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Percorso : HOME > Monachesimo agostiniano > Storia dell'Ordine > Guglielmiti > Guglielmo di MalavalleB. van Luijk: I FRATI EREMITI DELL'ORDINE DI S. GUGLIELMO
Bruges, Museo Groeninge:
Trittico Moreel con san Guglielmo
I FRATI EREMITI DELL'ORDINE DI S. GUGLIELMO
di B. Van LUIJK
Guglielmo da Malavalle, il patrono dei Guglielmiti, morto nel 1157, non proveniva dall'Italia come il fondatore dell'Ordine dei Zambonini, operante nel XIII secolo, bensì dalla Francia; non apparteneva alla gente di città ma all'aristocrazia, e per la volontà di penitenza da cui era mosso trovò altre forme di espressione derivanti da un più antico livello di religiosità (Vita S. Guillelmi auct. Alberto in MS. Bibl. Nat. Paris lat. 755 (1255-1279); PH. LAUER, Bibliothèque Nationale, Catalogue générale des manuscrits latins, Paris 1939, I, pag. 262. Vita S. Guillelmi auct. Theobaldo, ed. G. HENSCHENIUS, in AA. SS. febr. II, 1658, pag. 433-450.
Causa l'identificazione dell'eremita con il Conte Guglielmo X d'Aquitania, la Vita di Teobaldo si é trasformata in una sorgerte di confusione, al punto che l'esistenza dell'eremita si potrebbe anche negare: G. CHIARINI, Leggende e vita di S. Guglielmo, Livorno 1870; P. PERDRIZET, Saint Guillaume, in "Archives Alsaciennes d'Hist. De l'Art", XI (1932), pag. 119ss. L'unica edizione della Vita S. Guillelmi auct. Alberto di G. DE WAHA, Explanatio Vitae S. Guillelmi ... Lüttich 1963 é guastata da aggiunte tratte dalla Vita leggendaria di Teobaldo. Su queste fonti dà notizie: ELM, Beiträge zur Geschichte ... ).
Egli non rimase nell'ambito del proprio paese, ma nella coscienza e nella volontà di essere asceticamente senza patria unì i pellegrinaggi verso i luoghi classici di pellegrinaggio a lui imposti, secondo la testimonianza della più antica "Vita" tramandata, quale punizione canonica, alla ricerca instancabile di luoghi e possibilità per la realizzazione delle sue idee sulla vera vita di penitenza. Egli li trovò soltanto nell'ultimo anno della sua vita in un "mapale modicum et vile" situato nella valle dell'Ampio al di sopra di Castiglione della Pescaia (diocesi di Grosseto), "mapale" che gli abbienti Lambardi da Buriano gli consentirono di edificare con l'aiuto di un presbitero della Chiesa di S. Nicola a Castiglione. In precedenza, sulla via del ritorno dalla Terra Santa, egli aveva cercato di costruire un "hospitale ad Dei venerationem et pauperum Christi refectionem" fra Pisa e Lucca, presso la Via Francigena, e di fondare o riformare comunità più lontano, verso sud, sul Poggio al Pruno e più tardi sul Monte Petrito. La forma di vita, perseguita con perseveranza e realizzata infine nell'eremo denominato Malavalle, corrispondeva, nella durezza degli esercizi ascetici, nel digiuno, nel silenzio, nella preghiera e nelle mortificazioni, all'esistenza ugualmente caratterizzata dalla tradizione eremitica di Giovanni Bono, tuttavia la superava mediante un anacoretismo osservato molto più rigidamente.
Accompagnato da un "famulus" soltanto negli ultimi mesi, l'asceta tentò di raggiungere il quasi totale isolamento quale essenza dell'eremitismo, cosicché non rimase alcuno spazio per attività sociali come il provvedere a ricoveri o per la cura d'anime. Il fatto che abbandonasse continuamente nuove fondazioni o opere di riforma allo scopo di realizzare forme di vita religiosa più severe e conformi alle sue idee, potrebbe essere considerata come stilizzazione da parte degli agiografi secondo lo schema della vita di Antonio o di Benedetto, se il XII secolo non avesse numerosi esempi di mobilità inquieta e di instancabile ricerca come si manifestano nel congiungimento di eremitismo, l'essere senza patria e il pellegrinaggio (J. LECLERQ, Monachisme et pérégrination du Ixe au XIIe siècle, in "Studia Monastica", II (1961), pag. 33-52; DERS., La croisade et l'esprit de pélérinage, in "La spiritualité du moyen âge, II, Paris 1961). Questa inquietudine in contraddizione con tutte le idee della "stabilitas loci" tocca non solo monaci e chierici, ma anche laici, che dopo lunghi pellegrinaggi tentavano di realizzare le loro idee religiose nelle forme della vita eremitica riservate agli "Athletae Christi" sperimentati nella vita monastica.
Quali esempi di tali laici spesso provenienti nel XII secolo da ceti patrizi ed aristocratici, si potrebbe menzionare Gerlach von Houthem (C. DAMEN, Studie over S. Gerlach van Houthem [Sulla vita di S. Gerlace eremita], in "Publications de la Soc. hist. et arch. dans le Limbourg", XCII-XCIII (1956-1957), pag. 49-113; DERS., De quodam amico spirituali b. Hildegardis Virginis, in "Sacris erudiri", X (1958), pag. 162-169; H. GRUNDMANN, Zur Vita s. Gerlaci eremitae, in "Deutsches Archiv", XVIII (1962), pag. 539-554) o Godrich von Finschale (J. STEVENSON, Libellus de vita et miraculis S. Godrici heremitae de Finchale, in "Surtees Society", XX, London 1847), se non fosse più evidente il confronto con eremiti toscani del XII secolo. Dopo lunghi pellegrinaggi che condussero a Roma, al Monte Gargano, a S. Giacomo ed in Terra Santa, Alberto da Montalceto (Vita Alberti (14 Jh.) in: G. LOMBARDELLI, Vite dei Santi e Beati Senesi, Bibl. Com. Siena Cod. K-VII-24; S. RAZZI, Le Vite dei Santi e Beati dell'Ordine di Camaldoli, Firenze 1600) ad esempio si stabilì nella valle dell'Ombrone e del Galgano di Chiusdino (Infine, sulle Vite: R. ARBESMANN, The three earliest Vitae of St. Galganus, Didascaliae. In "Studies in honor of A. M. Albareda", New York 1961, pag. 1-37) nella vallata superiore del Merse per condurre in questi luoghi "patrum Aegyptiorum more" un'esistenza che assomigliava a tal punto a quella dell'eremita di Malavalle, che agiografi successivi videro in queste Corrispondenze l'effetto di un rapporto diretto maestro seguace fra Guglielmo ed i due eremiti di Montalceto e Chiusdino.
Il caso di Guglielmo si distingue tuttavia da quello dei suoi due contemporanei toscani in un punto. Mentre l'eremo di Montalceto venne incorporato dall'abbazia camaldolese del S. Salvatore della Berardenga (A. M. ZIMMERMANN, Kalendarium Benedectinum, Metten 1933, I, pag. 57-58; F. KEHR, Italia Pontificia, Berlino 1908, III, pag. 188), e la comunità eremitica sorta attorno alla tomba di S. Galgano sul Monte Siepi si sciolse negli Ordini dei Cistercensi e/o degli Eremitani Agostiniani della Toscana (A. CANESTRELLI, L'Abbazia di S. Galgano. Monografia storico-artistica., Firenze 1896; ARBESMANN, The three earliest Vitae ... pag. 26ss; ELM, Beiträge zur Geschichte ..., pag. 29 ss. ), Malavalle divenne culla di un Ordine. Guglielmo, che non aveva certo l'intenzione di fondarne uno, contribuì a tale evoluzione mediante il modello della sua vita trascorsa in rigida ascesi. La fama di speciale santità che Alessandro III fra il 1174 ed il 1181 confermò attraverso l'autorizzazione di un culto limitato alla diocesi di Grosseto (Innocenzo III, 8.5.1202, Ms. Bibl. Munic. Cambrai 1124, fol. 196v; DE VAHA, Explanatio, pag. 326), era così grande che non soltanto presso la sua tomba si trovavano eremiti per vivere qui "in cellis solitarii...cum summo et continuo silentio" (Costituzioni dell'Ordine dei Guglielmiti, Prolog, Ms. Bibl. Mazarine Paris 1770, fol. 2v: "Maiores nostri omni tempore tam estatis quam hyemis exceptis diebus dominicis ieiunabant... paupere et modico victu et vestitu contenti, domi nudipedes, foris calceati incedebant ne iustitiam suam coram hominibus facere viderentur ... in cellis solitarii in heremo cum summo et continuo silentio habitantes die nocteque divine contemplationi vacando vitam agebant"), ma anche altri eremi si unirono alla comunità guidata probabilmente da Alberto, il primo "famulus" (Cfr. ELM, Beiträge zur Geschichte ..., pag. 38-41), e come loro seguivano la "regula S. Guillelmi" (Cfr. Anm. 217), rigide disposizioni ascetiche confermate probabilmente dal vescovo Martino di Grosseto (Gregorio IX, 5.12.1232, Reg. Vat. 16, fol. 58; AUVRAY, I, c. 580. La "regula S. Guillelmi" non é tramandata. Si può forse trarre qualche conclusione sul suo contenuto dalle "verba" di S. Guglielmo conservate nelle Vite).
La traballante unione, tenuta insieme più da ideali comuni che da legami organizzativi, accolse tuttavia sotto Gregorio IX la regola benedettina e le Costituzioni cistercensi (Gregorio IX, 11.8.1238, L. FUMI, Codice Diplomatico della Città di Orvieto, Firenze 1884, pag. 110-111, 159-160. Innocenzo IV, 8.3.1248, Arch. Vat. Reg. an. V, fol. 52v; BERGER, I, nr. 3792), ma non avrebbe certamente superato mai il primo stadio di una vita religiosa se non fossero intervenuti forti impulsi di crescita dall'esterno, cioè dalla Curia. Con una dinamica quasi incredibile in confronto alla condotta tenuta fino ad allora, i Guglielmiti, contraddistinti dall'abito incolore e dal bastone da eremita, si diressero più o meno nel 1244 verso il nord allo scopo di fondare nel ducato di Brabante, nelle contee di Rethel e delle Fiandre, nelle diocesi di Cambrai, Liegi e Muenster i loro primi conventi transalpini, ai quali ancor prima del 1256 seguirono delle sedi nell'Ile-de-France, in Lotaringia, in Alsazia, nel Baden ed in Svevia, in Turingia, Pomerania e Brandeburgo, Boemia ed Ungheria. La costruzione dell'organizzazione dell'Ordine, cominciata sotto Gregorio IX e da allora promossa solo a stento, procedette di pari passo con questa sorprendente espansione dopo un ristagno quasi centenario. Nel 1249 si parla per la prima volta di un priore generale (Innocenzo IV, 31.3.1249, Arch. Vat. Reg. an. VI, fol. 35v; BERGER, II, nr. 4430) il quale nel 1250, assieme ai rimanenti priori, nell'ambito di un Capitolo generale a Malavalle, adeguò alle mutate circostanze le Costituzioni cistercensi modificate attraverso l'Osservanza originaria (Innocenzo IV, 30.12.1250, Arch. Vat. Reg. an. VIII, fol. 28v; BERGER, II, nr. 4937).
Nel 1248 l'Ordine venne riconosciuto quale "ordo monasticus" (Innocenzo IV, 31.3.1249, Arch. Vat. Reg. an. V, fol. 35v; BERGER, II, nr. 4430) grazie al privilegio "Religiosam vitam eligentibus", e due anni dopo ottenne il privilegio di far compiere ai suoi membri funzioni di cura d'anime quali la predicazione e la confessione (Innocenzo IV, 6.10.1250, E. PONCELET, Le Monastère de Bernardfagne dit de Saint Roch, in "Bulletin de la Société d'Art et d'Histoire du Diocèse de Liège", XIII (1902), pag. 203-204). La tradizione sa poco degli uomini che operarono l'espansione dell'Ordine e che attraverso la loro condotta di vita riuscirono a guadagnarsi l'appoggio dei fedeli. La coincidenza temporale della loro partenza con l'entrata in carica di Innocenzo IV, e l'espansione nei territori dei signori a lui legati, fanno pensare che il Papa stesso abbia promosso questo sviluppo, cioè che abbia organizzato e mobilitato l'Ordine per ottenere la sua adesione all'attività pastorale sull'esempio degli Ordini mendicanti - senza tuttavia imporre ad esso la loro concezione di povertà - e per impiegarlo nella lotta contro i nemici della Chiesa. Lo sviluppo concreto mostra però che questo progetto rimase inadempiuto. Non la città, e cioè la realtà degli Ordini mendicanti volti alla cura d'anime ed all'agitazione politica, bensì le fasce costiere delle Fiandre, le brughiere della Westfalia, le foreste ancora intatte delle Ardenne, dell'Alsazia e della Foresta Nera, i territori orientali in attesa di una coltivazione più intensiva, divennero lo scenario della vita religiosa dei Guglielmiti, vita che nonostante la cura d'anime consentita agli eremiti, poneva al centro la preghiera, l'ascesi, il lavoro e l'isolamento.
Come gli Eremiti Agostiniani a proposito delle somiglianze fra i fondatori dell'Ordine dei Zambonini e dei Francescani, così i Guglielmiti ed i Cistercensi cercarono in una maniera totalmente confusa di cogliere analogie nelle abitudini di vita dei loro Ordini attraverso relazioni dirette fra Bernardo di Chiaravalle e Guglielmo di Malavalle (Vita S. Gullelmi auct. Theobaldo, AA. SS. Febr. II, pag. 484ss; JOHANN VON VICTRING, Liber certarum historiarum, MGH SS rer. germ. 36, I (1909), pag. 84-85, 121). Tali rappresentazioni sono prive di fondamenti storici, tuttavia mostrano con quale dei grandi Ordini della Chiesa i Guglielmiti debbano essere paragonati in maniera più appropriata.