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REGOLA AD Sanctimoniales

Santa Monica e le monache agostiniane opera di Botticini (1470) nella Cappella Bini nella chiesa di Santo Spirito a Firenze

Santa Monica e le monache agostiniane opera di Botticini (1470)

nella Cappella Bini nella chiesa di Santo Spirito a Firenze

 

REGOLA AD SANCTIMONIALES

 

 

 

 

1. Sorelle carissime, si ami anzitutto Dio e quindi il prossimo, perché sono questi i precetti che ci vennero dati come fondamentali.

2. Questi poi sono i precetti che prescriviamo a voi stabilite nel monastero.

 

 

Capitolo 1

SCOPO E FONDAMENTO DELLA VITA COMUNE

 

3. Il motivo essenziale per cui vi siete insieme riunite è che viviate unanimi nella casa [1] e abbiate unità di mente e di cuore [2] protesi verso Dio.

4. Non dite di nulla: "E' mio", ma tutto sia comune fra voi. La superiora distribuisca a ciascuna di voi il vitto e il vestiario [3]; non però a tutte ugualmente, perché non avete tutte la medesima salute, ma ad ognuna secondo le sue necessità. Infatti così leggete negli Atti degli Apostoli: Essi avevano tutto in comune e si distribuiva a ciascuno secondo le sue necessità [4].

5. Chi, da secolare, possedeva dei beni, entrata che sia nel monastero, li trasmetta volentieri alla Comunità.

6. Chi poi non ne possedeva, non ricerchi nel monastero ciò che nemmeno fuori poteva avere. Tuttavia si vada incontro ai bisogni della sua insufficienza, anche se, quando lei si trovava fuori, la sua povertà non era neppure in grado di procurarle l'indispensabile. Solo che non si ritenga felice per aver conseguito quel vitto e quelle vesti che fuori non si poteva permettere.

7. Né si monti la testa per il fatto di essere associata a chi, nel mondo, nemmeno osava avvicinare, ma tenga il cuore in alto e non ricerchi la vanità della terra [5], affinché i monasteri, se ivi le ricche si umiliano e le povere si vantano, non comincino ad essere utili alle ricche e non alle povere.

8. D'altra parte, quelle che credevano di valere qualcosa nel mondo [6], non disdegnino le loro sorelle che sono pervenute a quella santa convivenza da uno stato di povertà. Vogliano anzi gloriarsi non della dignità di ricchi genitori ma della convivenza con le sorelle povere. Né si vantino per aver trasferito alla Comunità qualche parte dei loro beni; né il fatto di distribuire al monastero le loro ricchezze, anziché averle godute nel mondo costituisca per esse motivo di maggiore orgoglio. Se infatti ogni altro vizio spinge a compiere azioni cattive, la superbia tende insidie anche alle buone per guastarle; e che giova spogliarsi dei propri beni dandoli ai poveri e diventare povera, se la misera anima nel disprezzare le ricchezze diviene più superba che non quando le possedeva [7]?

9. Tutte dunque vivete unanimi e concordi e, in voi, onorate reciprocamente Dio [8] di cui siete fatte tempio [9].

 

 

Capitolo 2

LA PREGHIERA

 

10 Attendete con alacrità alle preghiere [10] nelle ore e nei tempi stabiliti.

11. L'oratorio sia adibito esclusivamente allo scopo per cui è stato fatto e che gli ha dato il nome. Se perciò qualcuna, avendo tempo, volesse pregare anche fuori delle ore stabilite, non ne sia ostacolato da chi abbia ritenuto conveniente adibire l'oratorio a scopi diversi.

12. Quando pregate Dio con salmi ed inni, meditate nel cuore ciò che proferite con la voce.

13. E non vogliate cantare se non quanto è previsto per il canto. Evitate quindi ciò che al canto non è destinato.

 

 

Capitolo 3

FRUGALITA' E MORTIFICAZIONE

 

14. Domate la vostra carne con digiuni ed astinenze dal cibo e dalle bevande, per quanto la salute lo permette. Ma se qualcuna non può digiunare, non prenda cibi fuori dell'ora del pasto se non quando è malata.

15. Sedendo a mensa e finché non vi alzate, ascoltate senza rumore e discussioni ciò che secondo l'uso vi si legge, affinché non si sfami soltanto la gola, ma anche le orecchie appetiscano la parola di Dio [11].

16. Se alcune vengono trattate con qualche riguardo nel vitto perché più delicate per il precedente tenore di vita, ciò non deve recare fastidio né sembrare ingiusto a quelle altre che un differente tenore ha reso più forti. Né devono crederle più fortunate perché mangiano quel che non mangiano loro; debbono anzi rallegrarsi con se stesse per essere capaci di maggiore frugalità.

17. Così, pure, se a quante venute in monastero da abitudini più raffinate si concedono abiti, letti e coperte che non si danno alle altre che sono più robuste e perciò veramente più fortunate, quest'ultime devono considerare quanto le loro compagne siano scese di livello passando dalla loro vita mondana a questa, benché non abbiano potuto eguagliare la frugalità di coloro che sono di più forte costituzione fisica. E poi, non debbono tutti pretendere quelle cose che sono concesse in più ad alcune non per onore ma per tolleranza, onde evitare quel disordine detestabile per cui in monastero le ricche si mortificano quanto più possono, mentre le povere si fanno schizzinose.

18. D'altra parte, siccome le ammalate devono mangiare meno per non aggravarsi, durante la loro convalescenza dovranno essere trattate in modo da potersi ristabilire al più presto, anche se provenissero da una povertà estrema; infatti la recente malattia ha loro procurato quello stato di debolezza che il precedente tenore di vita aveva lasciato nelle ricche. Ma appena si siano ristabilite, tornino alla loro vita normale, che è certamente più felice, poiché è tanto più consona alle serve di Dio quanto meno è esigente. Ormai guarite, il piacere non le trattenga in quella vita comoda a cui le avevano sollevate le esigenze della malattia. Si considerino anzi più ricche se saranno più forti nel sopportare la frugalità, perché è meglio aver meno bisogni che possedere più cose [12].

 

 

Capitolo 4

CUSTODIA DELLA CASTITA' E CORREZIONE FRATERNA

 

19. Il vostro abito non sia appariscente; non cercate di piacere per le vesti ma per il contegno.

20. Quando uscite, andate insieme ed insieme rimanete quando sarete giunte a destinazione.

21. Nel modo di procedere o di stare, in ogni vostro atteggiamento, non vi sia nulla che offenda lo sguardo altrui ma tutto sia consono al vostro stato di consacrazione.

22. Gli occhi, anche se cadono su qualche uomo, non si fissino su alcuno. Certo, quando uscite, non vi è proibito vedere uomini, ma sarebbe grave desiderarli o voler essere da loro desiderate [13], perché non soltanto con il tatto e l'affetto ma anche con lo sguardo la concupiscenza di un uomo ci provoca ed è a sua volta provocata. E perciò non dite di avere il cuore pudico se avete l'occhio impudico, perché l'occhio impudico è rivelatore di un cuore impudico. Quando poi due cuori si rivelano impuri col mutuo sguardo, anche senza scambiarsi una parola, e si compiacciono con reciproco ardore del desiderio carnale, la castità fugge ugualmente dai costumi, anche se i corpi rimangono intatti dall'immonda violazione.

23. Ed inoltre chi fissa gli occhi su un uomo e si diletta di esser da lui fissata, non si faccia illusione che altre non notino questo suo comportamento: è notato certamente e persino da chi non immaginava. Ma supposto che rimanga nascosto e nessuno lo veda, che conto farà di Colui che scruta dall'alto e al quale non si può nascondere nulla? [14] Dovrà forse credere che non veda, perché nel vedere è tanto più paziente quanto più sapiente? La donna consacrata tema dunque di spiacere a Dio per non piacere impuramente ad un uomo; pensi che Dio vede tutto, per non desiderare di vedere impuramente un uomo, ricordando che anche in questo caso si raccomanda il Suo santo timore dov'é scritto: E' detestato dal Signore chi fissa lo sguardo [15].

24. Quando dunque vi trovate insieme in chiesa e dovunque si trovino pure uomini, proteggete a vicenda la vostra pudicizia. Infatti quel Dio che abita in voi [16], vi proteggerà pure in questo modo, per mezzo cioè di voi stesse.

25. E se avvertirete in qualcuna di voi questa petulanza degli occhi di cui vi parlo, ammonitela subito, affinché il male non progredisca ma sia stroncato fin dall'inizio.

26. Se poi, anche dopo l'ammonizione, la vedrete ripetere la stessa mancanza in quel giorno o in qualsiasi altro, chiunque se ne accorga lo riveli come se si trattasse di una sorella ferita da risanare. Prima però lo indichi ad una seconda o a una terza, dalla cui testimonianza potrà essere convinta e quindi, con adeguata severità, indotta ad emendarsi [17]. Non giudicatevi malevole quando segnalate un caso del genere; al contrario non sareste affatto più benevoli se tacendo permetteste che le vostre sorelle perissero, mentre potreste salvarle parlando. Se infatti tua sorella avesse una ferita e volesse nasconderla per paura della cura, non saresti crudele a tacerlo e pietosa a palesarlo? Quanto più dunque devi denunziarla perché non imputridisca più rovinosamente nel cuore?

27. Tuttavia, qualora dopo l'ammonizione abbia trascurato di correggersi, prima di indicarlo alle altre che dovrebbero convincerla se nega, si deve parlarne preventivamente alla superiora: si potrebbe forse evitare così, con un rimprovero più segreto, che lo sappiano le altre. Se negherà, allora alla pretesa innocente si opporranno le altre testimoni: alla presenza di tutti dovrà essere incolpata non più da una sola ma da due o tre persone [18] e, convinta, sostenere, a giudizio della superiora o anche del presbitero competente, la punizione riparatrice. Se ricuserà di subirla, anche se non se ne andrà via spontaneamente, sia espulsa dalla vostra comunità. Neppure questo è atto di crudeltà ma di pietà, per evitare che rovini molte altre col suo contagio pestifero.

28. Quanto ho detto sull'immodestia degli occhi, si osservi con diligenza e fedeltà anche nello scoprire, proibire, giudicare, convincere e punire le altre colpe, usando amore per le persone e odio per i vizi.

29. Chiunque poi fosse andata tanto oltre nel male da ricevere di nascosto da un uomo lettere o qualsiasi dono anche piccolo, se lo confesserà spontaneamente le si perdoni pregando per lei; se invece sarà colta sul fatto e convinta, la si punisca molto severamente, a giudizio del presbitero o della superiora.

 

 

Capitolo 5

OGGETTI D'USO QUOTIDIANO E LORO CUSTODI

 

30. Conservate i vostri abiti in un luogo unico, sotto una o due custodi o quante basteranno a ravviarli per preservarli dalle tarme; e, come siete nutrite da un sola dispensa, così vestitevi da un solo guardaroba. Se possibile, non curatevi di quali indumenti vi vengano dati secondo le esigenze della stagione, se cioè riprendete quello smesso in passato o uno diverso già indossato da un altra; purché non si neghi a nessuna l'occorrente [19]. Se invece da ciò sorgono tra voi discussioni e mormorazioni [20], se cioè qualcuna si lamenta di aver ricevuto una veste peggiore della precedente e della sconvenienza per lei di vestire come si vestiva un'altra sua consorella, ricavatene voi stesse una prova di quanto vi manchi del santo abito interiore del cuore, dato che litigate per gli abiti del corpo. Comunque, qualora questa vostra debolezza venga tollerata e vi si consenta di riprendere quello che avevate deposto, lasciate nel guardaroba comune e sotto comuni custodi quello che deponete.

31. Allo stesso modo nessuna mai lavori per se stessa ma tutti i vostri lavori tendano al bene comune e con maggiore impegno e più fervida alacrità che se ciascuna li facesse per sé. Infatti la carità di cui è scritto che non cerca il proprio tornaconto [21], va intesa nel senso che antepone le cose comuni alle proprie, non le proprie alle comuni. Per cui vi accorgerete di aver tanto più progredito nella perfezione quanto più avrete curato il bene comune anteponendolo al vostro. E così su tutte le cose di cui si serve la passeggera necessità, si eleverà l'unica che permane: la carità [22].

32. Ne consegue pure che, se qualcuna porterà alle proprie figlie o ad altre congiunte stabilite in monastero un oggetto, come un capo di vestiario o qualunque altra cosa, non venga ricevuto di nascosto, anche se ritenuto necessario; sia invece messo a disposizione del superiore perché, posto fra le cose comuni, venga distribuito a chi ne avrà bisogno. Perciò se qualcuna avrà tenuto nascosto l'oggetto donatole, sia giudicata colpevole di furto.

33. I vostri indumenti siano lavati secondo le disposizioni della superiora da voi o dalle lavandaie: eviterete così che un eccessivo desiderio di vesti troppo pulite contagi l'anima di macchie interiori.

34. Anche la lozione del corpo, quand'é necessaria per ragioni di malattia, non si deve mai negare, ma si faccia su consiglio del medico e senza critiche; per cui, anche contro la propria volontà, al comando della superiora la malata faccia quanto si deve fare per la salute. Se invece lei lo vuole e può risultarle dannoso, non si accondiscenda al suo desiderio: talvolta ciò che piace è ritenuto utile anche se nuoce.

35. Infine, trattandosi di sofferenze fisiche nascoste, si dovrà credere senza esitazioni alla serva di Dio che manifesta la propria indisposizione. Si consulti però il medico, se non si è certi che per guarirla giova ciò che le piace.

36. Ai bagni o dovunque sarà necessario andare, non si vada in meno di due o tre. E chi ha necessità di portarsi in qualche luogo, dovrà andarvi non con chi vuole ma con chi le sarà indicato dalla superiora.

37. La cura delle ammalate, delle convalescenti e delle altre che anche senza febbre soffrano qualche indisposizione, sia affidata ad una sola, che ritiri personalmente dalla dispensa quel che avrà giudicato necessario a ciascuna.

38. Le custodi della dispensa, del guardaroba e della biblioteca servano con animo sereno le loro sorelle.

39. I libri si chiedano giorno per giorno alle ore stabilite; e non si diano a che li chiederà fuori orario.

40. Ma vesti e calzature, se necessarie a chi le chiede, vengano date senza indugio da chi le ha in custodia.

 

 

Capitolo 6

IL CONDONO DELLE OFFESE

 

41. Liti non abbiatene mai [23], o troncatele al più presto; altrimenti l'ira diventa odio e trasforma una paglia in trave [24] e rende l'anima omicida. Così infatti leggete: Chi odia il proprio fratello è un omicida [25].

42. Chiunque avrà offeso un'altra con insolenze o maldicenze o anche rinfacciando una colpa [26], si ricordi di riparare al più preso il suo atto. E a sua volta l'offesa perdoni anche lei senza dispute. In caso di offesa reciproca, anche il perdono dovrà essere reciproco, grazie alle vostre preghiere [27] che quanto più frequenti tanto più dovranno essere sincere. Tuttavia chi, pur tentata spesso dall'ira, è però sollecita a impetrare perdono da chi riconosce d'aver offeso, è certamente migliore di chi si adira più rapidamente ma più difficilmente si piega a chiedere perdono. Chi poi si rifiuta sempre di chiederlo o non lo chiede di cuore [28], sta nel monastero senza ragione alcuna, benché non ne sia espulso. Astenetevi pertanto dalle parole offensive; ma se vi fossero uscite di bocca, non vi rincresca di trarre rimedi da quella stessa bocca che diede origine alle ferite.

43. Quando però per esigenze di disciplina siete indotte a usare parole dure nel correggere le inferiori, non si esige da voi che ne chiediate perdono, anche se avvertite di aver ecceduto: per salvare un'umiltà sovrabbondante non si può spezzare il prestigio dell'autorità presso chi deve starvi soggetto. Bisogna però chiederne perdono al Signore di tutti, che sa con quanta benevolenza amiate anche coloro che forse rimproverate più del giusto. L'amore tra voi, però, non sia carnale, ma spirituale.

 

 

Capitolo 7

SPIRITO DELL'AUTORITA' E DELL'OBBEDIENZA

 

44. Si obbedisca alla superiora come ad una madre [29], col dovuto onore per non offendere Dio nella persona di lei [30]. Ancor più si obbedisca al presbitero che ha cura di tutte voi.

45. Sarà compito speciale della superiora far osservare tutte queste norme; non trascuri per negligenza le eventuali inosservanze ma vi ponga rimedio con la correzione. Rimetta invece al presbitero, più autorevole su di voi, ciò che supera la sua competenza o le sue forze.

46. Chi vi presiede non si stimi felice perché domina col potere ma perché serve con la carità [31]. Davanti a Dio si prostri per timore ai vostri piedi [32]. Si offra a tutti come esempio di buone opere [33], moderi i turbolenti, incoraggi i timidi, sostenga i deboli, sia paziente con tutti [34]. Mantenga con amore la disciplina, ne imponga il rispetto; e, sebbene siano cose necessarie entrambe, tuttavia preferisca piuttosto essere amata che temuta riflettendo continuamente che dovrà rendere conto di voi a Dio [35].

47. Perciò, obbedendo maggiormente, mostrerete pietà non solo di voi stesse ma anche di lei [36], che si trova in un pericolo tanto più grave quanto più alta è la sua posizione tra voi.

 

 

Capitolo 8

OSSERVANZA DELLA REGOLA

 

48. Il Signore vi conceda di osservare con amore queste norme, quali innamorate della bellezza spirituale [37] ed esalanti dalla vostra santa convivenza il buon profumo di Cristo [38], non come serve sotto la legge, ma come donne libere sotto la grazia [39].

49. Perché poi possiate rimirarvi in questo libretto come in uno specchio onde non trascurare nulla per dimenticanza [40], vi sia letto una volta la settimana. Se vi troverete ad adempiere tutte le cose che vi sono scritte, ringraziatene il Signore, donatore di ogni bene. Quando invece qualcuna si avvedrà di essere manchevole in qualcosa, si dolga del passato, si premunisca per il futuro, pregando che le sia rimesso il debito e non sia ancora indotta in tentazione [41].

 

 

 

(1) - Cf. Sal 67, 7.

(2) - Cf. At 4, 32.

(3) - Cf. 1 Tm 6, 8.

(4) - At 4, 32. 35.

(5) - Cf. Col 3, 1-2.

(6) - Cf. Gal 2, 2.

(7) - Cf. Sal 111, 9; Lc 18, 22; 1 Cor 13, 3

(8) - Cf. Rm 15, 6.

(9) - Cf. 2 Cor 6, 16.

(10) - Cf. Col 4, 2; Rm 12, 12

(11) - Cf. Am 8, 11.

(12) - Cf. SENECA, Ep. ad Luc. 2, 6.

(13) - Cf. Mt 5, 28.

(14) - Cf. Prv 24, 12. 18.

(15) - Prv 27, 20.

(16) - 1 Cor 3, 16; 2 Cor 6, 16.

(17) - Cf. Mt 18, 15-17.

(18) - Cf. 1 Tm 5, 20.

(19) - Cf. At 4, 35.

(20) - Cf. 1 Cor 1, 11. 3, 3.

(21) - 1 Cor 13, 5.

(22) - Cf. 1 Cor 12, 31; 13, 13.

(23) - Cf. 2 Tm 2, 24; Sir 28, 10

(24) - Cf. Mt 7, 3.

(25) - 1 Gv 3, 15.

(26) - Cf. Sir 29, 9.

(27) - Cf. Mt 6, 12.

(28) - Mt 18, 35

(29) - Eb 13, 17.

(30) - Cf. Lc 10, 16.

(31) - Cf. Lc 22, 25-26; Gal 5, 13.

(32) - Cf. Sir 3, 20.

(33) - Cf. 1 Tt 2, 7.

(34) - Cf. 1 Ts 5, 14.

(35) - Cf. Eb 13, 17.

(36) - Cf. Sir 30, 24.

(37) - Cf. Sir 44, 6.

(38) - Cf. 2 Cor 2, 15; 1 Pt 2, 12; 3, 16.

(39) - Cf. Rm 6, 14.

(40) - Cf. Gc 1, 23-25; Eb 12, 5.

(41) - Cf. Mt 6, 12. 13