente danneggiati dagli stipendiarii sia a piedi che a cavallo, che in tempo di guerra erano stati alloggiati nel convento e nelle celle dei frati, e per i colpi di bombarde che avevano distrutto parte degli edifici del convento, dietro suggerimento di Giorgio Laccioli, un tempo vicario generale della Congregazione di Lombardia, e del capitolo del convento di Sant'Agostino, versava ai frati 325 lire di imperiali per la riparazione e il ripristino degli edifici del convento; il priore Amadeo de Tradona e il capitolo affermavano inoltre che era stata iniziata la costruzione della torre e che per portarla a compimento, non avendo il denaro necessario per pagare i muratori, avrebbero riscosso dallo stesso Giovanni Dalmoni centoventicinque lire come acconto (Artisti e committenti, opere e luoghi cit., pp. 133 e 134-135).

(29) - ASMi, Diplomatico, Pergamene per fondi, b. 147.

(30) - D. Calvi, Delle memorie istoriche cit., pp. 73, 103, 118, 125 e 169.

(31) - D. Gentili, Nicola da Tolentino, in "Biblioteca Sanctorum", IX, Roma, pp. 953-968.

(32) - A. Ganda, La biblioteca degli agostiniani di Viadana (Mantova) alla fine del Cinquecento, in "Vitelliana. Viadana e il territorio mantovano fra Oglio e Po. Bollettino della Società Viadanese", V, (2010), pp. 145-204.

(33) - ASDBg, ms 58, Serie dei conventi agostiniani, cc. 3 v - 4 r.

(34) - ASMi, Diplomatico, Pergamene per fondi, b. 145; per la ricostruzione della presenza dei frati Eremitani e della chiesa di Sant'Agostino di Cremona si rimanda al saggio di E. Filippini, Gli ordini religiosi tra vita ecclesiastica e impegno caritativo nel secolo XIV, in Storia di Cremona. Il Trecento, chiesa e cultura (VIII - XIV secolo), Azzano San Paolo 2007, pp. 188 - 194, e la scheda edita in Il liber Synodalium e la Nota ecclesiarum della diocesi di Cremona (1385-1400). Edizione dei manoscritti e repertorio delle istituzioni ecclesiastiche, a cura di E. Chittò, Milano 2009, pp. 126 - 127.

(35) - Per la nascita e l'organizzazione del nuovo ordine degli Eremitani di Sant'Agostino si rimanda in generale al Dizionario degli Istituti religiosi di perfezione, a cura di G. Pelliccia e G. Rocca, Frascati 1973, vol. I, pp. 287 - 382 e G. Andenna, "Non est haec vita apostolica, sed confusio babilonica". L'invenzione di un ordine nel secolo XIII, in "Regulae - Consuetudines - Statuta". Studi sulle fonti normative degli ordini religiosi nei secoli centrali del Medioevo, a cura di G. Andenna e G. Melville, Munster 2005, pp. 569 - 631.

(36) - Si veda anche P. Merula, Santuario di Cremona, Cremona 1627, pp. 243 -246.

(37) - Si rimanda a L. Astegiano, Codice Diplomatico cremonese, Torino 1895-1898, vol. I, 316.

(38) - ASMi, Diplomatico, Pergamene per fondi, b. 145; L. Astegiano, Codice cit., vol. I, p. 316 e 319; G. Dotti, I codici Agostiniani della Biblioteca Statale di Cremona, in "Agustiniana", Institutum Historicum Augustinianum Lovanii, A. 30 - 33, 1980-1983, p. 73; E. Filippini, Gli ordini religiosi tra vita ecclesiastica e impegno caritativo cit., pp. 188-189.

(39) - L. Astegiano, Codice cit., vol. I, p. 321.

(40) - E. Filippini, Gli ordini religiosi tra vita ecclesiastica e impegno caritativo cit., p. 190-191 e G. Voltini, L'architettura cit., p. 404.

(41) - Si rimanda a L. Bellingeri, Cremona e il gotico 'perduto'cit., pp. 145 e 156 e G. Voltini, L'architettura cit., p. 405.

(42) - Ci si limita a citare le fondazioni Tre Quattrocentesche più studiate, rimandando ad un'altra sede una ricognizione più approfondita relativa all'istituzione di altari e cappelle gentilizie

(43) - ASMi, Diplomatico, Pergamene per fondi, b. 146, 11 febbraio 1371; si veda anche a E. Filippini, Gli ordini religiosi tra vita ecclesiastica e impegno caritativo cit., p. 192.

(44) - Il regesto del documento si trova in ASMi, Diplomatico, Pergamene per fondi, b. 146, 17 settembre 1387, mentre una copia del testamento è conservata in ASMi, Fondo di religione, b.4215; si rimanda a E. Filippini, Gli ordini religiosi tra vita ecclesiastica e impegno caritativo cit., p. 192.

(45) - 45. L'iscrizione ancora visibile nella muratura esterna riporta la data 1° aprile 1399 (E. Filippini, Gli ordini religiosi tra vita ecclesiastica e impegno caritativo cit., p. 193).

(46) - G. Dotti, I codici Agostiniani cit., pp. 73-79.

(47) - ASMi, Diplomatico, Pergamene per fondi, b.148.

(48) - ASMi, Fondo religione, b. 4231, 16 marzo 1504.

(49) - . M. Visioli, La costruzione delle librerie nei conventi di San Domenico e Sant'Agostino a Cremona nel secondo Cinquecento, in "Bollettino Storico Cremonese", XV-XVI (2008-2009), pp. 309-327

(50) - .Si rimanda a G. Chittolini, Stati regionali e istituzioni ecclesiastiche nell'Italia centrosettentrionale del Quattrocento, in Storia d'Italia. Annali, 9, La chiesa e il potere politico dal Medioevo all'età contemporanea, a cura di G. Chittolini e G. Miccoli. Torino 1986, pp. 174-180

(51) - G. Andenna, Aspetti politici della presenza degli Osservanti in Lombardia cit., pp. 345-347.

(52) - ASMi, Diplomatico, Pergamene per fondi, b. 147.

(53) - ASMi, Fondo religione, b. 4215.

(54) - M. Visioli, L'architettura. "Pulcerrima civitas quae iam antiquitus intitulata fuit ... pulcra Cremona": la città dai Visconti agli Sforza, in Storia di Cremona. Il Quattrocento, Cremona nel Ducato di Milano(1395-1535), Azzano San Paolo 2008, p. 277.

(55) - ASMi, Diplomatico, Pergamene per fondi, b. 147.

(56) - Della dedicazione a San Nicola di Tolentino abbiamo notizia grazie a un documento datato 21 novembre 1502 che contiene gli accordi intercorsi tra Gaffarino Strada e gli eredi del fratello Ruffino, entrambi eredi di Agnese Stanga (ASMi, Fondo religione, b. 4236; M. Tanzi, Arcigotissimo Bembo cit., p. 31).

(57) - Artisti e committenti, opere e luoghi cit., pp. 130-131

(58) - Biblioteca Statale di Cremona, Libreria civica bb.2.7/3, Liber provisionum, c. 219.

(59) - ASMi, Diplomatico, Pergamente per fondi, b. 147. 60.

(60) - Si rimanda all'opera intitolata Sermones funebres, nec non nuptiales, Venezia 1540, pp. 133-135 (il volume, di autore ignoto, fu edito dallo stampatore Victor a Rabanis che ripropose lo stesso testo edito per la prima volta a Venezia senza data, ma probabilmente 1485), nel quale è pubblicata l'orazione funebre di Giovan Battista Plasio composta dall'oratore cremonese Nicolò Lucarum; per le notizie biografiche si rimanda anche a F. Arisi, Cremona cit., pp. 333. Ringrazio don Andrea Foglia per lasegnalazione.

(61) - ASMi, Diplomatico, Pergamente per fondi, b. 148.

(62) - ASMi, Diplomatico, Pergamente per fondi, b. 148.

(63) - ASMi, Diplomatico, Pergamente per fondi, b. 148; per notizie sulla figura di frate Agostino si rimanda a www.treccani.it ad vocem.

(64) - Si rimanda a M. Ferrari, Lettere sforzesche dal castello di Cremona, in "La Scuola classica di Cremona. Annuario 2003", Cremona 2003, pp. 146-147.

(65) - Per la chiesa di Casalorzo Boldori si rimanda a Il liber Synodalium cit., p. 197.

(66) - ASMi, Diplomatico, Pergamene per fondi, b. 148, 20 febbraio 1486.

(67) - M. Visioli, L'architettura cit., pp. 278-279.

 

 

 

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