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CONVENTI agostinianI: Montespecchio

Resti dell'insediamento agostiniano di Montespecchio

Resti dell'insediamento agostiniano

 

 

CONVENTO AGOSTINIANO DI MONTESPECCHIO

 

 

 

Questo eremo, difficile da raggiungere, cosi viene descritto in un documento del 1650: "L'antico eremo di S. Maria di Monte Specchio, unico luogo di Regolari dentro la felicissima Signoria di Mons. illustrissimo e Reverendissimo Arcivescovo di Siena dodici miglia distanze dal istessa Città, Monastero dello Ordine eremitano di S. Agostino della Congregazione dell'osservanza di Lecceto, è posto detto Monastero in Valle Orrida, in mezzo a selva di macchia cassa, e spessa".

Questa breve descrizione del luogo ove si trovava l'eremo, corrisponde più o meno alla realtà odierna. Esiste solo un viottolo molto ripido che porta all'eremo, chiamato Conventaccio dagli abitanti del posto (l'unico edificio ancora in piedi è la chiesa diroccata). Un tempo, ai piedi della vallata, si trovavano gli edifici monastici che erano circondati da un lato da un fosso. Da un punto di vista storico, Montespecchio è l'unico fra i cinque eremi senesi di cui si conosca l'esatta data di fondazione e il nome dei fondatori, così come quello del primo eremita.

Il documento che ne attesta l'istituzione esiste ancora oggi ed è datato 15 ottobre 1190, anche se l'anno esatto con molta probabilità era il 1189. Il documento in questione altro non è che la registrazione di una donazione effettuata da Guazzolino Capolungo a nome suo e del fratello Aldobrandino; essi donavano a Giovanni dell'eremo di Montespecchio tutto quello che possedevano a Montespecchio in un luogo detto Piano degli altari, affinché vi si costruisse un eremo per onorare Dio e S. Maria di Rocca-Amadour.

In seguito vi furono altri quattro lasciti a favore dell'eremo, inclusa un'ulteriore donazione di Guazzolino e Aldobrandino, detto di Muto. Oltre all'atto di fondazione, anche tre di queste donazioni citano S. Maria di Rocca-Amadour. La dedicazione dell'eremo a S. Maria di Rocca-Amadour è un fatto alquanto curioso; infatti, il santuario di S. Maria di Rocca-Amadour si trovava nel sud della Francia, precisamente nell'antica diocesi di Cahors, ed era, senza dubbio, un luogo assai frequentato dai pellegrini molto prima che Montespecchio venisse fondato. Il primo pellegrino straniero a visitarlo fu Enrico il Re di Inghilterra nel 1170.

Chi si sarebbe quindi aspettato che già nel 1189-1190 nel profondo sud della Toscana ci fossero dei devoti di un santuario che sorgeva nella lontana Linguadoca ? Comunque, il nome originale dell'eremo di Montespecchio non venne mantenuto; nella chiesa solo un altare laterale, sopra cui si trovava un'immagine della Vergine, fu dedicato alla Madonna. L'eremo divenne così luogo di grande venerazione con il nome di S. Maria di Montespecchio, titolo riconosciuto da Papa Alessandro IV il 16 Aprile 1255. Non sappiamo quanto tempo impiegò Giovanni l'eremita per soddisfare tutte le condizioni poste dai fondatori, vale a dire costruire una chiesa ed un eremo adiacente ma distaccato.

Alcuni secoli dopo furono proposte ipotesi assurde, per esempio che la chiesa fosse stata consacrata il 16 aprile 1016, e che in quell'anno si fosse tenuto a Montespecchio il Capitolo provinciale. Il palese anacronismo di entrambe le affermazioni non ha bisogno di essere sottolineato. In realtà, la più antica prova verificabile dell'esistenza della chiesa risale al 1233; si può quindi presumere che la chiesa fosse stata costruita intorno al 1200. Inoltre, un documento del 1193 dichiara che veniva già assicurata all'eremo la protezione papale, ma, sfortunatamente, l'originale ed eventuali copie sono andate perdute, per cui non è possibile verificare se esso alludeva anche ad una chiesa. Una caratteristica saliente, pressoché unica per quanto riguarda gli eremi toscani, è rappresentata dalle pareti che ancora oggi consistono di pietre rosa salmone e nere.

Purtroppo della chiesa è rimasta solo l'ossatura, anch'essa parziale, mentre nulla rimane in superficie di quello che un tempo era il convento. Sicuramente le sue mura, edificate in pietra marmorea, conferivano un bell'aspetto all'edificio, che con molta probabilità era congiunto alla chiesa. Ad ogni modo, un chiostro esisteva nel 1228, quando la comunità era formata da due sacerdoti, vale a dire il Priore Niccolò, Ildebrando e altri quattro frati, Giovanni, Pietro, Giacomo e Guido. Tre anni più tardi, quando Andrea (senza dubbio un nuovo venuto) successe a Niccolò, la comunità si sviluppò in maniera sorprendente. Per qualche motivo sconosciuto, Lecceto sotto la guida del suo celebre Priore Bandino dei Balzetti, era in stretta relazione con Montespecchio: tutta la faccenda è però avvolta nel mistero. Evidentemente, era stato Lecceto ad unirsi a Montespecchio, visto che quest'ultimo era l'eremo più antico. Comunque, è un'ipotesi da valutare in relazione a Lecceto stesso.

Rimane significativo il fatto che i due Priori, Andrea e Bandino, inviarono a Papa Gregorio IX una richiesta comune, ed in questo caso Montespecchio viene nominato prima di Lecceto (chiamato qui Selva del Lago), vale a dire che il più vecchio ha la precedenza sul più giovane. Il Papa rispose il 3 gennaio 1231 chiedendo al Vescovo di Siena, Bonfiglio, di esaudire le richieste fatte dai due Priori: assegnare cioè ad entrambi gli eremi una delle regole religiose che erano state approvate. Con ogni probabilità il Vescovo assegnò loro la Regola di S. Benedetto, che con il passare del tempo venne sostituita da quella di S. Agostino. L'unione fra Montespecchio e Lecceto, che prima o poi era destinata a morire, durò molto poco, fino al 1255, anno in cui il sodalizio venne sciolto definitivamente dallo stesso Vescovo di Siena.

Le strade dei due eremi si divisero quando Lecceto divenne membro dei Frati Eremiti dell'Ordine di S. Agostino in Toscana fra il 1244 e il 1250. Montespecchio rimase in disparte, ma non per molto tempo; infatti, l'eremo aveva già aderito alla Regola agostiniana l'8 luglio 1255, giorno in cui il Vescovo Bonfiglio invalidò l'unione che rendeva Lecceto subordinato a Montespecchio, come risulta da una lettera del 16 giugno 1255, scritta dal Cardinale Riccardo Annibaldi, protettore degli eremiti agostiniani in Toscana. Montespecchio, al contrario di S. Leonardo al Lago, Rosia, Lecceto e Monticiano, non educò né attirò a sé eremiti o frati dalle straordinarie doti religiose. Nella seconda metà del sec. XVI, il nome di Montespecchio veniva associato ad uno dei frati di Lecceto considerato un santo: si trattava di Ascentio di Barnaba Balestrieri da Siena, ma la sua unica relazione con Montespecchio sta nel fatto che egli ne fu Priore nel 1574-1578 e Sottopriore nel 1578-1580. D'altronde, i frati di Montespecchio erano assai noti per la loro ospitalità e carità, senza dubbio doti che ogni casa religiosa doveva avere, ma non va dimenticato che l'eremo non conobbe mai la prosperità economica. Da questo punto di vista, infatti, ci furono degli alti e bassi, nonostante diverse donazioni di terre e altri aiuti che l'eremo continuò a ricevere ad intervalli.

Nel 1228 Ildebrando, a nome dell'eremo, ricevette in dono due appezzamenti di terra, il primo il 24 aprile dai Conti di Fornoli a Pari; il secondo risale al 10 agosto e venne donato da Ranieri del fu Guido di Orgese, da Guido il Rosso del fu Orgese Conte di Pari e da Scolario. In quest'ultimo caso la donazione venne fatta direttamente al Priore dell'eremo, fra Niccolò. Ma nel 1232 o 1233, il Priore e la comunità si lamentarono con Papa Gregorio IX che certe persone trattenevano illegalmente somme di denaro, terre ed altre proprietà che appartenevano invece all'eremo. Perciò, il 17 febbraio 1233, il Papa incaricò due giudici delegati di far luce sulla questione, che si risolse a favore dell'eremo il 10 aprile 1234.

Il Comune di Siena, come già faceva per altri eremi, garantiva dei sussidi a Montespecchio; infatti nel 1259 il Comune dette un grosso aiuto economico per le riparazioni apportate all'eremo, che riuscì a beneficiare anche delle statuizioni comunali del 1262. Intorno alla fine del secolo, Montespecchio conobbe un altro benefattore, vale a dire il Vescovo di Siena, Rinaldo Malavolti; infatti, dato che il convento si trovava in una situazione disperata, egli, per rispetto ai frati, effettuò due donazioni nello stesso giorno, il 21 settembre 1293. Un fatto alquanto sorprendente avvenne nel 1298, quando fra Leonardo di Lecceto, nelle vesti di economo di Lecceto e persino di tutta la congregazione religiosa della provincia di Siena, protestò in maniera energica contro l'imposizione di una tassa papale (pro negotio regni Siciliae) nei confronti di Lecceto e Montespecchio. Si può ben comprendere perché fra Leonardo protestò in favore di Montespecchio, che a quanto pare fu poi esentato dal pagare le decime, ma Lecceto nel 1276-1277 pagò certamente le sue tasse senza fiatare.

Nel 1309-1310 il Comune di Siena decretò che ogni anno venisse pagato ai frati eremiti di Montespecchio un sussidio di dieci lire, e obbligò il Podestà di Siena a difendere l'eremo e le sue proprietà. Ma, sebbene nel 1335 Montespecchio avesse urgente bisogno di aiuto, l'Ordine agostiniano non lo tenne affatto in considerazione, anzi l'eremo viene menzionato solo una volta nei registri, tuttora esistenti, dei Priori Generali del sec. XIV. Intorno al 1430 Bartolomeo da Massa, il padre Provinciale della provincia di Siena, cominciò a considerare Montespecchio una appendice morta, e non fu l'unico a farlo poiché il Vicario Generale dell'Ordine in Italia, Francesco da Firenze, viste le condizioni di decadenza spirituale e temporale dell'eremo, lo incorporò a Lecceto. Duecento anni prima era stato Lecceto ad unirsi a Montespecchio, mentre adesso era quest'ultimo che diveniva convento osservante della congregazione di Lecceto; nel 1449 venne scelto dal Priore Generale, Giuliano da Salem, come sede del secondo Capitolo generale delle congregazioni osservanti dell'Ordine.

Lecceto, in quanto ceppo del movimento osservante, sarebbe stato sicuramente sede prescelta dal Superiore Generale, ma questa opzione non sarebbe stata gradita ai Vicari Generali delle altre congregazioni, per cui, scegliendo Monte specchio, Lecceto veniva soddisfatto senza offendere gli altri. Lecceto in qualche modo riuscì a mantenere attiva a Montespecchio la vita comunitaria agostiniana. Alla fine del XVI sec. divenne dimora dei postulanti e forse luogo per il noviziato. Stefano Ugurgeri, che in seguito fu Priore di S. Leonardo al Lago, entrò nell'Ordine nel 1569 proprio a Montespecchio, ma non quando era Priore illeccetano Ascentio di Barnaba Balestrieri, di cui si è parlato in precedenza. Fatto curioso è che Montespecchio continuò a sopravvivere poiché la sua dipendenza da Lecceto era il male minore.

Se fosse dipeso dalla Santa Sede, il convento sarebbe stato chiuso definitivamente nel 1652, ma grazie alla determinazione di Ambrogio Landucci, Vicario Generale della congregazione di Lecceto, la chiusura venne rinviata fino al 1687, anche se già una decina d'anni prima, la situazione era proprio disperata: a quanto si diceva sia la chiesa che il convento erano sul punto di crollare, per cui, l'11 novembre 1687 l'Arcivescovo di Siena lasciò che i frati si allontanassero e prendessero possesso della casa parrocchiale e della chiesa pievana di S. Cecilia a Crevole, cosa che avvenne il 16 novembre di quello stesso anno. Nel 1782 anche il convento di Crevole venne soppresso per volere del Priore Generale, Vasquez.