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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Seicento > CuzcoCICLo AGOSTINIANo a Cuzco

Agostino insegna retorica a Roma: particolare del retore in cattedra
MAESTRO DI CUZCO
1660-1690
Cuzco, chiesa e convento de La Merced
Agostino insegna retorica a Roma
Verso il 384 Agostino lasciò Cartagine per andare ad insegnare a Roma. Vi arrivò di nascosto dalla madre assieme alla donna con cui conviveva e con il figlio Adeodato. Con questo viaggio Agostino in realtà sta cercando di fare carriera e pertanto inizia con l'aiuto dei manichei un percorso di avvicinamento Milano, la città dove risiede l'imperatore. Il passaggio da Roma, dove ha amici manichei potenti ed influenti, è probabilmente uno snodo indispensabile nel suo tentativo di arrampicata sociale.
Il pittore ha qui raffigurato Agostino in cattedra in una grande e lunga aula dove gli studenti sono disposti su vari piani in ascolto e in discussione fra di loro.
La didascalia riporta: "El Peregrino ingegno de Augustino regenta en Roma una Cathedra de Rethorica con aplauso general y aprobation los SS. Consules, teniendo per Scolares la principal noblesa de aquella Insigne Corte Imperial Emporio de las Ciencias Metropoli universal seguro Asilo del Christianismo y Cavesa de las Cortes y Ciudades del Mundo pues sola Roma lo merece."
Agisti dunque su di me fino a farmi maturare la decisione di partire alla volta di Roma, per insegnare là invece che a Cartagine la mia disciplina. Come poi venni a questa convinzione io non te lo voglio tacere, dato che anche in questi fatti bisogna riconoscere e celebrare le tue profondità segrete e la tua attenzione costante e tenerissima per noi. Non volevo andare a Roma per le prospettive di maggiori guadagni e maggior prestigio con cui gli amici volevano allettarmi - benché anche queste cose allora avessero peso sulle mie decisioni. Ma la ragione prima e forse unica era la fama che gli studenti di là avevano d'essere più tranquilli, e disciplinati da un ordinamento più rigoroso: e non avevano l'abitudine di irrompere alla spicciolata e alla rinfusa in una scuola se non erano allievi di quel maestro, anzi non vi erano affatto ammessi senza il suo permesso. A Cartagine invece l'indisciplina degli studenti è vergognosa e sfrenata: hanno l'impudenza di cacciarsi dove vogliono, sono come furie che turbano l'ordine istituito per il profitto degli allievi.
Commettono ogni sorta di insolenze di una scempiaggine incredibile, che le leggi dovrebbero punire, se l'usanza non li proteggesse. E si rivelano tanto più miserabili, in quanto agiscono come se ciò che fanno fosse lecito, mentre per la tua legge non lo sarà mai; e credono di passare impuniti quando è la stessa cecità del loro agire la pena, e soffrono cose incomparabilmente peggiori di quelle che fanno. E io che da studente m'ero sempre rifiutato di indulgere a quegli usi, adesso da professore ero costretto a sopportarli da parte altrui: per questo aspiravo ad andarmene dove questo, stando a chi ne era informato, non sarebbe accaduto.
AGOSTINO, Confessioni 5, 12, 22