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Eremo della Santissima Trinità di Centocelle
Agostino e l'Eremo di Centocelle
di Padre Mario Mattei
C'è una straordinaria ricchezza di tradizioni legate al soggiorno di sant'Agostino in Italia. La prima e la più nota riguarda l'eremo di Centocelle, dove si dice che abbia soggiornato e lasciato la sua Regola. Queste tradizioni sono nate, se vogliamo, dalla necessità di riempire circa un anno trascorso da sant' Agostino a Roma, prima del suo ritorno in Africa nel 388. I fatti sono noti. Battezzato a Milano il 24 aprile 387, partì quasi subito per Roma con l'intento di imbarcarsi a Ostia per tornare in Africa, con una di quelle navi, dette frumentarie, che trasportavano il grano a Roma. Ma a Ostia sua madre Monica si ammalò e morì e questo lo costrinse a ritardare la partenza di quasi un anno, perché una legge proibiva la navigazione verso l'Africa dopo il 10 novembre. Cosa fece sant'Agostino in questo tempo? Scoprirlo è stato un rompicapo e un fervido campo di fantasie per molti. Il primo che ce ne parla in un suo scritto del 1334 è l'agostiniano tedesco Enrico di Friemar.
Questi si rifà a una tradizione che vuole sant' Agostino frate eremita fin dal suo battesimo, in quanto fu lo stesso sant' Ambrogio a rivestirlo dell'abito nero e della cintura. Aggiunge poi che, nel suo viaggio di ritorno in Africa, "giunto nel selvaggio territorio toscano, trovò molti eremiti viventi secondo uno stile di vita santo. Egli arrivò infine al nostro luogo, denominato Centocelle. Questo fu, come è stato detto, il primo convento appartenente al nostro ordine, e in quel luogo e con quegli eremiti, Agostino visse per circa due anni ed essi egli diede la regola e la forma di vita". Giordano di Sassonia, che scrive vent'anni dopo con più senso critico e basandosi sui dati delle Confessioni e non di semplici tradizioni, deve ammettere che Agostino dopo il. battesimo si trattenne in Italia appena un anno. Tuttavia accetta la tesi che "di ritorno in Africa, visitò di .passaggio i fratelli eremiti di Toscana e di Centocelle". Da notare comunque che era chiamata "Tuscia" tutta la regione a nord del Tevere e quindi la traduzione di questa parola con "Toscana" non fa del tutto giustizia a un territorio che siamo abituati a pensare di un'altra regione. Per quanto poi riguarda la continuità dell'Ordine, dopo la morte dell'Ipponate, fra Giordano scrive: "ma in che maniera siano vissuti e che cosa abbiano fatto i nostri fratelli in quel lungo lasso di tempo, cioè dalla dispersione in Africa fino ai giorni di Innocenzo, non ho potuto trovarlo in alcuna scrittura autentica. Per questo non ho potuto scrivere nulla di quel periodo; una cosa però è certa: che quella benedetta schiera di seguaci di sant'Agostino non si estinse mai del tutto, ma continuò in alcuni fratelli che vissero in santa semplicità fino all'anno del Signore 1215, quando si celebrò il Concilio Lateranense."
Certo gli Agostiniani soffrirono di qualche complesso di inferiorità rispetto ai Francescani e ai Domenicani, in quanto non avevano un fondatore in carne ed ossa e neanche potevano dire di conservare il suo sepolcro. Finché nel 1327 il papa Giovanni XXII concesse loro di poter fondare un convento a Pavia, accanto al sepolcro di sant'Agostino, accompagnando tale concessione con le parole: "Ci sembra degno e conveniente che nel medesimo luogo dove si dice sia sepolto il corpo di un così grande Dottore e Maestro, lo veneriate in modo speciale, perché, uniti come membra al capo, come figli al padre, come discepoli al maestro e come soldati alloro capitano, possiate vivere con la protezione apostolica in intimo godimento, uniti a Dio e allo stesso Santo (...) là dove sapete che si conservano le sue reliquie". Queste parole del Papa, pur non toccando certamente il problema storico, confermavano tuttavia negli Agostiniani la convinzione di essere i continuatori del monachesimo di Agostino e di poterlo chiamare "Padre". Divenne in questo modo credenza comune che sant'Agostino avesse abitato con gli eremiti di Centocelle e avesse scritto per loro, e per gli altri della Toscana, la sua celebre Regola. Quindi la Santa Sede a questo primo nucleo avrebbe unito tutte le altre congregazioni di eremiti nella Grande Unione del 1256. Una lapide in caratteri gotici venne scritta a ricordo del soggiorno di Agostino nell'eremo di Centocelle e posta in quella che fu ritenuta la sua cella.
Essa dice:
VETUSTISSIMUM MONACHORUM EREMITARUM
COENOBIUM OLIM HIC FUIT A PROXIMA CIVITATE DE CENTUMCELLIS ET AB ADIACENTE
SACELLO SANCTAE SEVERELLAE VOCITATUM
IN QUO BEATUS AUGUSTINUS PRIUSQUAM
IN AFRICAM REVERTERETUR CUM EISDEM
DEI SERVIS ALIQUANDIU COMMORATUS EST
QUIBUS ETIAM COMUNIS VITAE PRAECEPTA
PRAESCRIPSIT QUAE SECUNDA REGULA APPELLATUR.
(Esistette qui un antichissimo cenobio di monaci Eremiti, che ebbe nome dalla vicina città di Centocelle e dalla vicina cappella di Santa Severella, nel quale il beato Agostino, prima di far ritorno in Africa, dimorò per qualche tempo con quei servi di Dio, ai quali pure tracciò quelle norme di vita in comune che vanno sotto il nome di Seconda Regola). La storia di questo eremo è fatta di alterne vicende. Sappiamo per certo che nel 1275 e nel 1278 vi furono tenuti due Capitoli della Provincia Romana. Ma sappiamo anche che a metà del XV secolo era addirittura abbandonato e cadente. Scrive infatti nel suo Registro il 29 agosto 1453 il Priore Generale, padre Giuliano di Salem: "Abbiamo visto il nostro convento di Centocelle che non è più abitato dai frati e che minaccia rovina. Pertanto vogliamo porre rimedio allo stato di questo luogo per rispetto del nostro santo padre Aurelio Agostino che vi abitò per due anni. Benché il convento sia una grancia di quello di Cometo e benché quei frati non se ne curino affatto, stabiliamo che venga dato a fra Carlo da Cometo, che ne ha fatto a noi richiesta più volte, e che ne sia priore a nome nostro".
Da quel tempo però, fino al 1782, appare sempre nei Registri della Provincia Romana come incorporato al Convento di Cometo ed affidato alla cura ora di un sacerdote e ora di un frate converso. Oggi, dopo un completo restauro, è abitato da una congregazione moderna. E' facilmente raggiungibile perché si trova a circa due chilometri dal paese di Allumiere, sulla via che conduce alla Farnesiana. Una seconda tradizione agostiniana, anch'essa legata alla permanenza del santo Dottore nell'eremo di Centocelle, riguarda l'inizio di una delle sue più celebri opere: il De Trinitate. Di questa tradizione abbiamo già notizia certa nel 1481 dove è riportata in un'opera di Ambrosius Massarius da Cora, O.S.A, la sua Vita S. Augustini et commentarii in tres regulas ipsius S. Augustini Roma. 8 dicembre, 1481.
A 335/051: Defunta vero matre: nec ut quidam licenter aiunt in Aphrim remeavit: sed ad centum cellas quadrigesimus fere lapidem ab urbe se contulit: ubi sub sancte trinitatis vocabolo monasterium quod adhuc extat extruxit: quod optimis fratribus primi heremite pauli vitam ducentibus refersit eosque apostolicum vivendi modum quem heremitis de monte pisano dederat: perdocuit. Ibi ut plerique aiunt sublime de trinitate volumen quod postea senio confectus explevit exorsus fuit.