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PITTORI: Pietro Cavaro

Agostino consegna la Regola di Michele Cavaro

Agostino consegna la Regola

 

 

CAVARO PIETRO

1528

Cagliari, Pinacoteca Nazionale

 

Agostino in trono consegna la sua Regola

 

 

 

 

La pittura cinquecentesca sarda registra fra le forze locali l'attività, a Cagliari, della Scuola di Stampace, la cui denominazione deriva dal quartiere della città in cui operò la bottega della famiglia dei Cavaro. Se capostipite della famiglia fu forse Lorenzo, il fondatore della scuola fu suo figlio Pietro,uno dei pittori sardi più dotati. Pietro Cavaro, la cui attività si colloca nell'arco del primo trentennio del Cinquecento, imparò il mestiere a Barcellona (dove risulta documentato nel 1508) e a Napoli durante un prolungato soggiorno. Due esperienze di cui si colgono i frutti nel retablo della parrocchiale di san Giovanni Battista a Villamar dipinto, come ricorda l'iscrizione, nel 1518. E' questo uno dei retablo più grandi e completi dell'arte sarda, in cui gli elementi di fiammenghismo arcaicizzante, che rivelano la conoscenza delle opere ispano-fiamminghe, si fondono a interpretazioni puristiche e semplificate del linguaggio raffaellesco raccolte forse a Napoli nell'opera di Andrea da Salerno.

A quel tempo le congiunzioni artistiche fra Sardegna e Napoli sono attestate anche dalla presenza a Sassari, in cattedrale, di uno stendardo processionale dipinto su entrambe le facce con la Madonna e veronica, opera forse di un artista girovago e anonimo di cultura anche napoletana chiamato di solito Pseudo-Bramantino. Fra le opere della maturità di Cavaro troviamo il grande retablo di san Francesco a Oristano (1533), il retablo per sant'Agostino a Cagliari, tempera e olio su tavola con fondo d'oro (m. 1,75 x 0,81 ), l'incompiuta opera con il Sant'Agostino in trono che consegna la Regola e abbatte gli eretici conservato alla Pinacoteca Nazionale di Cagliari e qui riprodotto.

Secondo varie testimonianze la tavola, originariamente collocata nell'altare maggiore della chiesa degli Eremitani di S. Agostino Vecchio a Cagliari, sarebbe poi passata al convento nuovo di S. Agostino, nel quartiere di Marina. Nonostante non esista alcun documento relativo al dipinto, in base alla consuetudine pittorica cinquecentesca e al luogo di conservazione originario, è verosimile che la tavola questa facesse parte di un importante e grandioso polittico, denso di novità iconografiche e strutturali, destinato a ricordare il santo vescovo nel luogo della sua sepoltura. La tavola si caratterizza per una particolare iconografia, che nasce dalla fusione di varie tradizioni: il Santo vescovo in Cattedra, la Consegna della Regola e la Disputa con gli eretici; nello squadro prospettico della cattedra è stato ipotizzato un ricordo del trono di S. Eligio del Maestro di Sanluri. Strutturalmente il dipinto è ricco di influssi pittorici dell'Italia Meridionale e più in particolare documenta l'aggiornamento di Pietro Cavaro su opere campane a lui contemporanee, conosciute durante l'esperienza a Napoli. Non mancano tuttavia indizi di una cultura italiana più ampia, soprattutto di ambito umanistico romano-urbinate, decifrabili nella chiara preferenza per la regola piuttosto che per la minuta descrittività; incuriosisce la disposizione di piatto, e non di taglio, dei libri nelle mensole, ordinati e non alla rinfusa come nello studiolo del S. Gerolamo del Colantonio.

Nello stile della sua maturità si nota più di uno spunto tratto da pittori spagnoli quali Pedro Berruguete (occasioni prospettiche, alterazioni, caratterizzazioni fisiognomiche) e anche arditezze di paesaggi o scorci proprie della cultura romana post-michelangiolesca.

 

Pietro Cavaro fu probabilmente fratello di Lorenzo e nipote di Gioacchino, secondo altri di Antonio. È documentato a Barcellona attorno al 1508, quando risulta appartenente alla corporazione dei pittori di quella città, anche se determinante fu il suo soggiorno napoletano, dove si sposò con Isabella Godiel da cui ebbe il suo primogenito Michele, anch'egli pittore. Dal 1512 è documentato a Cagliari. La città di Barcellona, importante approdo nel XV secolo, quando Pietro Cavaro vi si recò aveva scarsa omportanza da un punto di vista culturale, soprattutto a causa della decadenza successiva alla guerra civile del 1475, mentre Napoli andava prendendo sempre più importanza: era infatti, all'epoca, la città più grande della Corona d'Aragona.

 

L'episodio della consegna della regola ai frati agostiniani è un elemento diffuso nella iconografia agostiniana già a partire dai codici miniati del XIII secolo e fa seguito alla istituzione dell'Ordine agostiniano nel 1256. La consegna ha un valore altamente simbolico in quanto vuole esprimere la diretta dipendenza degli agostiniani da Agostino. L'Ordine agostiniano sarebbe, secondo questa concezione, il naturale prolungamento dell'esperienza monastica inaugurata da Agostino in Africa.

Alcuni studiosi concordano nell'attribuire a S. Agostino solo la Regula ad servos Dei; in epoca successiva questa Regula fu adattata al femminile e unita alla Lettera 211 che già conteneva indicazioni per le monache di Ippona. La Consensoria monachorum, invece, è stata attribuita ad un anonimo autore dell'ultimo periodo della letteratura visigotica in Galizia e scritta tra il 650 e il 711.

L'Ordo monasterii pur restando nella tradizione della vita agostiniana un documento di riferimento venerando, non è stato più attribuito ad Agostino già dalla critica rinascimentale.

Sulla data di stesura della Regula ad servos Dei ci sono diverse opinioni: una prima teoria indica come data probabile il 391, più o meno in coincidenza con la fondazione del primo monastero d'Ippona, il monastero dei laici; una seconda teoria indica il 400 in coincidenza con il De opere monachorum; una terza sposta la data addirittura fino al 427-428, dopo il De correptione et gratia, in coincidenza con la controversia sulla grazia sorta nel monastero di Adrumeto. La maggioranza degli studiosi, però, pensa sia stata scritta intorno al 400.