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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Cinquecento: Dosso Dossi > san SebastianoPITTORI: Dosso Dossi
Madonna in trono con Agostino e santi: particolare di san Sebastiano
LUTERI GIOVANNI detto DOSSO DOSSI e BENVENUTO TISI detto IL GAROFALO
1513-1523
Ferrara, Pinacoteca Civica
Madonna con Bambino in trono con San Giovannino, San Giovanni Evangelista, sant'Andrea, san Girolamo, angeli e Santi; san Sebastiano; Sant'Agostino; San Giorgio; Sant'Ambrogio; Cristo risorto
Gli autori del Polittico conservato alla Pinacoteca di Ferrara sono Tisi Benvenuto detto Garofalo (1476 ca. - 1559) e Luteri Giovanni detto Dosso Dossi (1489 ca. - 1542) che iniziarono a dipingerlo verso il 1513 su commissione di Antonio Costabili ambasciatore e Giudice dei Dodici savi, la massima magistratura ferrarese. Il soggetto è veramente imponente nella sua concezione e nella sua realizzazione. Si tratta di una pala con al centro la scena di una Madonna con Bambino in trono accompagnato da uno stuolo di santi fra cui sono riconoscibili San Giovannino, San Giovanni Evangelista, sant'Andrea, san Girolamo, angeli e Santi. Nei pannelli laterali sono stati raffigurati san Sebastiano e san Giorgio, mentre al livello superiore ritroviamo Sant'Agostino, Sant'Ambrogio e il Cristo risorto.
Tra i santi ai piedi del gruppo della Madonna con il Bambino e san Giovannino occupano una posizione di particolare evidenza Andrea, a sinistra, a cui era dedicata la chiesa alla quale la pala era destinata, Giovanni Evangelista, seduto sui gradini del trono, e Girolamo, a destra. Nelle due coppie di figure sullo sfondo ai lati del trono è possibile riconoscere Gioacchino e Anna, genitori della Vergine, ed Elisabetta e Zaccaria, genitori di Giovanni il Battista.
Nei pannelli laterali inferiori del polittico san Giorgio, patrono di Ferrara, è associato a san Sebastiano, protettore dalla peste. Entrambi sono milites Christi, soldati romani convertitisi al cristianesimo: il primo vestito dell'armatura, rappresenta il cavaliere vittorioso sul male, che prende le forme del drago sconfitto; il secondo raffigurato nudo mentre viene martirizzato è simbolo di sopportazione stoica. E' possibile che la loro presenza alluda a due aspetti della vita del committente: la carriera militare e l'attività assistenziale nei confronti di ammalati e poveri svolta da Costabili nel suo ruolo di magistrato civile. Nei due riquadri superiori compaiono due Dottori della Chiesa d'Occidente: Ambrogio di Milano e Agostino di Ippona. Agostino indossa l'abito dei frati eremitani osservanti della chiesa di sant'Andrea, ordine di cui è ispiratore.
Completa il polittico il Cristo risorto dipinto nella cimasa, che costituisce una immagine ricorrente nelle opere destinata a cappelle funerarie.
Nel 1523 il polittico si trovava già collocato sull'altare maggiore nella chiesa agostiniana di sant'Andrea e solo dal 1846 è diventata proprietà dello Stato. Ha dimensioni veramente notevoli: 960 x 577 cm. Certamente si tratta di una delle opere più avvincenti della Pinacoteca ferrarese di Palazzo Diamanti. E' noto anche come Polittico Costabili e fu eseguito da Dosso Dossi e dal Garofalo: incredibile nelle sue imponenti dimensioni, presenta un originale e insolito recupero, in un'epoca che aveva ormai adottato lo spazio unificato, di una impostazione per scansioni spaziali separate dall'incorniciatura architettonica. Il Polittico è straordinario per l'intensa profondità dei colori e lo splendore dell'oro della carpenteria. Gli effetti artistici così come l'impostazione dottrinaria, furono voluti da Antonio Costabili, un personaggio di grande rilievo presso la corte estense e che apparteneva a una famiglia di antica nobiltà cavalleresca. Costabili fu uomo d'arme e poi ambasciatore alla corte milanese di Ludovico il Moro. Raffinato uomo del Rinascimento, colto, possedeva una buona educazione umanistica e apprezzava le opere d'arte. Costabili era particolarmente legato agli Eremitani Osservanti di sant'Agostino della chiesa di Sant'Andrea che coltivavano una feconda tradizione di studi. Per l'altare maggiore della chiesa, oggi distrutta, nella quale intendeva essere sepolto, il committente fece fare la monumentale opera che, alla luce della sua cultura umanistica, più che un polittico di ascendenza tardo gotica, appare come uno splendente e grandioso arco trionfale. Questa struttura allude alla virtù della riflessione teologica agostiniana, nonché sottintende l'autorità quasi principesca del donatore.
L'aspetto attuale del Polittico è il risultato di varie fasi esecutive che comprendono anche restauri. L'analisi della struttura del dipinto e delle successive stratificazioni delle pellicole di colore inducono a credere che a una iniziale collaborazione tra Garofalo e Dosso subentri in seguito la sola responsabilità di Dosso. Lo si evince anche dall'aggiornamento sia della sua precedente stesura, sia dalla stesura compatta, controllata di Garofalo, con una tecnica più disinvolta, pennellate strisciate e tocchi più liberi e sciolti. La cronologia non è ancora definita, tuttavia si suppone che o l'opera sia stata avviata nel 1513 e rapidamente conclusa oppure che il Polittico fu iniziato dai due pittori nel 1513 e ripresa dal solo Dosso, dopo un'interruzione non breve ma non precisabile. Lo stile dell'ultima stesura è tuttavia simile alla maniera di Dosso degli anni 1518-1522. Tale ipotesi è coerente con la ricostruzione più accertata dello sviluppo dell'arte padana e veneta.
Probabilmente l'opera fu concepita già nel 1509 da Costabili come pala singola e solo successivamente fu trasformata in Polittico aggiungendo le pale laterali. La grande pala centrale probabilmente intendeva invocare la protezione divina su Ferrara nel corso della guerra della Lega di Cambrai, che fra il 1510 e il 1516 oppose il Ducato ferrarese allo Stato della Chiesa. In tal senso si spiegherebbero le invocazioni nei cartigli retti dagli angeli sopra il trono della vergine: "Dio Potente" (Deus Fortis) e "Dio della Pace" (Princceps Pacis), che fanno riferimento a una profezia di Isaia (9, 6) e al concetto di guerra giusta (bellum justum) teorizzato da sant'Agostino.
Dosso Dossi
Di Niccolò di Giovanni Luteri, detto Dosso Dossi, non sono conosciuti né il luogo né la data di nascita. Si ipotizza tuttavia presume che sia nato verso il 1486-87. Il padre, Nicolò da Trento, è registrato come residente a Villa di Dosso nel mantovano al servizio della corte del duca Ercole I di Ferrara. Dosso si formò artisticamente a Venezia, influenzato da Giorgione e dal giovane Tiziano. Il giovane Dossi vi arrivò nel 1516 quando è già da un paio d'anni pittore di corte a Ferrara. Dosso elabora un suo linguaggio pittorico che arricchisce i primi modi vicini alla pittura veneta con gli influssi della più aggiornata cultura italiana di Raffaello e Michelangelo. Si reca regolarmente a Venezia, così come a Firenze, mentre nel 1519 accompagna Tiziano a Mantova a visitare la collezione d'arte di Isabella d'Este.
Nel corso del decennio successivo Dosso continua a lavorare per gli Estensi ma gran parte di questi cicli decorativi sono andati perduti. Rimangono gli affreschi nelle sale della Villa Imperiale a Pesaro, dove con il fratello lavorò fra il 1529 e il 1530. Nel 1531 l'artista viene chiamato a Trento da Bernardo Cles, al servizio del quale rimane per circa un anno affrescando ben 19 ambienti del Magno Palazzo. Probabilmente sulla scia della fama di cui già Dosso godeva prima del suo arrivo a Trento, gli viene affidata la maggior parte dei lavori al Castello del Buonconsiglio.
Fu il fratello maggiore di Battista Dossi, altro pittore attivo alla corte ferrarese.