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CICLo AGOSTINIANo nel Chiostro di SanSepolcro

Agostino è in estasi davanti alla Trinità, lunetta nel chiostro agostiniano di San Sepolcro

Agostino è in estasi davanti alla Trinità

 

 

MAESTRO DI SANSEPOLCRO

1650-1670

Chiostro del convento agostiniano di Sansepolcro

 

Agostino è in estasi davanti alla Trinità

 

 

 

La lunetta riproduce con grande fedeltà la stampa di Schelte che dava la seguente spiegazione: Divina tandem de sanctissima Trinitate volumina aliosque innumeros eruditus scriba ex omnigenae sapientiae suae thesauro protulit libros, tractatus et sermones, epistulas. A Sansepolcro la legenda recita: CEDA I SUOI VANTI AL GRAND AURELIO OMAI CHE SE QUELLO IN UN ... L'ANGEL CHE TONANTE ARMA IL CONSIGLIO ... [TRINO] SOL FERMA... nella riga seguente è riportato il nome del SIG. LORENZO GHERARDI, probabilmente il committente dell'affresco, che ha voluto anche lo stemma di famiglia.

Poco dopo il 1400 Nelli dipinse un Agostino a Gubbio rapito davanti alla Trinità: è lo stesso tema ripreso da Schelte con una certa originalità e tale da avere una grande fortuna nella iconografia del santo. Agostino indossa sempre la nera tunica dei monaci agostiniani, è invecchiato e sembra un poco affaticato: sta scrivendo il De Trinitate ma guarda le persone che gli inviano un raggio di luce. E' la Trinità, con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sotto forma di colomba. Agostino esprime la propria sorpresa e una attenzione estrema. Davanti a lui si apre un grande libro appoggiato sul suo tavolo di lavoro su cui sta scrivendo con la mano destra. Dispersi nella camere si nota un letto e un mobile su cui sono appoggiati diversi libri, fra cui l'Enarrationes in Psalmos parzialmente distrutto dagli insulti del tempo. La camera ha una finestra che offre uno sguardo sulla campagna circostante. La scena è molto simile a quella analoga di Cortona.

 

[...] Inoltre, partendo dalla creatura, opera di Dio, ho cercato, per quanto ho potuto, di condurre coloro che chiedono ragione di tali cose, a contemplare con l'intelligenza, per quanto era loro possibile, i segreti di Dio per mezzo delle cose create e ho fatto particolarmente ricorso alla creatura ragionevole e intelligente, che è stata creata ad immagine di Dio, per far loro vedere, come in uno specchio, per quanto lo possono e, se lo possono, il Dio Trinità, nella nostra memoria, intelligenza e volontà. Chiunque, con una intuizione viva, vede che queste tre potenze, in virtù di una intenzione divina, costituiscono la struttura naturale del suo spirito; percepisce quale cosa grande sia per lo spirito il poter ricordare, vedere, desiderare la natura eterna ed immutabile, la ricorda con la memoria, la contempla con l'intelligenza, l'abbraccia con l'amore, certamente vi scopre l'immagine di quella suprema Trinità. Per ricordare, vedere, amare quella suprema Trinità deve ad essa riferire tutto ciò che vive perché tale Trinità divenga oggetto del suo ricordo, della sua contemplazione e della sua compiacenza. Tuttavia ho mostrato, per quanto mi sembrava necessario, che questa immagine che è opera della stessa Trinità, che è stata deteriorata dalla sua propria colpa, si deve evitare di compararla alla Trinità come se le fosse in tutto simile, ma si deve vedere anche una grande dissomiglianza in questa tenue somiglianza.

AGOSTINO, De Trinitate, XV, 39

 

Lo scopo del De Trinitate è rendere ragione, per quanto è possibile, del fatto che la Trinità è un solo Dio e che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono di una sola e medesima sostanza. I libri I-IV intendono innanzitutto mostrare che questo è il contenuto della fede nella Trinità, sulla base dell'autorità delle Scritture. I libri V-VII quindi formulano il dogma evitando gli errori opposti del triteismo (secondo cui il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sarebbero tre dèi) e del modalismo (secondo cui essi sarebbero soltanto manifestazioni estrinseche di un unico essere divino). Agostino si serve a tal fine della dottrina aristotelica delle categorie. Di Dio possiamo dire che è sostanza (substantia) o essenza (essentia); anzi, Egli "è" nel senso più vero del termine, perché è immutabile. Proprio perché immutabile, il Lui non vi sono accidenti; le sue perfezioni (bontà, giustizia, ecc.) si predicano dunque secondo la sostanza, cioè si identificano con il suo stesso essere. Non tutto ciò che si predica in Dio, tuttavia, si predica secondo la sostanza. Alcune cose si predicano in Dio secondo la relazione. È il caso dei nomi "Padre", "Figlio" e "Spirito Santo", che indicano appunto non la sostanza di Dio, ma le relazioni che sussistono in Lui. Il Padre è tale non in se stesso, ma in relazione al Figlio, e viceversa. Anche nomi come "principio" e "Signore" sono predicati di Dio secondo la relazione: essi fanno riferimento non all'essenza di Dio, ma alle sue relazioni nei confronti delle creature, o meglio alle relazioni che le creature intrattengono con Lui.

Agostino dice di aver iniziato i libri Sulla Trinità da giovane e di averli pubblicati da vecchio (Prologo alla Lettera 174). La stesura dell'opera lo impegnò per più di vent'anni, a partire dal 400 circa. Il tema era in effetti uno dei più ardui anche per una mente come la sua. Nel Medioevo sorse al riguardo la nota leggenda destinata ad avere un'enorme fortuna iconografica: quella dell'incontro in riva al mare tra Agostino e un bambino che cercava di trasportare con una conchiglia o altro piccolo recipiente (a seconda delle versioni) l'acqua marina in una buca scavata nella sabbia, simbolo della vana pretesa di comprendere con l'intelletto umano il mistero infinito di Dio. La storiella, simpatica e istruttiva, non rende però giustizia all'instancabile sforzo agostiniano di avvicinarsi e avvicinarci alla luminosa verità del Dio uno e trino, alla cui visione beatifica l'uomo è chiamato per l'eternità.