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Percorso : HOME > Monachesimo agostiniano > Storia dell'Ordine > Ramo femminile > XIII secoloMonachesimo agostiniano Femminile: la vita religiosa
Chiara da Montefalco
LA VITA RELIGIOSA DELLE ORIGINI NEI SECOLI XIII-XIV
Dai documenti riportati nella ricostruzione storica sin qui condotta risulta dunque che le monache agostiniane vissero già fin dalle origini sotto il governo di una superiora, chiamata generalmente abbadessa. Eletta dalle altre religiose della Comunità, veniva confermata nell'incarico dal superiore generale dell'Ordine e da quello della provincia più vicina.
Altre volte il diritto della conferma era facoltà del vescovo diocesano: tale sembra essere il caso del monastero di Obendorf, che dipendeva nel 1264 dal vescovo di Costanza. Dalla lettera, che il cardinale Riccardo Annibaldi inviò nel 1266 al priore generale Guido da Staggia e al padre provinciale di Germania, si può inoltre dedurre che le agostiniane si giovarono, in materia di governo e di assistenza spirituale, dell'esperienza maturata nei 50 anni precedenti dalle domenicane e dalle clarisse. Un rapido confronto permette di accertare che quanto il cardinale Annibaldi ordinò - "in virtù di santa obbedienza" - ai due sopracitati superiori agostiniani a favore delle loro monache, si trova praticamente alla lettera nei dettami che papa Innocenzo IV aveva ordinato nel 1245 "ai ministri generali e provinciali dei frati minori" in favore delle clarisse. In modo del tutto analogo ai provvedimenti raccomandati dal cardinale Annibaldi, essi dovevano visitarle personalmente "o per mezzo di religiosi del suo ordine provvidi e discreti, dispensare loro i benefici della visita, dell'ammonizione e della riforma, istruirle nella disciplina regolare, confortarle con la predicazione della parola di Dio, ascoltare le loro confessioni, celebrare loro le Messe solenni".
Dovevano inoltre eseguire tutte le altre disposizioni che il cardinale Annibaldi raccomandò e permise agli agostiniani nei riguardi delle loro monache. Queste, dal canto loro, avevano accettato, come assicurava l'Annibaldi ai due citati superiori dell'Ordine, "l'osservanza delle vostre Costituzioni". Seguendo i dettami di queste leggi è dunque possibile farsi un'idea della forma di governo e della conduzione della vita religiosa vigente nei monasteri. E' ragionevole supporre che i padri agostiniani in visita canonica ai monasteri per verificare l'osservanza dello spirito religioso nelle comunità delle loro monache si siano serviti delle Costituzioni maschili del 1266 e poi di quelle di Ratisbona del 1290.
In alcuni casi queste leggi furono modificate ed adattate ad uso specifico delle monache agostiniane. Attualmente gli adattamenti conosciuti di questo tipo ad uso delle monache sono solamente quattro, con la particolarità che ciascuno fu redatto per un solo monastero. Per tutti la redazione va posta nella seconda metà del '300. Il primo di essi è attribuito a frate Giovanni da Salerno, che dedica il suo scritto "alle donne e monache di S. Isabella, del monastero delle convertite di Firenze". L'autore aggiunge che ha composto il suo adattamento "con la dottrina, con il fior fiore dei bei detti di frate Simone da Cascia, fondatore del monastero delle donne che si convertono a Dio". L'adattamento di frate Giovanni è assai libero e piuttosto breve, dato che è composto da soli 21 capitoli, rispetto ai 51 delle Costituzioni di Ratisbona. Benchè questo primo adattamento sia posteriore al 1357, la sua impostazione dottrinaria va considerata anteriore al 1348, anno in cui morì il beato Simone da Cascia. Il secondo adattamento delle prime Costituzioni ad uso delle monache, fu redatto per il monastero di S. Leandro di Siviglia. Si tratta di uno scritto anonimo e probabilmente risale al secondo decennio del XV secolo.
E' il più lungo e complesso di tutti, perchè comprende 41 capitoli: rispetto all'originale l'autore ha ragionevolmente eliminato i capitoli relativi alla carriera ecclesiastica, ai visitatori, al procuratore dell'Ordine e alla celebrazione dei capitoli generali o provinciali, che non avevano importanza alcuna per le religiose di clausura. Il terzo caso di adattamento sopravvive ancora oggi nel monastero delle sue prime primitive destinatarie, le agostiniane del monastero di S. Orsola a Toledo. Benché il manoscritto risalga al 1541, l'analisi della morfologia e della sintassi del testo suggerisce che la prima stesura sia stata eseguita almeno cento anni prima. Il quarto esempio di adattamento è opera del tedesco Timann Limperger il quale afferma nel prologo che eseguì la sua opera nel 1501, per istruire nelle leggi dell'Ordine le agostiniane del monastero di S. Anna di Friburgo di Brisgovia. Presso la Biblioteca Universitaria di Bonn è inoltre conservato il codice 352, databile al XVI secolo, che contiene nei suoi fogli 1-75 un ulteriore adattamento tedesco "per le monache dell'Ordine degli eremiti di S. Agostino".
Non è chiaro tuttavia quale sia stata la fonte utilizzata dall'anonimo per il suo adattamento: potrebbe essere il testo delle Costituzioni pubblicato a Venezia nel 1508 oppure l'edizione preparata dal generale Seriprando e pubblicata a Roma nel 1551. La storia di questi adattamenti delle Costituzioni agostiniane alle esigenze proprie delle monache chiarisce che con ogni probabilità non si trattò di un fenomeno limitato nè circoscritto alla sola metà del secolo XIV. Adattamenti specifici debbono essere stati compiuti con regolarità anche dai frati agostiniani incaricati di "istruirle nella disciplina regolare", come nel 1266 diceva il cardinale protettore Annibaldi, e dai visitatori, che vigilavano circa il rispetto della loro osservanza. Da questa analisi risulterebbe dunque che le monache rispettavano nella loro vita conventuale le Costituzioni agostiniane al pari dei loro confratelli. E' necessario sottolineare anche un altro elemento fondamentale e cioè la specificità delle regole seguite dalle agostiniane che si differenziavano da quelle che in genere erano uniformemente seguite dai rami femminili degli Ordini mendicanti. Nei citati adattamenti ad uso delle agostiniane ci sono infatti alcuni testi, che hanno corrispondenza solo nelle Costituzioni agostiniane di Ratisbona del 1290. Quando frate Giovanni da Salerno scrive nel capitolo 10 del suo adattamento che "Si deve avvertire soprattutto nella cura delle monache inferme, che siano servite come si serve a Cristo ... L'abbadessa metta a servizio delle stesse una monaca che abbia in sè il timore di Dio", non fa altro che riprendere quanto prescrivono le Costituzioni degli agostiniani nel capitolo 13, trattando della cura degli infermi "cum soli Deo serviatur in illis" e che l'infermiere fosse un religioso "cuius cor possideat timor Dei".
Chiara da Montefalco
Del tutto corrispondenti sono i consigli che, in materia di mortificazione e di penitenza, Giordano di Sassonia consegnò ai suoi confratelli e quelli che Simone da Cascia diede alle agostiniane di Firenze, così come vengono ricordati da Giovanni da Salerno nei capitoli 2 e 5 del suo testo: "Nessuna monaca - scrive - digiuni più delle altre della comunità senza il permesso dell'abbadessa, nè mostri singolarità alcuna in quanto a bere il vino o a non mangiare quel che si serve a tutte. Nè porti cilizio o altro strumento di penitenza senza il permesso della superiora". Altri elementi di somiglianza con i propri confratelli sono rintracciabili nell'orario quotidiano e nella disciplina. Le agostiniane nel loro governo seppero tuttavia accogliere anche varie norme seguite dalle altre monache del loro tempo, in particolare dalle domenicane e dalle clarisse.
Gli adattamenti analizzati ne tennero conto in qualche modo. Per quanto non sia dimostrabile è probabile che il beato Simone da Cascia e il suo discepolo Giovanni da Salerno abbiano conosciuto le costituzioni del monastero francese di domenicane di Montargis. Due passi di Giovanni da Salerno, che riportiamo di seguito e sono tratti dai capitoli 8 e 19, possono essere utili a questo fine: "Dopo che la novizia - dice nel capitolo 8 - è vissuta nel monastero per un anno e un giorno di prova, se si è ben comportata e ha la legittima età, cioè, dodici anni, faccia la professione". Nelle primitive costituzioni di Montargis in modo del tutto analogo troviamo: "Nulla infra duodecim annos ad professionem recipiatur".
Nel capitolo 19 Giovanni da Salerno scrive: "Quando sarà morta l'abbadessa, o per qualche motivo sarà stata rimossa dall'incarico se ne elegga un'altra dalle monache di tale monastero, secondo la forma canonica ... Ma se entro un mese non si è giunti a tale elezione, essa resta in potere del padre generale dell'Ordine di S. Agostino". Questa medesima regola compare a Montargis: "Priorissa a conventu suo secundum formam canonicam eligatur .. Si vero infra mensem non elegerint, magister vel prior provincialis conventui provideat de priorissa". (Cfr. R. Creytens, Les constitutions primitives des soeurs dominicaines de Montargis, Archivium fratrum Praedicatorum 17 (1947), 41-48). Queste interessanti analisi parallele non possono però essere generalizzate ed applicate a tutti gli altri monasteri, dato che ogni comunità rappresentava un caso a sè. Non bisogna inoltre scordare che le comunità di religiose contemplative erano considerate generalmente autonome in quasi tutti gli Ordini, non solo nel secolo XIII, ma anche in età più tarda sino alla fine del medioevo.
Differenze fra le comunità di una medesima famiglia religiosa esistevano ovunque, non solo fra i vari paesi d'Europa, ma anche tra quelle di una stessa nazione. Una certa uniformità di vita e di governo era realizzabile in genere solo per quei monasteri diretti dai religiosi del primo Ordine o per quelli esistenti nei confini di una provincia religiosa. Questa situazione di relativa disomogeneità era un luogo comune dei tempi e non deve meravigliare più di tanto. Altri Ordini, sorti prima delle Agostiniane, presentavano analoghi problemi. Emblematico è il caso delle monache francescane. Dopo cinquant'anni di esistenza l'Ordine di S. Chiara di Assisi non seguiva ancora una regola comune, ma aveva in uso cinque regole e forme di vita diverse. (H. Roggen, DHGE 18, Parigi 1977, 961).
Se questo succedeva in un Ordine diretto e propagato per quarant'anni dalla sua stessa fondatrice, non c'è da meravigliarsi dell'esistenza di diverse forme di vita in monasteri, come quelli delle agostiniane, che avevano iniziato la loro storia con modalità e percorsi differenti. Al di là di queste apparenti discordanze, talvolta marginali, le comunità di monache agostiniane unanimemente perseguivano l'essenziale della vita religiosa e cioè l'osservanza dei voti e il proposito di tendere alla perfezione cristiana, con la pratica dei mezzi per conseguirlo: culto divino, ricezione dei sacramenti, impegno nell'esercizio delle virtù cristiane e nella vita di orazione, di penitenza e di ritiro, favorita dall'osservanza della clausura.
Malgrado la scarsezza di documenti dei secoli XIII e XIV, è lecito supporre che la disciplina regolare fiorì nelle comunità delle monache agostiniane sin dal 1266 e che, grazie alla clausura e alle altre circostanze favorevoli della loro vita, l'osservanza tra loro non decadde come invece purtroppo avvenne nei conventi maschili negli anni dal 1325 al 1356.