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Percorso : HOME > Monachesimo agostiniano > Storia dell'Ordine > Guglielmiti > Storia dei GuglielmitiKasper Elm: GUGLIELMO DI MALAVALLE
S. Guglielmo d'Aquitania
Simon Vouet (1627) al Louvre
PRIVILEGI E COSTITUZIONE GIURIDICA SOTTO INNOCENZO IV
di Kasper Elm
L'attività di rinnovamento del movimento benedettino italiano, iniziata con l'acquisizione di S. Maria de Mazzapalu, diversamente da quanto si era proposto Gregorio IX, presto fu di nuovo abbandonata. Solo nell'ultimo quarto del XIII secolo Onorio IV diede l'impulso a porre mano di nuovo a tale opera. Sotto il diretto successore di Gregorio , tuttavia, altri compiti subentrarono agli sforzi di riforma. Nel 1244, quando Innocenzo IV lasciò l'Italia per poter continuare più efficacemente da Lione la sua lotta contro Federico II, anche i Guglielmiti dai loro eremi toscani si misero in cammino verso l'Europa nord-occidentale, allo scopo di dare inizio qui, dove la Curia poteva contare su un forte partito antisvevo, alla vera costruzione del loro Ordine. Nel ducato di Brabante, nelle contee di Fiandra e Rethel, così come nelle diocesi di Liegi e di Muenster, essi fondarono in breve tempo una serie di conventi cui seguirono ben presto così tante sedi in Francia, Germania, Boemia ed Ungheria, che si rese necessario suddividere l'Ordine, che fino a quel momento era solo faticosamente esistito, in più province. Innocenzo IV ed il suo legato in Germania, Pietro da Albano, favorirono l'espanzione da essi determinata, mediante una serie di privilegi.
Già al primo ingresso in Germania, il 28 luglio 1245, i Guglielmiti italiani, di fronte al vescovo Ludolf da Muenster, un rappresentante della causa papale, poterono appellarsi ai privilegi della Santa Sede. Da essi risultava che l'Ordine era stato approvato e che era andato in Germania "quod ordo ipsorum dudum fuit per sedem apostolicam approbatus et nunc est in Almaniam destinatus", come si legge in un documento, dell'I agosto 1245, del prevosto di Froendenberger, Menricus. Un anno dopo, il 30 aprile 1246, Innocenzo IV, da Lione, raccomandò il nuovo Ordine all'arcivescovo di Colonia Corrado von Hochstaden, pregando lui ed i vescovi suffraganei della sua diocesi di offrire particolare sostegno alle "personae humiles". Affinchè tuttavia la loro attività non si limitasse soltanto all'ambito di giurisdizione dell'episcopato fedele al Papa ed ai territori della nobiltà alleata, permise ai suoi protetti "quos frequentius inter excommunicatos morari contingat", di operare in territori interdetti e di frequentare scomunicati senza dover temere la semplice forma della scomunica che la volontaria, e non la necessaria frequentazione di persone scomunicate, aveva come conseguenza.
Come già Gregorio IX ai Francescani e ai Domenicani, così Innocenzo IV, il 6 ottobre 1250, consentì ai Guglielmiti non soltanto di celebrare messe in determinate circostanze durante l'interdetto, ma anche di frequentare scomunicati e di accettarne perfino le elemosine ed il sostegno, allo scopo di assicurare la loro vita e l'esistenza delle loro case. Oltre a ciò, egli concesse al loro superiore il diritto di accogliere nell'Ordine come novizi individui colpiti da censura ecclesiastica, di assolverli da scomuniche e di liberarli da irregolarità, qualora si fossero dichiarati pronti a fare penitenza. Non fu solo la particolare situazione dovuta ai contrasti fra Impero e Papato a consentire all'Ordine di ottenere dal Papa raccomandazioni e privilegi per poter prender piede nel suo nuovo campo di azione. Nel Brabante e nelle Fiandre, nella Francia settentrionale, nella Renania e nell'Alsazia, dove l'Ordine in un primo momento si sforzò di creare delle sedi, la volontà dei Guglielmiti di fondare dei monasteri, e di ottenere a tale scopo l'appoggio dei credenti, si scontrò con le aspirazioni di molti Ordini, soprattutto con quelle dei Domenicani e dei Francescani. Con sospetto i due grandi Ordini mendicanti vigilavano soprattutto affinchè altri Ordini meno conosciuti, come i Guglielmiti, i Carmelitani o gli Eremiti Agostiniani, non sfruttassero, per così dire da parassiti, la grande stima di cui essi godevano, il che accadeva abbastanza spesso a causa della somiglianza eccessiva nell'aspetto esteriore, soprattutto nel modo di vestirsi. I Guglielmiti, che come i frati mendicanti indossavano tonache di lana non colorata per mostrare in tal modo di voler seguire "pauperes paupere Christum" - come confermava loro Innocenzo IV con una massima che dal XII secolo venne spesso citata nel movimento di povertà - incontrarono quindi la resistenza "quorundam religiosorum", tanto più che essi, anche in questo simili ai frati questuanti, fino alla fondazione di insediamenti stabili vennero più o meno assimilati ai mendicanti. Essi furono perciò costretti dai loro rivali a cambiare il loro abito e addirittura ad indossarne uno di diverso tipo. Contro una simile riduzione dei loro diritti - che risalivano fondamentalmente a Guglielmo stesso e che di conseguenza erano ben più antichi di quelli dei frati mendicanti - i Guglielmiti cercarono la protezione della Curia.
Il 5 gennaio 1249 Innocenzo invitò quindi i vescovi tedeschi a difendere i Guglielmiti da tali coercizioni, qualora avessero girato per le loro diocesi o vi si fossero insediati, e confermò il loro diritto al proprio abito, che egli aveva fatto conoscere al clero fondamentalmente nella forma fissata sotto Gregorio IX: una tonaca non colorata, di lana, sandali e bastone, segno caratteristico degli eremiti. L'espansione dell'Ordine all'estero, lo sviluppo della sua organizzazione ed il consolidamento della sua posizione giuridica, che avevano avuto inizio sotto il Papa Gregorio IX, ma che fino all'entrata in carica di Innocenzo IV avevano fatto solo scarsi progressi, procedettero di pari passo. Nel 1249 si parla per la prima volta di un priore generale. Un anno dopo fu consentito a lui ed ai rimanenti priori dell'Ordine di rimuovere in un Capitolo generale le contraddizioni, contenute nelle Costituzioni, che avevano generato dei contrasti, e fu loro consentito di completarle ed adattarle il più possibile alle nuove esigenze. Per consolidare i rapporti dell'Ordine verso la Curia, per poterlo proteggere e sorvegliare, Innocenzo nominò un cardinale protettore, portando avanti così una prassi divenuta comune dal 1217, da quando cioè Francesco Ugo da Ostia aveva richiesto la sua speciale protezione. Nel 1266 fu insignito di questa carica l'arcivescovo Stefano Vancha von Gran, allora cardinale vescovo di Praeneste. Probabilmente però questi, già nel 1252, quando decise definitivamente di rimanere vescovo di Praeneste dopo un ritorno temporaneo all'arcivescovato di Gran, fu incaricato della "cura specialis" del giovane Ordine, incarico che dopo di lui fu assunto da Giacomo Savelli e da Benedetto Gaetani, i futuri papi Onorio IV e Bonifacio VIII. Innocenzo, dopo aver confermato, l'8 aprile 1248, al priore ed ai fratelli dell'"Heremus S.Guilelmi" l'adozione della regola benedettina avvenuta sotto Gregorio IX, e dopo averli nuovamente esonerati dall'"Observantia beati Guilelmi Statutorum", l'anno successivo portò a termine l'approvazione dell'Ordine, che si trascinava da oltre un secolo: con una grande Bolla sottoscritta da sette cardinali, l'Ordine venne riconosciuto come "Ordo monasticus secundum Deum et beati Benedicti regulam atque institutionem fratrum Ordinis sancti Guilelmi". La grande Bolla "Religiosam vitam eligentibus", che, a causa del gran numero dei diritti conferiti attraverso essa, si è soliti chiamare "Mare Magnum", non fu redatta per la prima volta nel 1249.
A partire dal XII secolo già numerose comunità religiose ed Ordini monastici e di chierici erano stati approvati mediante questo privilegio collettivo. Il suo formulario, le cui singole disposizioni erano in parte già state fissate nell' IX secolo, consentiva infatti di soddisfare Ordini estremamente diversi, come i Cistercensi ed i Domenicani. Dei circa cinquanta singoli privilegi, la Curia doveva soltanto scegliere o modificare leggermente quelli che corrispondevano alle intenzioni delle comunità da approvare. Il privilegio riconosciuto ai Guglielmiti si adegua nei suoi tratti fondamentali al privilegio dei Cistercensi, divergendo da esso soltanto in alcuni punti. Oltre al privilegio di poter avere e, all'occorrenza, riscuotere le decime, ed al regolamento relativo alla scelta del priore generale, è soprattutto per i privilegi parrocchiali e per quelli di sepoltura che il privilegio dei Guglielmiti si differenzia da quello dei Cistercensi. Questi diritti, significativamente desunti dal privilegio dei Premostratensi, indicano le intenzioni della Curia: l'Ordine non doveva limitarsi ad una vita puramente monastica, ma servire alla cura delle anime dei credenti, alla "cura animarum". Questa tendenza risulta ancora più chiara dai privilegi "Promptum circa illa" e "Indulsisse dicimur", entrambi garantiti quasi contemporaneamente. Con essi Innocenzo IV permise ai Guglielmiti in Germania "iuxta datum a Deo donum scientie", su richiesta del clero, di predicare e di raccogliere le confessioni dei fedeli mandati loro dagli ecclesiastici competenti. Con ciò il Papa, nel 1250, anticipò per i Guglielmiti un ordinamento dei diritti della predicazione e della confessione, che, con la Bolla "Etsi animarum affectantes" del 21 novembre 1254, rese obbligatorio anche per gli Ordini mendicanti, suscitando così la riprovazione dei Francescani e dei Domenicani che fino ad allora erano stati molto più privilegiati. Già due anni prima, il 21 dicembre 1248, il Papa aveva attribuito ai Guglielmiti in Germania lo stesso diritto, che avevano i confratelli della Toscana, di utilizzare un altare portatile per la celebrazione della messa.
Con questo "privilegio peculiare dei frati mendicanti", "culmine dei loro privilegi originari", i Guglielmiti ebbero la possibilità di celebrare gli uffici religiosi ancor prima di avere una dimora stabile, e laddove la loro povertà impediva loro di erigere altari fissi. Il primo secolo di esistenza portò i Guglielmiti - per quanto riguarda i loro privilegi e la loro posizione giuridica - dalle loro origini eremitiche in prossimità degli Ordini mendicanti. Malgrado ciò, ad Innocenzo, il forte promotore di questa evoluzione, il quale, con maggior diritto rispetto a Gregorio IX, può essere definito il padre dell'Ordine, non interessava certo raccomandare agli eremiti il concetto di povertà degli Ordini mendicanti. Al contrario egli affermò espressamente il loro diritto di accettare beni nella misura in cui questi pervenivano loro in modo lecito. Gli premeva evidentemente di più mobilitare le loro forze a favore della "utilitas animarum", senza certamente andare a violare in modo eccessivo i diritti del clero, che in quel periodo lottava sotto la giuda di Guglielmo di St. Amour contro i frati mendicanti. L'invio dell'Ordine nei territori legati dal punto di vista spirituale e secolare al Papa ed alla sua politica antisveva, fa presumere che egli vedesse nei guglielmiti degli alleati in lotta contro il suo nemico imperiale, contro il quale egli cercava di mobilitare tutte le forze della Chiesa e dei suoi Ordini.
Un'indagine più precisa sulle sedi, e sull'attività dei Guglielmiti nel XIII e nel XIV secolo, mostrerà certamente che questi piani - qualora siano realmente esistiti - fallirono. I Guglielmiti, a parte alcune eccezioni, non divennero mai alleati della Curia, nè sotto il profilo della predicazione, nè sotto quello dell'azione politica, nè tantomeno divennero un Ordine dedito all'attività pastorale. La maggiore importanza delle loro origini eremitiche era troppo grande per volgerla del tutto nella direzione del comune sviluppo di un Ordine.