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La Regola di sant'Agostino

Agostino consegna la sua regola ai monaci: pannello dell'Arca di Pavia

Agostino consegna la Regola ai suoi monaci.

Pavia: Arca di sant'Agostino

 

 

La regola agostiniana

 

 

 

L'origine e la genuinità della regola agostiniana è stata oggetto di numerosi studi e critiche importanti.

Anche perché si è spesso distinto fra Regola maschile e Regola femminile. È la tradizione manoscritta che c'impone questa distinzione trasmettendoci un testo diverso nella forma, ma identico nella sostanza. Diverso nella forma.

V'è infatti una tradizione manoscritta che riporta il testo in femminile, aggiunto, per lo più, a una lettera di S. Agostino al monastero d'Ippona, dov'era stata superiora per molti anni sua sorella (Lettera 211).

Ma v'è anche un'altra tradizione, più antica e più valida, che riporta lo stesso testo in maschile, diretto ai servi di Dio. Che si tratti di un testo unico non può esservi dubbio.

Salvo alcune varianti, utili criticamente, ma irrilevanti per la questione dell'autenticità, e salve alcune piccole aggiunte qua e là nel testo della Lettera, le differenze si riducono alla trascrizione in maschile o in femminile del testo medesimo. Il testo dunque è uno, e non può essere attribuito che a un solo autore.

La tradizione lo ha attribuito a S. Agostino. Per confermare questa attribuzione la critica non ha, a suo favore fonti letterarie. S. Agostino stesso nei suoi scritti non parla mai della Regola, né mai ne parla, esplicitamente, Possidio nella vita di lui.

Ha però una lunga tradizione manoscritta e validi argomenti interni, che permettono di giungere a una conclusione sicura, che è questa: il testo venerando della Regola che porta il nome di S. Agostino - Regula ad servos Dei - è realmente del vescovo d'Ippona.

 

 

Per lungo tempo circolarono tre regole monastiche attribuite a S. Agostino:

1. quella detta regula consensoria che incomincia: Communi definitione decrevimus;

2. la regola ante omnia fratres carissimi, o regula seconda;

3. quella che nei più antichi manoscritti incomincia: haec sunt o regula ad servos Dei.

Le prime due sono spurie, la genuina è la terza, per quanto lo Zöckler abbia attaccato la genuinità anche di questa. Per la storia della sua tradizione manoscritta, senza contare varî accenni che potrebbero indicarsi in parecchi scritti di S. Agostino, soprattutto nell'epistola 211 si nota:

1. che la regola di S. Benedetto in circa dodici punti fa eco alla regola agostiniana;

2. che le due regole di S. Cesario d'Arles ne riproducono alla lettera varie sentenze;

3. che la regola Tarnatense ne trascrive per intero il testo;

4. che parimente la riporta integralmente il codice di Corbie, della fine del sec. VII o dei primi dell'VIII.

È dunque più probabile che la dipendenza sia da parte di S. Benedetto e di S. Cesario d'Arles, che non l'ipotesi contraria, nel qual caso il codice di Corbie fornirebbe soltanto il terminus ad quem. Non è ancora dimostrato con certezza, se il testo di questa regola fu scritto tal quale si presenta da S. Agostino o se si debba riconoscere in questo un adattamento dell'epistola 211.